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GIANNI CUPERLO SEGRETARIO: PERCHÉ| GAD LERNER

| Scritto da Redazione
GIANNI CUPERLO SEGRETARIO: PERCHÉ| GAD LERNER

Arcipelago Milano mi chiede perché sosterrò Gianni Cuperlo per la guida del Partito Democratico alle primarie dell’8 dicembre 2013. Ovviamente perché lo ritengo il più adatto, fra i candidati, a ricoprire la funzione di segretario del partito che ho contribuito a fondare nel 2007 e che, nonostante tutto, resta il contenitore naturale delle diverse culture riformiste in Italia. Riporto in sintesi le mie due motivazioni pro – Cuperlo, cui farò seguire una considerazione più specificamente milanese e una lettera che ho scritto insieme a un paio di amici “prodiani” che la pensano come me.

07lerner42FB1) Innanzitutto sostengo Cuperlo perché mi sembra una bella persona. Ne apprezzo la cultura, il carattere schivo, l’assenza di smanie di protagonismo e/o faciloneria, la generosità con cui finora ha lavorato dietro le quinte e avrebbe volentieri continuato a farlo nonostante l’indubbia esperienza accumulata. Mi era già successo con Giuliano Pisapia: voglio votare qualcuno che mi convinca innanzitutto sul piano personale. È un po’ rétro? Viene male in televisione? Pazienza, non sono le cose più importanti. Prodi docet.

2) Ritengo inoltre che Cuperlo abbia la fisionomia e la sensibilità giuste per guidare un partito di sinistra che assegni priorità alla lotta contro l’acuirsi delle ingiustizie sociali. Questa è la mia priorità oggi: un partito-comunità che mantenga i legami residui con le organizzazioni del mondo del lavoro e ne instauri di nuovi. Diciamo che voto Cuperlo perché la gravità della crisi a mio parere impone più, e non meno, sinistra. Con l’accento sui valori dell’uguaglianza e della fratellanza, in una società che tende a riproporre i meccanismi dell’apartheid fra la minoranza dei ricchi e la maggioranza degli impoveriti.

“Ma come, proprio tu che hai denunciato il sistema di potere di Penati a Milano e di D’Alema a livello nazionale, ora ti affidi a un dalemiano?”. La mia risposta è che Cuperlo non può più permettersi di essere dalemiano neanche se lo volesse (ho anche la netta impressione che non voglia più esserlo, solo troverebbe inelegante sottolineare in pubblico una presa di distanze già consumata). Quella concezione verticistica della politica che s’illude di trattare alla pari col mondo degli affari ha subìto una sconfitta irrecuperabile. Non tornerà in auge con Cuperlo. Vedo semmai maggiori pericoli che trovi legittimazione nuova sotto l’ala protettrice di Renzi. Non a caso la più parte degli ex “penatiani”, quelli che avversavano la candidatura di Pisapia perché “troppo vecchia e di sinistra”, a Milano voteranno Renzi. E Civati? Ottima persona anche lui, ci mancherebbe, ma è un solista. Il suo tragitto mi è parso tutto finalizzato a una corsa personale verso la segreteria. Legittimo, per carità, ma forse avrei preferito vederlo sacrificarsi, per esempio candidandosi alla presidenza della Regione Lombardia.

Qui se permettete vorrei mettervi a parte della lettera scritta insieme a Luciano Segre e Massimo Toschi; il primo collaboratore di Prodi nel campo della consulenza aziendale fin dai tempi dell’Iri; il secondo generoso militante cattolico dossettiano che con Prodi collabora nel campo della cooperazione internazionale. Ecco di seguito il testo:

“Provenienti da esperienze culturali e religiose diverse, ci siamo incontrati nel 1996 attraverso la comune amicizia con Romano Prodi; e insieme a lui abbiamo condiviso il progetto dell’Ulivo. Consideriamo una ferita gravissima la slealtà dei 101 franchi tiratori che, negandogli il voto in Parlamento, hanno rivelato la loro distanza dall’unico disegno unitario su cui possa fondarsi il Partito Democratico.

Il gesto di Prodi di non votare alle primarie è un estremo appello, prima che tutto precipiti, affinché il PD ritrovi cultura e valori, saggezza e visione, senza i quali anche il Paese sarà condannato. Non è un atto di diserzione né di disimpegno, quello di Prodi, ma un invito ultimo alla conversione della politica che da tutti va preso sul serio, a partire da chi si candida per diventare segretario del PD.

Temiamo in particolare una deriva nuovista intrisa di spregiudicatezza, pronta a salire su ogni cavallo pur di vincere la corsa, rinunciando alla difesa dei valori fondamentali della Costituzione e all’urgenza di un’iniziativa politica per la giustizia sociale. Tale deriva, al di là delle apparenze e delle schermaglie polemiche, evidenzia molti tratti comuni con il cinismo di chi nel centrosinistra ha sempre screditato il progetto dell’Ulivo, anteponendogli una visione verticistica e affaristica della politica.

La lettura del documento congressuale di Gianni Cuperlo e la sua personalità ci inducono a considerarlo il candidato più adatto a rivestire una responsabilità di federatore, disinteressato alle logiche di fazione; restituendo al Partito Democratico la continuità con l’Ulivo che stiamo rischiando di dissipare. Non è nostalgia, la nostra. Se alla metà degli anni Novanta l’Ulivo ha saputo prescindere da modeste ambizioni di clan, riunendo le culture riformiste nell’ascolto del dolore civile di questo Paese, difendendo i diritti dei più deboli, più che mai la drammatica crisi odierna dovrebbe sollecitarci tutti a recuperare quello spirito.

Cuperlo, lo sappiamo, proviene da una delle aree politiche in cui, per modeste convenienze di parte, si sono manifestati i comportamenti che hanno offuscato la credibilità del Pd. Confidiamo però che i principali responsabili di quella politica manovriera stiano perdendo la loro nociva influenza, nonostante che si rifugino alle spalle di questo o di quel candidato. In particolare, speriamo che la bella sensibilità culturale di Cuperlo lo accrediti come segretario capace di autonomia, dedito all’ascolto delle periferie del Paese, leale nello stimolo e nella critica al governo Letta, disposto a ripensare l’orizzonte di una sinistra europeista, lontano da ogni faciloneria demagogica.

Nel dichiarare il nostro voto per Gianni Cuperlo, a lui chiediamo di adoperarsi nella formazione di una nuova classe dirigente. Affinché il PD non resti solo un club elettorale capace di partorire i peggiori vizi della politica, ma divenga un luogo autentico di confronto fra idee e valori, dove la partecipazione aiuti tutti a diventare migliori”.

Gad Lerner

3 dicembre 2013

Fonte: http://www.arcipelagomilano.org/archives/28906

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