Lunedì, 29 aprile 2024 - ore 00.17

(CR) Pianeta Migranti. Inventata una prigione galleggiante

Il Regno Unito accoglie i migranti su una gigantesca chiatta all’interno del porto dell’isola Portland nel canale della Manica in attesa di deportarli in Rwanda.

| Scritto da Redazione
(CR) Pianeta Migranti. Inventata una prigione galleggiante

(CR) Pianeta Migranti. Inventata una prigione galleggiante

Il Regno Unito accoglie i migranti su una gigantesca chiatta all’interno del porto dell’isola Portland nel canale della Manica in attesa di deportarli in Rwanda.

 Secondo le dichiarazioni ufficiali la decisione è stata presa per “(…) ridurre l’insostenibile pressione sul sistema d’asilo britannico e ridurre l’onere economico che pesa sui contribuenti, causato dall’aumento significativo degli attraversamenti del Canale della Manica”.

Questa piattaforma galleggiante, che non attracca alla terraferma, può ospitare fino a 500 richiedenti asilo. Il che significa stipare le persone in pochissimo spazio: ogni persona avrà a disposizione appena 15 metri quadri, la misura di un posto auto. Per di più, essendo Portland un porto chiuso e recintato, i migranti non possono entrare ed uscire liberamente e le autorità di controllo possono negare il permesso di lasciare il porto. Trattandosi poi di un porto privato, non ci sono controlli esterni.

Richard Drax, esponente del partito Conservatore britannico, ha definito questo sistema una “prigione”, dove le persone saranno lasciate “sedute a girarsi i pollici”.

Di fronte a una modalità di accoglienza così restrittiva e non curante dei diritti dei richiedenti asilo, è nata la campagna “No floating prisons” (No alle prigioni galleggianti).

Le motivazioni della campagna sono chiare: “La quasi totalità delle persone migranti presenti nel Regno Unito, hanno dovuto affrontare un attraversamento in mare: dalla Libia all’Italia, dalla Turchia alla Grecia o nel canale della Manica, perciò l’idea di trattenerli ancora in mare equivale letteralmente a relegarli nel luogo del trauma. Inoltre, solo il 25% degli uomini e il 18% delle donne provenienti dall’Africa Orientale (che arrivano nel Regno Unito sa nuotare. Dunque, se per qualsiasi motivo qualcuno dovesse cadere in acqua dalla chiatta o dal molo, rischierebbe la morte.

Infine, molti hanno vissuto momenti di prigionia nei loro paesi d’origine o nei paesi di transito, e sulla chiatta, ricadrebbero nella medesima situazione, con l’aggravante di trovarsi in attesa della deportazione in Rwanda, visto l’accordo stipulato da questo paese con Regno Unito; accordo che la premier Meloni ha elogiato in occasione della sua visita al premier inglese.

La campagna “No floating prisons” ritiene invece, la deportazione in Rwanda una scelta che, purtroppo, va in continuità con lo stile coloniale inglese sprezzante dei diritti umani.

 

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