Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 09.22

Com'è umano, lei! di Lucio Garofalo.

| Scritto da Redazione
Com'è umano, lei! di Lucio Garofalo.

Com'è umano, lei! di Lucio Garofalo. "Com'è umano, lei!" è una battuta tormentone pronunciata da Giandomenico
Fracchia, la maschera buffa e surreale inventata da Paolo Villaggio, che lo
interpretò per la prima volta nel 1968 nel programma televisivo Quelli della
Domenica. Il timido Fracchia è imparentato con il personaggio tragicomico
più famoso ideato da Villaggio, il rag. Ugo Fantozzi, protagonista di una
fortunata serie cinematografica e letteraria  (in origine Fantozzi era il
protagonista di un racconto umoristico scritto nel 1971 da Villaggio).

Fracchia è l'antesignano involontario di una situazione che, attraverso la
finzione letteraria e cinematografica, anticipa e precorre una vicenda reale
e paradossale insieme, impietosa e drammatica, per la serie "la realtà
supera la fantasia". Fracchia è l'espressione patetica e grottesca
dell'Italia di oggi, una società che diventa sempre più assurda e mostruosa,
crudele e disumana oltre ogni limite accettabile.

Nella fattispecie, la "belva umana" è un sindaco leghista che ha minacciato
di far licenziare le maestre della Scuola dell'Infanzia di Fossalta di
Piave, un piccolo comune in provincia di Venezia. Le insegnanti sono
"colpevoli" di un gesto di elementare solidarietà umana nei confronti di una
bimba africana di quattro anni, i cui genitori, a causa delle ristrettezze
economiche, non potevano permettersi di pagare il servizio della refezione
scolastica. Per risolvere il problema le maestre avevano deciso di
rinunciare a turno al pasto a cui ciascun insegnante ha diritto durante la
pausa mensa, per cederlo all'alunna. Ma l'intervento del sindaco, infuriato
per l'atto di generosità (indubbiamente lodevole) compiuto dalle maestre, ha
indotto la direttrice ad emanare un ordine di servizio nei loro confronti in
base ad una lettera stilata dal primo cittadino in cui, fra le altre cose,
si legge: "Si sottolinea che il personale non può cedere il proprio pasto
senza incorrere in un danno erariale per il comune di Fossalta di Piave".

Così, mentre la Gelmini e i funzionari ministeriali gareggiano per
dispensare consigli e impartire circolari, sorgono casi di ordinaria ferocia
come quello raccontato. Inoltre, s'inaspriscono pregiudizi e rancori
suscitati da velenose campagne ideologiche sugli "insegnanti fannulloni",
per cui nascono accuse che diffamano il corpo docente, già mortificato da
tempo, una categoria professionale chiamata ad assolvere il compito delicato
di formare i cittadini del futuro, per cui meriterebbe molto più rispetto.

D'altronde, le campagne demagogiche sul presunto "parassitismo" degli
insegnanti e dei lavoratori statali in genere non sono affatto una novità.
Esse servono soprattutto a coprire interessi affaristici. Gli emolumenti
salariali assegnati agli insegnanti italiani sono i più bassi in Europa dopo
quelli dei colleghi greci e portoghesi. E il governo si ostina a tagliare le
risorse, arrecando danni irreversibili al già misero bilancio destinato alla
scuola pubblica, dirottando i soldi altrove: alle banche e alle grandi
imprese, oppure si pensi agli investimenti militari e ai massicci contributi
regalati alle scuole private.

A commento della vicenda sopra descritta vale l'assunto racchiuso in Lettera
a una professoressa, il manifesto programmatico della Scuola di Barbiana di
don Milani: "Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra
disuguali". Un principio che invoca una concezione antiborghese della
democrazia. La nostra è una scuola di disuguali inserita in una società
sempre più ingiusta, laddove dure contraddizioni e sperequazioni materiali e
sociali sono destinate ad aggravarsi. Dinanzi a disuguaglianze crescenti ed
allarmanti situazioni di disagio legate alle nuove povertà generate dai
fenomeni migratori, la nostra scuola non è attrezzata adeguatamente per
fronteggiare tali emergenze anzitutto per ragioni di ordine finanziario.
Ogni azione è affidata alla buona volontà, alla generosità, alle capacità,
all'ammirevole zelo spontaneo (altro che fannulloni!) degli insegnanti,
all'iniziativa autonoma delle istituzioni scolastiche e dei lavoratori delle
scuole pubbliche, ormai abbandonate completamente a se stesse.

La stessa "democrazia" non può risolversi in un'offerta, oltretutto
insufficiente, di "pari opportunità", riducendosi ad una proposta di
uniformità distributiva delle risorse, così come avviene nelle società che
hanno applicato un modello di welfare universalistico e indifferenziato.
Occorre piuttosto rilanciare l'attenzione verso un'ipotesi di giustizia
redistributiva del reddito sociale, intesa in termini di equità sociale e
redistribuzione delle ricchezze che sono possibili solo in un altro assetto
statale e sociale, in grado di fornire "a ciascuno secondo i propri bisogni"
e chiedere ad ognuno "secondo le proprie possibilità". Il che significa
ribaltare l'ordinamento sociale vigente, capovolgendo l'idea e la prassi
finora applicata e conosciuta di democrazia, di scuola e di stato sociale.

Lucio Garofalo

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