Con una dichiarazione del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, la Russia si è ritirata dal Consiglio d’Europa. Secondo la Tass, Lavrov avrebbe dichiarato: «I membri dell’Unione Europea e della Nato, che sono ostili nei confronti della Russia, stanno abusando della loro assoluta maggioranza nel comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. La Russia non prenderà parte al tentativo di Nato e Ue nel trasformare la più antica organizzazione europea in un altro luogo dove vengono esaltati i mantra della supremazia e del narcisismo dell’Occidente. Lasciamo che si divertano tra loro senza la compagnia della Russia».
La dichiarazione di Lavrov fa seguito ad alcune decisioni ed una risoluzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, organismo internazionale che è diventato ulteriore terreno di scontro tra Federazione Russa e “l’Occidente” a seguito dell’aggressione militare russa all’Ucraina.
Al pari delle sanzioni economiche, però, occorre interrogarsi quali conseguenze l’uscita della Federazione Russa dal Consiglio d’Europa potrebbe avere.
Cos’è il Consiglio d’Europa?
Il Consiglio d’Europa – da non confondersi con il Consiglio Europeo, che è una delle istituzioni dell’Unione Europea – è un’organizzazione internazionale, con sede a Strasburgo, fondata nel 1949 per promuovere i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto in Europa. Attualmente gli Stati membri sono 47 Stati (la Russia ne fa parte dal 28 febbraio 1996) e altri 6 paesi (tra cui U.S.A., Israele e Giappone) sono osservatori.
Nel contesto di questa organizzazione, ha grande importanza la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, di cui tutti gli Stati membri ne sono parte. La Convenzione sancisce i diritti fondamentali delle persone (ad es: diritto alla vita, libertà, proibizione della tortura, equo processo, tassatività della legge penale, libertà di espressione, di riunione e associazione, ecc…). Tutti gli Stati membri hanno l’obbligo di tutelare e rispettare i diritti previsti dalla Convenzione e, in caso di violazione, ciascun danneggiato ha facoltà di ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per chiedere tutela.
Seppure le sentenze emesse dalla Corte non possano annullare decisioni o leggi nazionali in contrasto con i diritti della Convenzione, comunque, i danneggiati hanno diritto ad ottenere un risarcimento. Anche se la Corte non ha strumenti coercitivi per assicurare l’esecuzione delle sentenze (il compito di vegliare sull’attuazione delle sentenze è affidato al Comitato dei Ministri; è, inoltre, fattuale che, in più occasioni, alcuni Stati, tra cui anche la Russia, abbiano omesso di dare esecuzione alle decisioni della Corte), è innegabile che la Convenzione offra agli individui un sistema di tutele e un giudice terzo ed imparziale a cui rivolgersi per far sentire la propria voce.
I principali organi del Consiglio d’Europa sono il Segretario generale, il Comitato dei Ministri e l’Assemblea parlamentare. Il Segretario generale, eletto dall’Assemblea parlamentare, dirige e rappresenta l’organizzazione. Il Comitato dei Ministri, composto dai Ministri degli esteri degli Stati membri, è l’organo decisionale. L’Assemblea parlamentare, composta da 324 membri dei parlamenti degli Stati membri, ha funzioni consultive ed elettive.
Il funzionamento del Consiglio d’Europa è disciplinato dal suo Statuto. L’articolo 8 indica le misure che possono essere adottate dal Comitato dei Ministri nei confronti di uno Stato membro nell’ipotesi in cui questo contravvenga ai doveri previsti nell’articolo 3. L’articolo 3, a sua volta, prevede che ciascuno Stato membro rispetti la preminenza del Diritto, i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, obbligandosi a collaborare alla promozione degli ideali e principi dell’organizzazione.
La disputa con la Federazione Russa
Il 24 febbraio 2020, a seguito dell’aggressione all’Ucraina, il Comitato dei Ministri ha adottato una decisione con cui condanna l’attacco armato, esprime il suo supporto all’Ucraina e invita la Federazione Russa a cessare immediatamente le operazioni militari.
Il 25 febbraio, il Comitato dei Ministri, ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto, decide di sospendere, con effetto immediato, i diritti di rappresentanza della Federazione Russa all’interno degli organi del Consiglio d’Europa.
Con risoluzione del 2 marzo, il Comitato dei Ministri precisa che la sospensione non pregiudica i diritti ed obblighi stabiliti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, assicurando così che i diritti da essa garantiti (inclusa la facoltà di rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) continuino ad essere tutelati.
Il 10 marzo, il Comitato dei Ministri decide di consultare l’Assemblea parlamentare per discutere (la sessione si terrà il 14 e 15 marzo) l’eventuale adozione di nuove misure nei confronti della Russia. Le ulteriori misure che il Comitato dei Ministri potrebbe adottare sono l’invito a recedere dal Consiglio d’Europa e, nel caso in cui l’invito non venga seguito, procedere alla sua espulsione.
Quali sarebbero le conseguenze dell’uscita della Federazione Russa dal Consiglio d’Europa?
Le azioni del Comitato dei Ministri – oggi presieduto dall’Italia – possono ritenersi parte di una più ampia strategia, da parte di U.S.A. e paesi dell’Unione Europea, di isolamento internazionale della Federazione Russa ed uno strumento di pressione sul governo russo affinché cessi l’offensiva militare in Ucraina.
Questo corso d’azione, tuttavia, sembrerebbe ora portare ad una uscita della Federazione Russa dal Consiglio d’Europa, vuoi per iniziativa più o meno volontaria (l’annuncio del ministro Lavrov può essere letto come un voler anticipare l’eventuale decisione dell’Assemblea parlamentare e del Comitato dei Ministri di invitare la Russia a presentare la domanda di recesso) o per espulsione.
Questo esito, tuttavia, rischia di danneggiare tanto gli ucraini, quanto i cittadini russi, in particolare quella società civile contraria alla guerra.
Alcune recenti decisioni della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, di seguito riportate, evidenziano, infatti, come la permanenza della Federazione Russa all’interno del Consiglio d’Europa possa avere una sua utilità come strumento, tanto di pressione sul governo russo, quanto di tutela dei diritti di migliaia di persone.
Il 28 febbraio 2022, il governo ucraino ha richiesto (domanda n. 11055/22) alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo di adottare misure provvisorie d’urgenza nei confronti della Federazione Russa per prevenire gravi violazioni dei diritti umani (diritto alla vita, proibizione della tortura, diritto al rispetto della vita privata e familiare) nei confronti della popolazione civile. Il primo di marzo, la Corte ha accolto la richiesta e invitato il governo russo ad astenersi da attacchi militari nei confronti di civili ed obiettivi civili. Il 4 marzo, la Corte, a seguito di analoghe richieste presentate da singoli individui, ha precisato che la decisione del primo marzo ha portata generale, quindi, beneficia tutti i civili minacciati dalla Russia.
Il 3 marzo 2022, il giornalista Dmitry Muratov, premio Nobel per la pace ed editore del quotidiano Novaya Gazeta, ha richiesto (domanda n. 11884/22) alla Corte di adottare delle misure d’urgenza nei confronti della Federazione Russa accusata impedire la diffusione di notizie e opinioni in merito alla crisi ucraina diverse da quelle delle autorità statali. Il 10 marzo scorso, la Corte ha accolto il ricorso ed invitato il governo russo ad astenersi da azioni volte ad interferire e impedire l’attività di Novaya Gazeta.
Nel momento in cui la Federazione Russa uscisse dal Consiglio d’Europa, tutti i diritti e tutele (inclusa quella risarcitoria) garantiti dalla Convenzione e protetti dalla Corte scomparirebbero, con danno, non solo per i ricorrenti dei procedimenti sopra indicati, ma anche per molte altre migliaia di persone. Questo, inoltre, finirebbe per offrire alla leadership russa maggiore libertà nel perseguire politiche repressive ed autoritarie.
(Massimiliano Pedoja, via Geopolitica.info cc by)