Lunedì, 29 aprile 2024 - ore 02.16

(CR) Pianeta Migranti. E’ capitato a Lodi nell’indifferenza generale

La Prefettura ha ordinato uno sgombero, obbligando le decine di ragazzi a spostarsi, per andare a dormire chissà dove. Tutto questo nell’indifferenza generale.

| Scritto da Redazione
(CR) Pianeta Migranti. E’ capitato a Lodi nell’indifferenza generale

(CR) Pianeta Migranti. E’ capitato a Lodi nell’indifferenza generale

Una vicenda accaduta il 22 dicembre 2023. Siamo a Lodi, ma potrebbe essere benissimo qualsiasi altra città della provincia italiana.

«Qualche giorno prima di Natale – ci scrive Ermanno Merlo – la Prefettura ha ordinato uno sgombero, obbligando le decine di ragazzi a spostarsi, per andare a dormire chissà dove. Tutto questo nell’indifferenza generale. Ho pensato fosse giusto scrivere una sorta di racconto, partendo anche dalla mia esperienza personale, di attività nei servizi della Fondazione Caritas Lodigiana. Li ho conosciuti, visti, ascoltati. Ho passato con loro sotto a quel ponte momenti di profonda condivisione».

E’ quasi mezzogiorno e il passaggio ciclopedonale del ponte della tangenziale, sospeso sull’Adda, che fino a qualche ora prima era un grande dormitorio a cielo aperto, ora non esiste più.

Sono terminate proprio nel primo pomeriggio le operazioni dei carabinieri che, con l’intero comando, sotto richiesta della Prefettura, hanno sgomberato la ‘città’ dei senza tetto. Materassi, biciclette, vestiti, pentole, bicchieri, sedie rotte sono tutti accatastati vicino ai pilastri di cemento.

Sono i resti delle vite dei soli, degli ultimi, degli abbandonati, di una parte di mondo a cui nessuno fa caso, ma vive, cammina, si trascina nei giorni tutti uguali.

Sono i frammenti perduti di chi ha sperato di costruire una vita migliore, ha affrontato il deserto, la Libia, il mare e poi si è trovato da solo, in un mondo diverso, con una possibilità mancata, a dormire sotto a un ponte, sospeso tra il cielo e la terra, a due passi dalle vetrine dei negozi del centro città.

Basterebbe avvicinarsi, scambiare due parole con i tanti Mamadou, Daouda, Lamine, Moussa, guardarli negli occhi, ascoltarli, per rendersi conto della loro umanità che vibra, per farsi aprire la porta dei ricordi.

Ci si muove a malapena tra la montagna di oggetti che circondano i piedi del ponte. La luce del sole scalda, nonostante l’inverno alle porte, i campi verdi, che si allungano all’orizzonte, nelle prospettive del cielo.

Tra qualche giorno sarà Natale, le tavole si riempiranno, le borse dei regali stracolme di ogni lussuria faranno capolino nelle case calde, tra un brindisi e l’altro. Sarà Natale anche per chi una casa non ce l’ha più.

Nell’indifferenza assordante di un’intera comunità che fa finta di non accorgersi, di non pensare a chi invece c’è e non sparirà, nonostante lo sgombero.

«Cosa dobbiamo fare? Andare tutti a dormire davanti alla stazione come avviene a Milano Centrale? E’ questo che vogliono?» si chiede Salif, appoggiato al muro di pietra, da cui prendono vita i bracci del ponte.

Il ragazzo gambiano ha gli occhi profondi, raccolti in un velo di tristezza. Sul volto i segni della Libia, tracce indelebili che non hanno bisogno di risposte. Contempla il fiume che scorre senza fine e gli oggetti accatastati ai suoi piedi, si passa una mano sul viso, come se non ci credesse ancora.

«Hanno portato via anche i miei documenti, li conservavo in una busta», racconta disperato. «Sono qui da sei anni eppure non ho mai dato fastidio a nessuno, Vogliamo solo stare tranquilli, cosa dobbiamo fare adesso? Dove andiamo? Siamo poveri, soli, senza niente, in un paese in cui è difficile sentirsi a proprio agio e in più siamo costretti ad andare via da un luogo in cui almeno stiamo al sicuro. Ti dico la verità, io sicuramente non mi sposterò da qui».

Forse per questa notte potrà ancora andargli bene, ma non è difficile notare proprio all’ingresso del passaggio, delle grate di ferro, pronte per essere fissate, in modo che nessuno possa più farvi ritorno.

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