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Anche a Cremona ricordato Oscar Romero 'santo delle Americhe'

Ho conosciuto il vescovo Romero nel 1977 con un collega statunitense siamo volati in El Salvador, perchè ci avevano segnalato che in quella cattedrale alle omelie del vescovo partecipavano folle incredibili.

| Scritto da Redazione
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Il 24 marzo 1980 l’arcivescovo di San Salvador, Oscar Arnulfo Romero,  veniva assassinato da un sicario su mandato del maggiore D’Aubisson leader del partito Arena, partito della destra salvadoregna allora al governo. 35 anni dopo, il 23 maggio 2015 nella capitale di El Salvador, di fronte a centinaia di migliaia di persone, Oscar Romero è stato dichiarato ufficialmente beato  dalla Chiesa Cattolica. 

In contemporanea a Cremona, al Centro Pastorale Diocesano,  del vescovo Oscar Romero ha parlato il giornalista Maurizio Chierici, per 30 anni inviato speciale del Corriere della Sera e poi de l’Unità in tanti conflitti del mondo, uno dei testimoni chiamati a deporre nel lungo processo di beatificazione, più volte rallentato da alcune posizioni conservatrici presenti in Vaticano.

“ La beatificazione di Romero è stata possibile grazie alla tenacia di mons. Vincenzo  Paglia - ha detto Maurizio Chierici - ma l’accelerazione finale è stata data da papa Francesco, che ben conosceva come il martirio di Oscar Romero l’avesse subito fatto sentire come il “ Santo delle Americhe” , il testimone dei poveri e degli ultimi, umiliati e offesi da regimi violenti che si definivano cattolici. “

“ Ho conosciuto il vescovo Romero nel 1977 quasi per caso - ha raccontato Maurizio Chierici -  insieme ad un collega statunitense siamo volati in El Salvador, perchè ci avevano segnalato che in quella cattedrale alle omelie del vescovo partecipavano folle incredibili. Lo sentii predicare e mi parve che omelie simili , piene di carica evangelica, le si potevano sentire anche in italia da personalità sensibili quali il cardinale Michele Pellegrino di Torino. La novità vera ci fu alla fine della messa. Il vescovo, con voce ferma e quasi metallica, leggeva i nomi delle persone scomparse e trovate uccise nelle discariche della città. Quella del Vescovo era l’unica fonte di informazione. La polizia fingeva di non conoscere i casi, per cui i familiari degli scomparsi si recavano ogni domenica nella cattedrale per avere notizie. Il vescovo Romero, con l’aiuto dell’avvocato Marianela Garcia Villas ( verrà torturata e uccisa 3 anni dopo Romero), aveva costituito un ufficio di difesa dei diritti umani e di ricerca degli scomparsi. Talvolta la notizia non riguardava il ritrovamento di un cadavere, ma quella di una detenzione e allora la famiglia riprendeva a sperare. Quando esistevano prove certe, il vescovo denunciava anche nome, cognome e ruolo nell’esercito di chi aveva compiuto quel delitto.”

In quegli anni in San Salvador i sicari degli squadroni della morte così come esponenti delle forze militari uccisero 70.000 persone, in gran parte contadini che si opponevano o protestavano contro le grandi famiglie agrarie che concentravano nelle loro mani la maggior ricchezza del paese.

“ Quando Romero fu nominato vescovo” ha continuato Chierici” l’oligarchia al potere fu contenta perchè si trattava di un uomo di studi, molto tradizionalista nei comportamenti. Ma ben presto dovette ricredersi. La profonda fede nel Vangelo, l’essere messo di fronte alla responsabilità pastorale e umana di migliaia di poveri privati di ogni diritto e dignità, l’uccisione di padre Rutilio Grande, suo amico e confessore, gli diedero quel coraggio di esporsi che nemmeno i sostenitori della Teologia della Liberazione, suoi critici,  avevano fino a quel momento avuto. “

“ Una delle grandi amarezze di Romero” secondo Chierici, che ha avuto la fortuna e l’onore di incontrarlo una quarantina di volte, fino a diventarne amico” era l’incomprensione del Vaticano e il pregiudizio che sentiva essere alimentato non solo dai 4 vescovi salvadoregni su 6 che difendevano il regime, non solo dal parroco della stessa cattedrale di El Salvador, ma da alcuni Cardinali romani che lo sospettavano di marxismo. Da qui la difficoltà nel rapporto sia con Paolo VI , che con Giovanni Paolo II .”

“ In uno degli ultimi incontri – ha concluso  Chierici – mons. Romero aveva la consapevolezza che sarebbe toccato a lui. La stampa, complice del regime, aveva messo in piedi una vera e propria campagna diffamatoria nei suoi confronti. Quando poi il vescovo Romero lanciò l’appello ai soldati dell’esercito di non obbedire agli ordini dei superiori di sparare sui cittadini inermi, invitandoli piuttosto ad obbedire a Dio e alla loro coscienza, il regime giudicò intollerabile un atto che minava alle fondamenta la propria autorità e ne decise l’eliminazione fisica. Adesso quei giornali, cambiati i tempi, lo celebrano come un eroe, un’ icona del nuovo Salvador.  Siamo di fronte a un martire cristiano, ucciso da altri cristiani. Forse è anche per questo che Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI ne hanno capito la grandezza, solo in un secondo momento. Per ambedue questi papi non è stato immediato superare le distanze culturali e sociali con l’America Latina e il Centro America. Non così per papa Francesco e, ancor prima di lui, per un vescovo come Pedro Casaldaliga che nella sua diocesi in Brasile, pochi giorni dopo il martirio di Romero, ne affisse l’immagine con la scritta “ Santo delle Americhe”.

Nello stesso incontro don Agnelli ha presentato una raccolta di scritti di Oscar Romero e raccontato il suo rapporto con alcuni teologi della Liberazione quali Jon Sobrino, improntati a rispetto fraterno ma non a identità di vedute sul piano dottrinale : “ Al vescovo Romero interessava la carità concreta più che la teorizzazione della carità. A lui interessavano i poveri e gli oppressi in carne ed ossa, difenderne i diritti e la vita. Affermare nella comunità umana principi di giustizia, ispirandosi al Vangelo. A teologi come Sobrino delegava invece l’impostazione di metodologie educative e di linee sociali.

“ Quando ho visitato in San Salvador la tomba di Romero nei primi anni ‘90 – ha raccontato don Agnelli -  era caduto su di lui un silenzio generale. La rimozione di una memoria scomoda per molti: militari, giornalisti conniventi, forze economiche e politiche, parti del mondo cattolico, Stati Uniti compresi per la copertura, i finanziamenti e le armi date a regimi violenti. Oggi, la proclamazione della sua santità riscatta non solo la sua figura, ma ridà una dignità nuova alla storia delle sofferenze di milioni di poveri. “

L’iniziativa organizzata tra gli altri dal gruppo Romero, Pax Christi, Tavola della pace, Cremona nel Mondo è stata presentata da Carla Bellani e Tullio Carnevali.

Foto Presidenza: Maurizio Chierici, don Antonio Agnelli, Carla Bellani, Tullio Carnevali.

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