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Convegno di Telefono Azzurro "La rete che ci piace"

| Scritto da Redazione
Convegno di Telefono Azzurro

Milano, 10 febbraio 2014. La rete rappresenta una grande opportunità per gli adolescenti e i ragazzi, che trovano on line risposte più che esaustive alla loro innata curiosità: il web come strumento di crescita, quindi, ma anche potenziale pericolo per la salute, psichica e fisica, dei più giovani. Negli ultimi dodici mesi a Telefono Azzurro, il principale punto di riferimento per le richieste di aiuto relative ai casi di violenza su bambini e adolescenti, sono arrivate numerose richieste relative a problematiche inerenti l'uso del web. I ragazzi chiamano soprattutto per casi di cyberbullismo (21, 2%), sexting (22, 2%) e difficoltà relazionali vissute on line (8, 3%). Ma chiamano anche gli adulti, soprattutto per segnalare casi di adescamento on line e pedopornografIa (37%). Problematiche, queste, alle quali Telefono Azzurro ha sempre dato risposte concrete e per risolvere le quali, vista l'evoluzione dei mezzi di comunicazione utilizzati oggi anche dai bambini, chiede il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati: genitori, educatori, aziende del settore, istituzioni. Un momento di confronto si è avuto al convegno organizzato da Telefono Azzurro nell'ambito del Safer Internet Day e svoltosi nella Sala Montanelli di Rcs MediaGroup sul tema "La rete che ci piace", durante il quale gli intervenuti hanno avuto la possibilità di ascoltare dalla viva voce di un nutrito gruppo di studenti milanesi, dai 14 ai 17 anni, alcuni significativi esempi di quello che succede loro quando "navigano", in particolare nei social networks, dove si sentono scarsamente protetti. "Non dobbiamo aver paura della rete -avverte comunque il presidente di Telefono Azzurro Ernesto Caffo- ma conoscerla e costruire percorsi nuovi, che coinvolgano tutti noi che abbiamo responsabilità delle nuove generazioni". L'associazione, infatti, sottolinea Caffo, negli ultimi anni si è impegnata proprio in questo senso, trasformandosi da tradizionale punto di ascolto telefonico in un centro multimediale di confronto e aiuto per i giovani. Un concetto che ha fatto proprio anche la presidente della Commissione bicamerale per l'infanzia, Michela Vittoria Brambilla, la quale ha sottolineato la necessità di impegnarsi per favorire una migliore conoscenza della rete, evitando due errori di fondo: la sua demonizzazione e l'indifferenza con cui gli adulti spesso sembrano osservare il mondo virtuale. Ha poi evidenziato la mancanza di una adeguata legislazione per educare ai media, in particolare quelli digitali, cui si cercherà di provvedere quanto prima in Parlamento. Sulla necessità di un adeguamento professionale degli stessi educatori si sono soffermati diversi dei relatori della mattinata, denunciando anche la mancanza di finanziamenti adeguati: spesso i ragazzi sono molto più avanti, in campo informatico, non solo dei loro genitori, ma anche dei loro insegnanti. Di quelle persone che dovrebbero fare loro da guida e tutelarli, ma che spesso sono all'oscuro di quel che avviene in rete e di come sia facile accedere a siti pericolosi. Una realtà che è invece ben conosciuta, oltre che dagli organismi di polizia (esemplari in proposito le testimonianze della rappresentante della Polizia Postale,  Fabiola Treffiletti, del Coordinatore del Pool anti reati di pedofilia e pedopornografia Pietro Forno), dagli attori principali del web: provider, gestori di reti, software-houses ed aziende produttrici di nuove tecnologie. A tutti loro il presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo, ha chiesto di adoperarsi per introdurre tutti gli accorgimenti tecnici per prevenire e bloccare possibili attività illecite on line. "Inoltre sarebbe opportuno - ha detto Caffo - al di là dell'attività di awareness e delle possibili soluzioni offerte dalla tecnologia, introdurre leggi e regolamenti che contribuiscano a definire la responsabilità anche a carico dei gestori di servizi internet". E' in questa direzione, come sottolineato anche da alcune europarlamentari intervenute (Patrizia Toia, Roberta Angelilli e Silvia Costa che ha inviato un messaggio ai convegnisti) che a livello europeo sono state promosse molte iniziative di autoregolamentazione da parte delle aziende di ICT, anche con il supporto dell'Unione europea. In Italia  - come ha ricordato il vice ministro allo Sviluppo Economico Antonio Catricalà - una prima risposta è venuta dall'approvazione, l'8 gennaio scorso, della bozza del "Codice di autoregolamentazione per la prevenzione e il controllo del cyberbullismo", i cui punti fondamentali sono essenzialmente due: previsione di sistemi di segnalazione facilmente visibili dagli utenti che consentano un'indicazione immediata, e la rapidità della risposta da parte degli operatori che, entro due ore dalla comunicazione, devono rimuovere i contenuti lesivi. “Dobbiamo dare un messaggio chiaro e comprensibile – ha continuato il vice ministro – affrontando la questione con persone competenti”. Da qui l’invito a una stretta collaborazione, in particolare con Google e Facebook. “È difficile però imbrigliare o regolamentare internet – fa notare concludendo Catricalà – perché internet è sinonimo di libertà: per questo l’unica cosa possibile è quella di affiancargli la parola autonomia, nel senso di autodeterminazione”. Insomma, è la rete che deve autoregolamentarsi: un invito che potrebbe riguardare anche molti casi di utilizzo improprio della rete e della stessa informazione, come ha evidenziato il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Giovanni Rossi, che ha anche evidenziato la necessità di un aggiornamento ulteriore della Carta di Treviso, stilata a suo tempo proprio per dettare regole a tutela dei soggetti più delicati. Riferendosi agli ultimi casi di cronaca, Rossi ha infatti sottolineato come sempre più il trinomio “sesso-soldi-sangue” venga sfruttato per motivi sensazionalistici (il riferimento è anche all’indagine choc su come gli italiani valutano il rapporto sessuale tra adulti e adolescenti). “Ci si sarebbe dovuti interrogare – ha detto il presidente FNSI – sulle caratteristiche del campione: invece nelle redazioni sono arrivati i dati e come tali sono stati sparati”. A proposito del fatto che molti bambini e adolescenti al di sotto dei 13 anni dichiarano di avere un profilo almeno in un social network (Facebook, Youtube, Twitter ecc.), il presidente di Telefono Azzurro ritiene necessario obbligare tali siti ad una maggior trasparenza offrendo ai genitori, di cui si deve ottenere il consenso prima di raccogliere informazioni e dati relativi agli infra quattordicenni, maggiori informazioni su rischi e benefici cui vanno incontro i loro figli.

 

2014-02-11

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