Giovedì, 18 aprile 2024 - ore 10.02

Federico Valerio di Zero Waste Italy scrive all’Assessore ligure all’Ambiente

Giacomo Giampedrone è Assessore all’Ambiente della Regione Liguria

| Scritto da Redazione
Federico Valerio di Zero Waste Italy scrive all’Assessore ligure all’Ambiente

Egregio Assessore,

da quanto ha riportato La Repubblica del 26 ottobre, lei sollecita i comuni Liguri a realizzare otto biodigestori per chiudere, una volta per tutte, il ciclo dei materiali post consumo prodotti dai liguri e da coloro che questa regione ospita come turisti e villeggianti. Ovviamente siamo lieti che anche la nuova amministrazione regionale confermi la bocciatura agli impianti di termovalorizzazione, ma per il trattamento della frazione di scarti più problematica, le circa 500.000 tonnellate annue di residui biodegradabili prodotti dai Liguri, sarebbe opportuno fare un ragionamento più articolato: perchè solo biodigestori?

Sappiamo la risposta: i biodigestori permettono di trasformare gli scarti organici in biogas, ricco in metano, la cui combustione permette a sua volta di produrre elettricità che, grazie agli incentivi dei “certificati verdi” che gli italiani, a loro insaputa, pagano sotto forma di tasse con la bolletta della luce, garantisce sicuri e lauti guadagni, per lo meno fino a quando questa tassa continuerà a essere pagata.

Tuttavia la contropartita di questa scelta sarà quella di creare otto nuove fonti inquinanti: le emissioni dei motori endotermici alimentati a biogas (in particolare ossidi di azoto, formaldeide e polveri sottili), che andranno a impattare nelle località che ospiteranno questi impianti (località probabilmente con una qualità dell’aria già compromessa) e un notevole spreco energetico, in quanto più del 70% del contenuto energetico del biogas trasformato in elettricità sarà disperso in atmosfera, sotto forma di calore non utilizzato.

Dalle scarse informazioni disponibili si può anche ipotizzare che, a causa della scarsa attenzione al loro potenziale agronomico, le grandi quantità di residuo solido di questi impianti (il digestato) invece di arricchire i nostri uliveti e le nostre serre, sotto forma di compost, andrà sprecato in una discarica o bruciato in qualche cementificio.

Eppure le caratteristiche orografiche della nostra Regione e in particolare la presenza di tanti comuni sparsi nell’entroterra avrebbero dovuto suggerire alla Regione sull’opportunità di privilegiare un’altra tecnica biologica, che ha il difetto di non essere sovvenzionata, ma ha il vantaggio di essere più semplice da realizzare e gestire e di non avere particolari problemi di economia di scala. Parliamo del compostaggio che, in circa tre mesi, trasforma gli scarti organici in terriccio profumato di bosco e questo sia su un balconcino dei nostri centri storici, insieme ai vasi di geranei, sia in impianti industriali, compatibili con aree urbane e che si possono realizzare in 15 mesi.

Mi permetto di ricordare che la promozione del compostaggio domestico, con il progetto Compostiamoci Bene, è stato il fiore all’occhiello dell’Assessore Franco Orsi e della sua giunta regionale di destra, grazie al quale, a partire dal 2003, in Liguria si sono attivati migliaia di impianti di compostaggio domestico che, da subito, hanno tolto dal circuito dei rifiuti gran parte degli scarti organici di tutte le famiglie liguri che hanno adottato questa pratica e che amano il giardinaggio. E le potenzialità del compostaggio domestico, quale metodo per la gestione degli scarti biodegradabili, sono tutt’altro che trascurabili: le statistiche nazionali stimano pari al 20% del totale le famiglie italiane dedite al giardinaggio e quindi naturalmente predisposte anche al compostaggio. Pertanto le potenzialità del compostaggio domestico, nella sola Genova, riguarderebbero circa 82.000 famiglie, 120.000 abitanti: le sembrano pochi? E alla luce di questi fatti, quali piani la Giunta Toti ha in programma per rilanciare il compostaggio domestico?

Ci sono poi molte opportunità di realizzare nella nostra Regione anche impianti di compostaggio a servizio di numerosi Comuni, specialmente quelli dell’entroterra, che potrebbero dotarsi di piccoli impianti di compostaggio, presenti sul mercato, da mettere a servizio di aziende agricole, campeggi, strutture alberghiere, condomini con giardini, parchi. Avete in programma un regolamento regionale che dia certezze per le loro autorizzazione? Se volesse, la Regione Liguria potrebbe anche incentivare il compostaggio industriale e l’uso agricolo del compost prodotto, inserendo nel Piano Regionale di sviluppo rurale incentivi economici a chi utilizza compost per la sua produzione agricola o floro vivaistica: è una scelta politica già fatta da diverse altre regioni, pensa che gli agricoltori liguri non gradiranno?

Veniamo infine ai biodigestori. Sappiamo che questa tecnica può essere preferita al compostaggio quando ci sono difficoltà a trovare aree di superfice idonea e quando il territorio non offre adeguata disponibilità di potature e legname da utilizzare, sotto forma di cippato, come strutturante per il compostaggio. Queste sono le condizioni del Comune di Genova che, conseguentemente, ha scelto la digestione anaerobica per il trattamento dei suoi scarti organici, ma in una modalità decisamente innovativa che ci auspichiamo sia seguita dalle altre province Liguri.

Il biodigestore genovese sarà affiancato da una biocella dove il digestato prodotto dal biodigestore (legalmente un rifiuto), sarà trasformato in compost che, anche dal punto di vista legale, potrà essere utilizzato a scopo agricolo, in quanto di elevata qualità, grazie alla raccolta differenziata Porta a Porta che AMIU si appresta a realizzare su tutta la città.

Penso che le possa interessare il fatto che AMIU stia studiando la possibilità che il cippato di legno che serve a produrre compost, possa derivare dalla regolare pulizia di torrenti, versanti collinari e dai nostri parchi urbani; un classico “tre piccioni con una fava”: soluzione a basso impatto alla produzione di scarti biodegradabili, prevenzione ai danni alluvionali, efficace lotta ai gas clima-alteranti grazie all’uso agricolo del compost che funziona da “spugna” per l’anidride carbonica in atmosfera.

Un’altra rilevante caratteristica del digestore genovese è che non brucerà in loco il biogas, ma lo raffinerà a metano (biometano) puro per il 97% e quindi del tutto assimilabile al metano fossile che ci arriva dalla Libia e dalla Ucraina. Nel piano previsto a Genova, il metano così prodotto sarà utilizzato per autotrazione, a cominciare dai mezzi AMIU (compresi gli autocompattatori) per poi estendersi anche al parco automezzi AMT, e la sostituzione del gasolio con il biometano comporterà certamente un miglioramento della qualità dell’aria, miglioramento che, come le è noto, è auspicabile per la salute di tutti i liguri.

Cosa pensa a riguardo la Regione Liguria? Non sarebbe il caso di orientare in questo modo anche le altre province, comprese quelle che hanno progetti di biodigestori già avviati ma che potrebbero benissimo introdurre queste importanti innovazioni, in corso d’opera?

Un cordiale saluto.

Federico Valerio, Zero Waste Italy

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