Mercoledì, 24 aprile 2024 - ore 01.56

Il punto di Rosario Amico Roxas Il bosone di Higgs

TV, giornali, riviste non parlano d’altro che del referendum del 4 dicembre, ognuno con una propria identificazione e una motivazione per indurre a votare il SI, oppure il NO.

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas Il bosone di Higgs

Non si comprende come, qualunque sia la scelta finale, il risultato rimane una divisione che già appare insanabile.

Il mio invito a cercare “il bosone di Higgs” nel centro-sinistra, è una metafora per sollecitare una unità di intenti, accettando anche una cessione programmata delle singole individualità, per ottenere una massa omogenea, tenuta insieme dall’urgenza di risanare lo Stato e impedire che minacciose ipotesi possano affacciarsi nel futuro politico dell’Italia.

Il singolo individuo, o il singolo partito o movimento, non può raggiungere il necessario  sviluppo, se non attuando un incontro dialettico, progettuale e programmatico nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere.

Lo stesso bene individuale non si può costruire in maniera autonoma, distinta dal bene degli altri, ma, per sua intima essenza, si completa nel promuovere il bene della comunità. 

Si tratta di una possibilità che difficilmente potrà ripetersi, perché riguarda il centro-sinistra e solo il centro-sinistra.

Il centro-destra berlusconiano, con il ritorno del cavaliere, che cerca di apparire in sella ad un nuovo predellino, non ha dialoghi da ipotizzare con altri, ha solo ordini da impartire a interessati vassalli e non si tratta di ordini che riguardano  una buona amministrazione della nazione, bensì un eccellente uso di potere che deve coniugarsi con l’interesse personale del cavaliere.

Che proprio in questo momento di grande squilibrio manchi la “ratio” per realizzare una massa omogenea in grado di neutralizzare a monte i pericoli che si intravedono all’orizzonte, sta a significare che, proprio nel centro-sinistra, manca “il bosone di Higgs”, in grado di realizzare l’unione.

Si tratta di dilatare l’individualismo in una forma di universalità che deve riflettersi nella ricerca comune del bene della nazione; tale universalità deve diventare sinonimo di sviluppo integrale della nazione e non limitatamente a caste selezionale, ad amici, soci, complici, in quanto rappresenterebbe il medesimo calcolo ben studiato per dilatare il GAP (inteso come  spazio che intercorre fra due elementi discontinui) e separare una minoranza opulenta, dalla maggioranza penalizzata, che abbiamo vissuto e subito negli ultimi 20 anni con i governo liberisti di Berlusconi.

Attualmente il GAP che divide il popolo italiano in classi, non è solamente economico, è, prevalentemente politico, perché è la politica che ha imposto un regime finanziario che ha sostenuto la classe opulenta con sanatorie, condoni, scudi fiscali e ha mortificato le fasce più deboli con quella vergogna della “patente di povertà” , ribattezzata goffamente “social card”, che riconosceva al “fortunato possessore” il diritto a 400 gr. di pane al giorno, mentre si regalava alla classe dominante uno scudo fiscale che risolveva antichi e criminogeno problemi. Se il GAP è politico è la politica che deve neutralizzarlo impedendo il ripetersi dell’esperienza  che ci ha portato nell’attuale condizione e per poterlo fare deve poter esprimere coesione e  forza, superiori ai canti delle sirene. Tutto si fa più difficile quando si va a verificare la platea degli elettori che deciderà le sorti di una Costituzione scritta da Calamandrei, Terracini, Croce, Togliatti, etc.etc. e riveduta da Renzi, Boschi, Verdini, Alfano etc.etc.

Il pericolo che si intravede all’orizzonte è rappresentato da una destra inconcludente, cieca ma ambiziosa, dominata dai trucchi di mestiere posti in essere da Berlusconi che dice di votare NO con FI, ma  votare SI con le sue aziende che controllano i mass media. In realtà la vittoria del NO significherebbe una stasi dove i più furbi la faranno da padroni, imponendo modifiche costituzionali su misure a favore di interessi limitati a quella minoranza che non supera il 10 % del mondo elettorale, che possiede oltre il 60% della ricchezza nazionale. Il panorama più ottimistico ci mostra una nazione divisa sia verticalmente che orizzontalmente,  con gli stessi partiti divisi nel loro interno e una nazione che rischia la ingovernabilità.

L’ipotesi di una vittoria del SI aprirebbe spiragli di speranza, condizionati però una rinnovata unità nel centro sinistra, in grado di neutralizzare le manovre disfattiste che partono da Arcore.

 Rosario Amico Roxas

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