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CITTA’ METROPOLITANA MILANESE: ISTRUZIONI PER L’USO|L.Gaiani

| Scritto da Redazione
CITTA’ METROPOLITANA MILANESE: ISTRUZIONI PER L’USO|L.Gaiani

Alla vigilia della pausa estiva il Parlamento ha convertito in legge il decreto legislativo 95/2012, quello cosiddetto della “spending review”: il testo ha subito molte modifiche, alcune delle quali hanno interessato anche gli articoli 17, 18 e 19 che concernono il riassetto del sistema delle autonomie locali, con particolare riferimento alle Province, ai Comuni e alle Città metropolitane.
Soprattutto questo ultimo ente, di cui da molto tempo si parla ma che fin qui è rimasto prevalentemente sulla carta e nella convegnistica, ha trovato nuovo impulso a partire dall’art. 18 comma 1 del decreto 95, che ne stabilisce la costituzione, almeno nelle Regioni a Statuto ordinario, a far data dal 1 gennaio 2014, così fissando una vera e propria deadline per il processo costitutivo del nuovo Ente nelle nove realtà territoriali interessate.
In un precedente articolo ci siamo occupati delle non poche contraddizioni presenti nel testo del decreto, che la legge di conversione ha solo parzialmente corretto, e tuttavia, considerando la volontà del Governo di arrivare alla razionalizzazione del sistema delle autonomie locali, è altamente improbabile che vi possano essere sistematici correttivi da qui alle elezioni della primavera prossima - ed anche oltre - ed è quindi necessario per le forze politiche e gli amministratori locali iniziare a ragionare nelle condizioni date.
Calando le prescrizioni di legge nella realtà milanese, occorre partire dalle funzioni specifiche della Città metropolitana, che poi sono quelle che interessano maggiormente i cittadini: chi fa che cosa. Infatti, l’esistenza di un Ente pubblico è giustificata appunto dal tipo di risposte funzionali che esso è in grado di dare ai bisogni dei cittadini. Alle Città metropolitane il d.l. 95 attribuisce le funzioni fondamentali delle Province ed in aggiunta quelle di pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali; strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, nonché organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, mobilità e viabilità, promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale (art. 18 comma 7). Le “funzioni fondamentali delle Province” sono quelle stabilite dall’art. 17 comma 10 dello stesso decreto, ossia “a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza; b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale nonché costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; b bis) programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado”. Rimane ferma la possibilità che le Regioni deleghino a Province e Città metropolitane alcune delle loro funzioni specifiche, ad esempio quelle del mercato del lavoro e della formazione professionale, ma ciò evidentemente sarà frutto di una negoziazione successiva.
Qui siamo tuttavia nell’ambito di alcune delle funzioni fondamentali che già adesso in qualche misura la Provincia di Milano svolge, come del resto tutte le altre Province interessate a questo processo, al netto di una necessaria chiarificazione sui concetti di “strutturazione” e di “organizzazione” dei servizi pubblici di interesse generale, che forse sono sinonimi o forse no, e che comunque debbono emergere da una condizione di ambiguità che rende difficile l’azione dell’amministratore soprattutto in rapporto con l’attività dei Comuni e della Regione.
Più interessante è però la previsione del successivo comma 9 il quale, nel delineare il profilo dello Statuto metropolitano, da un lato affida ad esso il compito di disciplinare i rapporti fra i Comuni e le loro forme associative e la Città metropolitana per la delega ad essi di talune funzioni metropolitane, e del relativo trasferimento di personale e risorse, e d’altro canto ammette la possibilità di affidare alla Città metropolitana l’esercizio di funzioni proprie dei Comuni, a partire da quella più delicata, quella in materia di governo del territorio, dove la pianificazione di area vasta potrebbe evolvere da una pura e semplice funzione di coordinamento ad una più pregnante di indirizzo e governo.
Nel territorio metropolitano milanese non esiste nulla di paragonabile all’esperienza di altre province, come i Circondari di Imola o di Empoli, che configurano nel territorio bolognese e fiorentino dei veri e propri organismi di collaborazione intercomunale a livello sub provinciale su territori omogenei che potrebbero diventare il modello di riferimento per una valorizzazione delle autonomie locali nel contesto metropolitano per un rapporto virtuoso dei territori con un governo di area vasta più snello ed insieme più penetrante. La Giunta provinciale guidata da Filippo Penati aveva tentato un percorso di razionalizzazione e responsabilizzazione dei territori attraverso l’istituzione dei circondari ed un progetto, denominato “Città di città”, che mirava a mettere in relazione le eccellenze e le caratteristiche delle realtà territoriali omogenee. Questo percorso è stato interrotto dalla successiva Giunta di destra, ma ciò non impedisce che a livello territoriale continuino ad operare una serie di accordi locali, di patti di collaborazione, di intese operative che dovranno essere attentamente monitorate in una prospettiva autenticamente metropolitana.
Per quanto riguarda invece il governo del nuovo Ente non si può dire che il d.l. 95 sia un modello di chiarezza. In sostanza, si stabilisce che gli organi di governo della Città metropolitana siano due, il Sindaco ed il Consiglio (che a Milano sarà composto da 18 consiglieri), e che il Sindaco metropolitano possa scegliere, all’interno del Consiglio, un Vicesindaco, affidando nel contempo un numero imprecisato di deleghe operative ad altri consiglieri (tutte queste cariche sono assolutamente onorifiche, ossia non retribuite). Ma le modalità per la loro elezione non è chiara, nel senso che il Sindaco metropolitano, secondo il testo di legge, potrebbe coincidere con il Sindaco del capoluogo, ovvero essere eletto insieme al Consiglio da un collegio speciale formato dai Sindaci e dai consiglieri dei Comuni metropolitani (che è il modello che si applicherà alle Province, anche se la relativa legge elettorale non è ancora stata approvata dal Parlamento) ovvero direttamente dai cittadini unitamente al Consiglio. La scelta del sistema elettorale è affidata allo Statuto provvisorio che dovrà essere approvato entro il 31 ottobre 2013 da un organismo denominato Conferenza metropolitana, composto dal Presidente della Provincia e dai Sindaci dei Comuni metropolitani, con una maggioranza di due terzi che comprenda obbligatoriamente il Presidente della Provincia ed il Sindaco del capoluogo. Qualora però si opti per l’elezione diretta - ecco il punto - occorrerà prima che lo Statuto preveda la suddivisione del Comune capoluogo in più Comuni a seguito di un’iniziativa assunta dal Consiglio comunale del capoluogo con una maggioranza di due terzi dei consiglieri assegnati, un successivo parere della Regione ed un referendum popolare a quorum variabile - altra novità - che porti all’approvazione definitiva dello Statuto.
A questo punto, considerando la realtà politica milanese, si pongono alcune domande: esiste allo stato delle cose una maggioranza di due terzi nel Consiglio comunale di Milano per approvare la fine dell’unità amministrativa di quel Comune? Realisticamente parlando no, e non solo per la prevedibile opposizione della destra. Peraltro, non esiste ancora un’ipotesi credibile sui confini e l’assetto dei nuovi Comuni che nascerebbero da quello di Milano, che potrebbero coincidere o meno con le attuali nove Zone del decentramento amministrativo, senza contare che l’intervento della Regione ed il successivo referendum potrebbero far slittare i tempi della nascita della Città metropolitana a dopo l’inizio del 2014 fissato imperativamente dal legislatore.
Per evitare di far coincidere di default il Sindaco metropolitano con quello di Milano la soluzione da adottare a questo punto potrebbe essere quella dell’elezione di secondo grado di Sindaco e Consiglio da parte dei Sindaci e consiglieri del territorio, che avrebbe comunque il vantaggio di evitare da un lato un automatismo assai poco democratico, e dall’altro di rinviare al testo definitivo dello Statuto, che dovrà essere approvato dal Consiglio, il definitivo assetto degli organi della Città metropolitana milanese, al netto di possibili revisioni della disciplina di legge (non ipotizzabili però prima della fine della presente legislatura).
Tuttavia, per arrivare a questo risultato, occorre che i lavori della Conferenza vengano governati, ovvero che vi sia una regia politica: non è un mistero che, specie dopo le tornate elettorali del 2011 e del 2012, la maggioranza dei Comuni del territorio milanese (a partire da Milano stessa) sia ora governata dal centrosinistra ed in particolare dal Partito Democratico. Spetta quindi al PD condurre da un lato un sistematico monitoraggio delle molteplici realtà pattizie a livello locale che configurano i possibili modelli di governo in forma associata delle funzioni comunali e metropolitane su base territoriale, e dall’altro operare un’attiva regia nella Conferenza metropolitana per la redazione di uno Statuto provvisorio che prefiguri un modello credibile di Città metropolitana, in modo da arrivare all’elezione di un Sindaco - che potrebbe essere o meno l’attuale Sindaco di Milano, ma dovrà comunque essere un Sindaco o consigliere comunale in carica- e di un Consiglio che iniziano a gestire il percorso successivo del nuovo Ente secondo criteri amministrativi rispondenti ai bisogni del territorio e di chi lo abita.
 

fonte: Lorenzo Gaiani
Direzione Regionale Partito Democratico della Lombardia

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