Venerdì, 19 aprile 2024 - ore 09.17

I governi UE non ci proteggono dall’inquinamento atmosferico

| Scritto da Redazione
I governi UE non ci proteggono dall’inquinamento atmosferico

Secondo gli ultimi dati rilasciati dall’European Environment Agency (Eea), i governi di tutta Europa stanno fallendo nell’obiettivo di proteggere i propri cittadini dall’inquinamento atmosferico. Nella maggior parte delle città europee si respira ancora aria sporca e sono soprattutto gli agenti inquinanti prodotti dall’agricoltura, dal riscaldamento domestico e dai veicoli ad aver superato i livelli consentiti dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Questo nonostante la legislazione dell’Unione europea (Ue), gli impegni presi dai singoli governi e anni di campagne di sensibilizzazione sui danni dell’inquinamento: solo Estonia, Finlandia, Irlanda e Islanda hanno dimostrato, nelle ultime rilevazioni dell’Eea, di avere dei livelli di particolato fine nell’aria (una delle forme più dannose di inquinamento atmosferico) al di sotto della soglia stabilita dall’Oms nel 2018. Proprio in quell’anno, l’esposizione al particolato fine aveva causato circa 417mila morti premature in tutta Europa, anche negli Stati non appartenenti all’Ue.

Come ha dichiarato al Guardian Hans Bruyninckx, il direttore esecutivo dell’Eea: “I nostri dati dimostrano che investire in una migliore qualità dell’aria è un investimento per migliorare la salute e la produttività di tutti i cittadini europei. Le politiche e le azioni che sono coerenti con l’obiettivo europeo di inquinamento zero portano a vite più lunghe e più sane e a società più resilienti”. Alcuni miglioramenti, infatti, ci sono stati negli ultimi anni, ma non sono ancora all’altezza della qualità dell’aria necessaria.

Le emissioni inquinanti dei veicoli sono diminuite, anche se non nella misura richiesta, così come le emissioni delle centrali elettriche, mano a mano che l’Europa si è allontanata dal carbone. Ma la riduzione delle emissioni del riscaldamento domestico (compresa la combustione del legno) e dell’agricoltura (compresa l’ammoniaca da letame e fertilizzanti), che si combinano con altri inquinanti nell’aria per formare il particolato, si è rivelata una sfida molto difficile.

Pandemia di Covid-19 e inquinamento

L’anno scorso, l’Eea ha rilevato che nel 2018 sono morte prematuramente 60mila persone in meno rispetto al 2009 a causa dell’inquinamento da particolato fine. Quest’anno, i lockdown dovuti alla pandemia di Covid-19 potrebbero aver apportato ulteriori miglioramenti: secondo i dati preliminari dell’Eea, durante la primavera del 2020 ci sono state riduzioni fino al 60% dei livelli di particolato fine nell’atmosfera.

La città di Milano, per esempio, a partire dal 9 marzo 2020 (data di inizio del lockdown) ha visto un calo del 54% della concentrazione di biossido di azoto rispetto alle settimane precedenti: dall’allentamento delle restrizioni a metà maggio del 2020, il livello dell’inquinamento è tornato ad aumentare, ma senza tornare ai livelli pre-pandemia. Tuttavia, saranno necessarie ulteriori valutazioni per stabilire quali e quanti sono gli altrettanti effetti negativi delle misure anti coronavirus (come l’aumento dell’utilizzo della plastica monouso).

Anche il collegamento fra esposizione all’inquinamento atmosferico e alto rischio di morire di Covid-19 è ancora in fase di verifica, ma pare molto probabile – secondo una ricerca svolta dall’Office for national statistics del Regno Unito nell’estate del 2020. Diversi studi condotti in Italia hanno già suggerito che l’inquinamento è un co-fattore dell’alto tasso di mortalità nel Nord del Paese, e che l’esposizione cronica agli inquinanti fornisce un ambiente favorevole alla diffusione del Covid-19.

La lentezza delle azioni dei governi europei

Secondo quanto riferisce il Guardian, oltre alle linee guida dell’Oms, i governi europei hanno fallito anche nel raggiungere gli obiettivi posti dall’Ue stessa, meno rigorosi di quelli a livello mondiale. Nel 2018, Bulgaria, Croazia, Italia, Polonia, Repubblica Ceca e Romania hanno violato i limiti europei per il particolato fine, il Pm2,5. Sempre nello stesso anno, ci sono state 54mila morti premature per biossido di azoto (NO2) nell’Ue a 28 Stati (all’epoca, il Regno Unito era ancora incluso) e altre circa 19mila morti a causa dell’ozono troposferico.

Inoltre, secondo le norme dell’Ue, ogni Stato membro avrebbe dovuto presentare nel 2018 un piano per ridurre l’inquinamento atmosferico entro i limiti sanciti. A oggi, il piano dell’Italia è ancora in fase di bozza, mentre Grecia, Lussemburgo e Romania non hanno presentato neanche la bozza.

Eppure, la necessità di ridurre l’inquinamento è più impellente che mai. Margherita Tolotto, senior policy officer presso l’European Environmental Bureau – l’ufficio che rappresenta i gruppi di attivisti di tutta l’Ue – ha dichiarato al Guardian: “Quanti campanelli di allarme devono suonare prima che i governi decidano di affrontare l’inquinamento atmosferico? Il loro ritardo ci sta costando la salute e un ambiente sicuro. Sanno cosa è necessario fare per migliorare la qualità dell’aria: energia e produzione industriale più pulite, insieme a trasporti e agricoltura sostenibili”.

(Camilla Lombardi, Wired cc by nc nd)

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