31 suicidi, 87 detenuti morti, 68 agenti carceri suicidi in 12 anni: l’intollerabile situazione nelle carceri italiane
In Italia ci sono nove milioni di processi penali e cinque milioni di civili pendenti; un cittadino, in media, deve aspettare 9 anni per una sentenza definitiva, ciò comporta 170mila prescrizioni all’anno e una perdita per l’Italia stimata intorno ad un punto percentuale del Pil a causa dei mancati investimenti degli imprenditori.
Dall’inizio dell’anno sono morti in carcere 87 detenuti dei quali 31 suicidi, ovvero 14 decessi al mese. Negli ultimi dieci anni ci sono stati più di 600 suicidi tra i detenuti e dal 2000 ad oggi si sono uccisi 68 agenti carcerari. Quest’ultimo, in particolare, è un segnale chiaro del fallimento del sistema carcerario italiano, è un dato che da solo dovrebbe gettare un terrificante sospetto anche tra i giustizialisti più convinti e incalliti: se anche chi rappresenta le istituzioni ed esercita il potere si suicida, allora, forse, davvero c’è molto che non va, e qualcosa va fatto urgentemente.
E’ questa premessa che partono il professor Andrea Pugiotto, ordinario di diritto costituzionale all’università di Ferrara e oltre cento docenti universitari di diritto penale e costituzionale, e attraverso una lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di mandare quanto prima un messaggio alle camere, affinché si discuta del provvedimento di amnistia: “Un provvedimento che sarebbe strutturale per una Riforma della Giustizia, perché le strutture esistenti – immediatamente, e dopo trent’anni - fuoriescano dalla condizione criminale”.
C’è poi il fronte radicale. Sono in pieno svolgimento le “quattro giornate” di “sciopero della fame e di silenzio” indette la settimana scorsa da Marco Pannella. Si intende così richiamare l’attenzione sulla condizione in cui versano le carceri italiane e per chiedere il provvedimento di amnistia.
Carceri, e più in generale, questione giustizia che non funziona. Il ricorso alla giustizia civile si è trasformato spesso in un abuso, sommergendo ogni anno i tribunali con oltre cinque milioni di nuove procedure, di cui solo il 40 per cento viene smaltito.
Come si è detto, dall’inizio dell’anno si sono tolti la vita 31 detenuti, 10 gli stranieri. Il più giovane dei detenuti che si sono uccisi aveva soltanto 21 anni, il più “anziano” 58. L’età media dei detenuti suicidi è di 37,7 anni, 10 erano stranieri e 21 italiani, 3 le donne. I dati del Ministero della Giustizia sulle morti in carcere contemplano soltanto due “categorie”: i “suicidi” e le morti per “cause naturali” (oltre a quella degli “omicidi”, che fortunatamente sono eventi rari nell’attuale sistema penitenziario: 1 o 2 all’anno). Tra le morti per “cause naturali” sono classificati anche i decessi causati da overdose di farmaci e droghe, da scioperi della fame portati alle estreme conseguenze, da “lesioni” di origine non chiara (basti pensare a nomi come Stefano Cucchi e Aldo Bianzino).
Anche nel carcere di Cremona, nel febbraio di quest'anno, un detenuto extracomunitario di 45 anni si è tolto la vita impiccandosi nella propria cella. E' la spia di un disagio e di una sofferenza che le visite ispettive dei deputati radicali Maurizio Turco e Rita Bernardini avevano puntualmente segnalato. Disagio e sofferenza derivanti da un degrado crescente della struttura penitenziaria di Cà del Ferro, che da esempio positivo per tutte le altre realtà italiane si è trasformato negli ultimi anni in un semplice parcheggio di persone. Ai problemi cronici legati al sovraffollamento, alla grave carenza di agenti e ai sempre maggiori problemi di convivenza, si è aggiunta la progressiva diminuzione di tutte le attività lavorative all'interno della struttura carceraria.
Cremona, luglio 2012
Sergio Ravelli
segretario dell'associazione
radicale Piero Welby