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Expo 2015, quando lavorare non paga, ma costa!

Oggi è stato consegnato il primo padiglione per l’Expo, firmato dall’archistar Daniel Libeskind.

| Scritto da Redazione
Expo 2015, quando lavorare non paga, ma costa!

30 milioni di visitatori previsti. 3 organizzazioni internazionali. 148 paesi espositori. 3,7 miliardi di euro la produzione attivata per il sistema economico. 25 miliardi di euro di indotto. 36mila i volontari coinvolti per l'accoglienza.  Questi sono i numeri dell’Expo 2015 a Milano. L’evento sarà un volano per l’economia, e sembrerebbe una svolta per l’alto tasso di disoccupazione giovanile che ormai attanaglia la nostra penisola.

E se da un lato è vero che si avranno influssi positivi sulla nostra economia, stona alquanto che al cospetto di questo giro di miliardi di euro, i volontari (la maggioranza di loro) debbano lavorare gratis o quasi. “Potranno partecipare giovani con età compresa tra i 18 e i 35 anni, disoccupati o inoccupati. Il progetto ha durata complessiva di 6 mesi con un impegno di 35 ore settimanali distribuite su 5 giorni in due possibili turni.” A tutti i volontari verranno forniti: volunteer kit (divisa + cappellino), pasto giornaliero e copertura assicurativa. Questo è uno stralcio del bando per il reclutamento dei giovani per il lavoro all’Expo.                          

Con un accordo datato Luglio 2013 infatti, l’ente Expo e tutte le imprese che gli ruotano attorno hanno deciso insieme a CGIL, CISL e UIL che la maggior parte di questi ragazzi farà funzionare la fiera in modo gratuito. Ottocento di questi invece, considerati privilegiati, lavoreranno con contratto a termine, di apprendistato, di stagista arrivando a percepire stipendi che oscillano tra i 400 e i 500 euro mensili. Gli altri verranno considerati “volontari”, avranno un orario giornaliero obbligatorio e turni bisettimanali, ma non avranno diritto a nessuna retribuzione. A loro infatti spetteranno solo dei buoni pasto quotidiani. Nelle previsioni iniziali questi dovevano essere 20.000, ma ora sembra che l’offerta sia scesa a quasi la metà, circa 10.000, per un semplice motivo: oltre a non percepire nessun salario, “lavorare” all’Expo (le virgolette sono d’obbligo) costa anche. Consideriamo per esempio un giovane non milanese che viene scelto e dovrà barcamenarsi tra i costi di un alloggio, i costi quotidiani dei mezzi di trasporto, e tutto ciò che concerne una vita da fuorisede. Lavorare gratis, solo per fare curriculum, è un onere che non tutti possono permettersi, bensì solo chi ha già un reddito, e piuttosto alto, a disposizione.

Contro questa situazione è montata una protesta sui social network con una campagna chiamata “Io non lavoro gratis a Expo” e che ha visto moltissime adesioni in pochi mesi. Anche figure illustri hanno espresso il loro dissenso. “Il fatto che migliaia di ragazzi vengano fatti lavorare gratuitamente (ricevendo in cambio il privilegio di aver fatto un’esperienza) a fronte del muro di miliardi che l’operazione genera è una cosa indegna per un Paese che parla di impulso alla crescita.” Con queste parole, il rapper torinese Frankie Hi-Nrg si è unito alla protesta rinunciando al suo ruolo di ambasciatore all’Expo. E a quanto pare anche il commissario di Expo, Giuseppe Sala ha deciso di aderire alla campagna della pagina Facebook #iononlavorogratisperexpo.

Visto i numeri e le cifre che genera un evento simile, visto purtroppo il giro di tangenti e corruzione che ruota attorno alla manifestazione milanese, ci viene da chiederci se è giusto chiedere a migliaia di giovani di prestare il proprio tempo gratuitamente, o se in questo caso il confine tra volontariato e sfruttamento non è davvero labile.

piazzatienanmen

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