Domenica, 28 aprile 2024 - ore 23.32

(CR) Pianeta Migranti. Profitto nei Cpr sulla pelle dei migranti

I Centri per il rimpatrio, che il decreto Cutro vuole potenziare, non raggiungono il loro fine ma producono solo profitti alle multinazionali

| Scritto da Redazione
(CR) Pianeta Migranti. Profitto nei Cpr sulla pelle dei migranti

(CR) Pianeta Migranti. Profitto nei Cpr sulla pelle dei migranti 

Secondo un report presentato alla Camera dei deputati i Centri per il rimpatrio, che il decreto Cutro vuole potenziare, non raggiungono il loro fine ma producono solo profitti alle multinazionali che ne gestiscono gli appalti.

 Il report “L’Affare Cpr. Il profitto sulla pelle delle persone migranti”è curato da Coalizione italiana libertà civili (CILD). E’ una complessa indagine che fa luce sulla privatizzazione nella gestione delle strutture di detenzione amministrativa per migranti.

Risulta che nel triennio 2021-2023, le prefetture abbiano bandito appalti per 56 milioni di euro per i Cpr: 12 milioni in più rispetto al triennio precedente. Queste cifre hanno attirato i grandi colossi (sempre gli stessi) abituati a fare affari in campi diversi: dalle energie rinnovabili alle carceri.  Nella gestione dei Cpr le multinazionali hanno scoperto una filiera molto remunerativa nonostante siano strutture inefficienti al fine di rimpatriare i migranti; dal 2013, la media dei rimpatri effettuati ogni anno non arriva al 50 per cento delle presenze. Questo dato smentisce Matteo Salvini che ritiene, invece, i Cpr assolutamente necessari e che li vuole implementare in ogni regione. 

A febbraio 2023, nei 10 CPR italiani (Milano, Torino, Gradisca d’Isonzo, Roma, Palazzo San Gervasio, Macomer, Brindisi-Restinco, Bari-Palese, Trapani-Milo, Caltanissetta-Pian del Lago), risultavano essere gestori, con una perenne corsa al ribasso, le multinazionali GEPSA e ORS, la società ENGEL s.r.l. e le cooperative Edeco-Ekene e Badia Grande. Alcune di queste erano già al centro di vicende giudiziarie.

Queste realtà gestiscono i Cpr cercando di minimizzare i costi e aumentare i profitti: per esempio, destinano per il vitto giornaliero dei migranti solo 5 euro al giorno per colazione, pranzo e cena inclusi.

Il rapporto “L’Affare Cpr” denuncia anche la pratica di sistematiche violazioni dei diritti delle persone per condizioni di detenzione inumane e degradanti e una strutturale negazione dei diritti fondamentali dei detenuti: il diritto alla salute, alla difesa, alla libertà di corrispondenza. Dall’esame degli schemi di capitolato d’appalto predisposti dal Ministero dell’Interno negli ultimi anni (2018 e 2021-22) risulta evidente come lo Stato italiano abbia puntato ad una drastica riduzione di tutti i servizi alla persona all’interno dei Cpr (tagli fino al 70% ai servizi sanitari del 56% del servizio di mediazione linguistica, quasi azzeramento del servizio di informazione normativa), con una evidente ripercussione sui diritti delle persone trattenute.

I Cpr risultano pertanto essere luoghi brutali che consentono solo ai privati di speculare sulla pelle dei reclusi, per cui la scelta del decreto Cutro di aumentarli, è ritenuta una scelta ideologica, non basata sulla realtà.

L’esperienza degli ultimi 25 anni, a prescindere dalla gestione pubblica o privata dei Cpr, dice che bisogna guardare a forme alternative e non coercitive per affrontare la questione dei migranti irregolari, e che bisogna accompagnare le persone in percorsi di regolarizzazione e di emersione, cancellando l’obbrobrio della detenzione senza reato.

La storia della gestione dei centri per il rimpatrio dei migranti viene però da lontano. E’ iniziata con la legge Turco-Napolitano” del 1998, che ha istituito i CPTA, (Centri di permanenza temporanea e di assistenza) gestiti inizialmente dalla Croce Rossa Italiana. Poi, allo scopo di ridurre i costi la gestione è passata ai bandi delle cooperative.

Il governo Berlusconi nel 2008, col Pacchetto sicurezza del ministro Maroni trasformò i CPTA in CIE, Centri di identificazione ed espulsione, aumentando il tempo di trattenimento dei migranti in fino a 18 mesi. Oggi, la gestione è in mano quasi del tutto alle multinazionali che si occupano di detenzione.

Per consultare il rapporto:

https://wp-buchineri.cild.eu/wp-content/uploads/2023/06/ReportCPR_2023_2rev.pdf

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