I tre commissari, due sono di troppo, dovrebbero però chiarire quanto costerà al contribuente tenere in vita un’azienda decotta come Alitalia per non svenderla (sarebbe l’ennesimo tentativo fallito). E’ di ieri la notizia che scatterà la cassa integrazione per 828 addetti di terra, 190 piloti e 340 assistenti di volo. Se è stato iniquo e inefficace l’ammortizzatore sociale, attivo a tutto gas dal 2008, per l’Alitalia, lo è anche adesso. La cassa integrazione con durata record di 7 anni e l’entità dell’assegno mensile (anche 20 mila euro per i naviganti) pagati dall’Inps e dai passeggeri con una tassa in partenza, sono inaccettabili per tutti i lavoratori precari o privi di ammortizzatori. A conferma che nulla è cambiato, verrà cancellata la “solidarietà” fino ad ora in vigore, meno salario per tenere tutti occupati. Quindi ai 600 milioni si aggiungeranno i costi milionari della nuova cassa integrazione (de-lux) al buio. I commissari dovrebbero puntare a rendere pubblico un bilancio costi-ricavi dell’operazione. Far sapere quanto costerà tenerla in vita altri 6 mesi e quanto si ricaverà fra sei mesi alla sua vendita. In un periodo così breve non si rilancia una compagnia decotta, non si rilancia l’intercontinentale, non si modificano i contratti capestro del leasing e del carburante. Si possono solo far pagar allo Stato un’assurda quanto anomala cig straordinaria e ci si può inventare un meccanismo che faccia pagare allo Stato anche le tasse aeroportuali che Alitaia non sta pagando agli scali aeroportuali nazionali.
Dario Balotta, Presidente ONLIT Osservatorio Nazionale Liberalizzazioni Infrastrutture e Trasporti