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CANADA: Viva la primavera Quebecoise, “LA PRIMAVERA DELL’ACERO”.

| Scritto da Redazione
CANADA: Viva la primavera Quebecoise, “LA PRIMAVERA DELL’ACERO”.

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di Carlo Ghioni (Montreal)
A Montreal, all’inizio dell’estate, si respira una strana atmosfera: i bistrot si allargano sui marciapiedi, con un sapore francese di chiacchiere e fascino seduttivo.  Ma le persone non hanno l’attitudine tagliente e vagamente snob di Parigi, piuttosto l’atteggiamento rilassato di un New Yorkese alticcio. Ponte fra molti mondi, lingue e culture – un po’ Europa che ama il vino e il formaggio, un po’ America dalle auto immense e inutilmente performanti perché nessuno è capace di guidarle – il Québec vive da 100 giorni un duro conflitto fra governo e studenti in relazione all’aumento del 75% delle tasse universitarie poste in essere dal governo, nella fase attuale di recessione e rilancio dell’economia. Ho chiesto per questo al regista e amico Sebastien Croteau, “quebecois doc”, di raccontarci gli eventi:
« Non sono e non ho pretesa di presentarmi come un analista politico, tantomeno come giornalista d’assalto. Sono un regista, abito a Montréal, in Québec, in Canada e da persona che ha fatto dell’osservazione il proprio mestiere – e che certamente sostiene la lotta degli studenti quebecchesi contro l’aumento delle tasse universitarie decretato dal governo –  voglio raccontarvi nella maniera più semplice possibile il mio punto di vista.
Da qualche anno ho concluso il mio percorso scolastico, ma ricordo di aver partecipato da studente alla lotta e alla richiesta politica di gratuità per l’istruzione universitaria, erano  gli anni 90: fu un’azione politica con qualche successo e più di una sconfitta.
Per ben comprendere la controversia attuale sulle tasse scolastiche in Quebec è necessario però fare alcune premesse. Innanzi tutto l’istruzione in Canada è competenza delle province, (nell’ordinamento federale del Canada i singoli stati sono chiamati Province, NDT) e questa non é quindi oggetto di amministrazione federale.
La costituzione assegna poi a ogni provincia la libertà e la responsabilità di costituire e amministrare il proprio sistema scolastico interno.
All’inizio degli anni ’60 il Québec usciva da un lungo periodo oscurantista ed era la sola provincia in Canada a maggioranza linguistica francofona; le ingenti risorse naturali venivano vendute per un tozzo di pane agli interessi stranieri, nominalmente statunitensi, ed il potere politico e economico apparteneva ad una minoranza ricca ed anglofona.
Una situazione durata più di 200 anni, precisamente dalla conquista del “Canada” da parte inglese, episodio minore (per gli europei NDT) della guerra dei 7 anni.
Proprio in quegli anni il Québec si risvegliò, dando vita al movimento che verrà successivamente classificato come “Revolucion tranquille”, ovvero “Rivoluzione tranquilla”.
Il partito liberale (allora un partito socialdemocratico di sinistra-centro NDT) vinse le elezioni, e il premier Jean Lesage inaugurò una stagione di riforme sia per quanto riguardava la pubblica amministrazione sia per quel che concerne il rapporto fra cittadini e stato.
Il Potere della Chiesa cattolica, fino a quel momento pervasivo e imperativo, venne drasticamente ridotto, un referendum sanzionò la nazionalizzazione dell’energia idroelettrica, determinando l’accesso all’energia a costi bassissimi (ancora oggi il Québec fornisce energia elettrica ai costi più bassi fra i paese dell’OCSE – NDT) e agendo da volano economico per l’intera provincia. Si affermò dunque il principio che il modello quebecchese dovesse essere un modello di socialdemocrazia per tutto il Nord America.

Una spinta ideale simile determinò l’istituzione del ministero dell’educazione e il governo s’impose fra le sue priorità di facilitare l’accesso all’istruzione universitaria di massa, agendo contro una tradizione aristocratica ed elitaria fortemente radicata nella tradizione cattolica della provincia, e che rifletteva nelle metodiche i valori importati dagli ingombranti vicini statunitensi, per i quali l’università è e rimane una selezione per censo delle future classi dirigenti.
Il Québec espresse un principio di blasfemia nel cortile di casa del potente padrone del mondo. Vi si adottarono una serie di principi tesi alla prospettiva della gratuità dell’istruzione. Si operò, con un pervasivo consenso democratico, una scelta di società basata sull’idea illuminista che la formazione, l’istruzione, il sapere fossero un bene comune, pubblico per definizione, e che nessuno ne dovesse essere privato per censo o mancanza di adeguate risorse economiche.
Furono il Canada e il Québec a ratificare il trattato internazionale sui diritti economici dell’ONU, che all’articolo 13 stabilisce che:  « l’insegnamento superiore deve essere reso accessibile a tutti, in piena uguaglianza, in funzione delle capacità di ciascuno, attraverso tutti i mezzi valutati appropriati, lungo una prospettiva di progressiva totale gratuità».

Le tasse scolastiche restarono inalterate fino al 1990, quasi trent’anni dopo, quando per la prima volta subirono un aumento.  Precisamente triplicate per raggiungere la cifra di 1668 $CAN l’anno.  Tali rimasero per circa un ventennio. Nel 2007 il governo liberale (ancora- ma 40 anni dopo…drasticamente spostatosi verso destra) del premier Jean Charest procedette ad un nuovo aumento di 500 dollari, applicabile su un periodo di 5 anni, facendo lievitare i costi a 2168 dollari annuali (ca 1400 euro). Ma eccoci all’oggi: è nel 2011 che lo stesso governo e il medesimo premier – appeni rieletti, annunciarono il progetto di aumento progressivo delle tasse universitarie da 2168 a 3793 all’anno, un aumento del 75% spalmato, ancora una volta, su un periodo di 5 anni.
Charest presentò la decisione come determinata dalla necessità di abbattere il debito e ridurre la spesa pubblica, una misura d’austerità necessaria al rilancio economico, laddove la grande maggioranza degli studenti vi lessero l’espressione di un agenda neo-liberale, volta allo smantellamento definitivo di ogni residuo di socialdemocrazia. Ciò che ne è seguito stava scritto in cielo: gli studenti sono scesi in strada, hanno organizzato 100 manifestazioni giornaliere, azioni che il governo dapprima ha ignorato, poi ridicolizzato.
I media hanno banalizzano le istanze della protesta, e la popolazione – soprattutto lontano da Montreal – stanca di tasse e balzelli, si è schierata pervicacemente contro gli studenti, intesi e percepiti come ribelli senza causa e progetto.

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