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Cremona, martedì e mercoledì Neri Marcorè in “Quello che non ho” al Ponchielli

Prosegue la stagione di prosa 2016/2017

| Scritto da Redazione
Cremona, martedì e mercoledì Neri Marcorè in “Quello che non ho” al Ponchielli

Neri Marcorè, protagonista di Quello che non ho, reinventa il teatro-canzone che, ispirandosi a due giganti del nostro recente passato, Fabrizio De André e Pier Paolo Pasolini, cerca di costruire una visione personale dell’oggi. Lo spettacolo, in scena al Teatro Ponchielli il 7 e 8 febbraio (ore 20:30), si interroga sulla nostra epoca: in costante equilibrio tra ansia del presente e speranza nel futuro. Ispirato al film del 1963 La rabbia, nel quale Pasolini costruisce una personale visione del mondo del suo tempo nel quale convivono grandi utopie e boom economico, ma che presenta anche una distruzione dell’etica e del paesaggio e l’inizio del consumismo più sregolato. A fare di contorno al tutto le canzoni di De André: poesie in musica che spaziano dalle ribellioni e dalle ballate alla provocazione politica e alla visionarietà dolente delle “anime salve”. I biglietti sono in vendita alla biglietteria del teatro, aperta tutti i giorni feriali dalle 10:30 alle 13:30 e dalle 16:30 alle 19:30 (tel. 0372 022001/02). Questi i prezzi dei biglietti: platea e palchi € 22, galleria € 15, loggione € 10.

Curiosità relative allo spettacolo potranno essere scoperte grazie all’incontro, che si terrà presso il foyer del Teatro Ponchielli (Corso Vittorio Emanuele, 52) mercoledì 8 febbraio alle ore 18:00 con Nicola Arrigoni (critico teatrale del quotidiano La Provincia di Cremona) dialogherà con Marcorè (ingresso libero).

Quello che non ho è un affresco teatrale che, utilizzando la forma del teatro-canzone, cerca di interrogarsi sulla nostra epoca, in precario equilibrio tra ansia del presente e speranza nel futuro. Storie emblematiche, quasi parabole del presente, che raccontano, anche in forma satirica, nuove utopie, inciampi grotteschi e civile indignazione. A questo tessuto narrativo incrociamo le canzoni di De André e le visioni lucide e beffarde di Pasolini, visionarie profezie che narrano di una “nuova orrenda preistoria”, che sta minando politicamente ed eticamente la società contemporanea. Storie di sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente, di esclusione, di ribellione, di guerra, di illegalità, rilette con un filtro grottesco, ghignante e aristofanesco, storie di un’Italia, di un mondo, pieno di pregiudizi, votato a un consumismo feroce e distruttivo, dove lo sviluppo non porta progresso, come diceva Pasolini, e un potere strisciante ha addormentato la coscienza critica di tutti. Un affresco quasi surreale, a tratti ironico, della nostra società che con le sue pericolose contraddizioni ha distrutto l’etica e il paesaggio.

«Due voci fuori dal coro», afferma Neri Marcorè, impegnato sul palco in veste di attore e cantante, «che negli anni Settanta, senza pregiudizio, ebbero il coraggio di far sentire la loro voce. Non si tratta di un operazione nostalgica o celebrativa: quello che sbalordisce è la sorprendente attualità dei temi della loro denuncia che a distanza di 50 anni restano sempre drammaticamente gli stessi e diventano spunto, in questo spettacolo, per una riflessione sulla nostra condizione attuale di uomini nonché di slancio positivo verso un cambiamento di rotta urgente e necessario». Un mosaico di musica e parole che non può non lasciare nel pubblico, sospesi, una serie di brucianti interrogativi sul presente instabile e sul futuro incerto di questa nostra epoca.

«Sono scomparse le lucciole», diceva Pasolini in un suo articolo sul Corriere della Sera del febbraio 1975, denunciando la dissoluzione morale, politica e sociale iniziata negli anni Sessanta e mai fermata. «Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante», scriveva Pasolini. «Sono ora un ricordo, abbastanza straziante del passato». Ma Marcorè “smentisce il profeta” affermando che le lucciole sono tornate e che, spegnendo qualche faro di auto e qualche lampione, possiamo ancora vederle, di notte, nella campagna, brillare ai margini dell’oscurità.

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