Domenica, 28 aprile 2024 - ore 10.44

Il punto di Rosario Amico Roxas. Il capitalismo è entrato nella sua terza età

Rosario Amico Roxas commenta un articolo apparso oggi su “La Sicilia”

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas. Il capitalismo è entrato nella sua terza età

Ho letto con molto interesse il servizio di Francesco Mannoni, sotto forma di intervista al sociologo Alain TouraineIl capitalismo speculativo ci riporta all’800, a p. 14 de La Sicilia di oggi, 4 febbraio, sezione “Cultura”, che si fa interprete delle ragioni della profonda crisi che ha avviluppato l’Occidente. Le motivazioni si riassumono nella frase che riporto qui di seguito: «Il mondo, accelerato da una situazione economica pressante, è cambiato in modo ultraveloce dividendo società ed economia. […] Le crisi economiche recenti nascono generalmente da una separazione crescente dell’economia finanziaria, contaminata dalla volontà di arricchimento personale dei dirigenti e dell’economia reale che non è definibile al di fuori dei confini sociali».

Tutto il rimanente dell’intervista ruota intorno a queste affermazioni sociologiche più che economiche, dove il sociologo analizza la globalità senza scendere in dettagli che avrebbero, molto più incisivamente, chiarito il suo pensiero. Molte altre domande non poste, rimangono senza risposta; una di queste potrebbe essere la seguente: «Perché meravigliarsi se oggi capitalisti, imprenditori, manager, finanzieri non sono più quelli di una volta?». In realtà, personaggi discutibili come TanziCragnottiFioraniConsorteRicucciBerlusconi (solo per citare i più esposti mediaticamente) sono il frutto di una logica sistemica. Rappresentano un capitalismo in declino, “entrato nella sua terza età”. Perché? Riassumendo:

fase 1 o eroica (che tocca il culmine nel XIX secolo), dove si affermano i capitani d’industria, le cui attività portano alla formazione di grandi imprese, come le corporations americane;

fase 2 o dei diadochi (che si generalizza nella prima metà del secolo XX), dove gli eredi dei grandi imprenditori passano la mano a manager e proprietari azionisti;

fase 3 o speculativa (che dopo un primo sviluppo negli anni Sessanta giunge solo oggi a completa maturazione), dove i principali azionisti, non confidando nei manager, iniziano, come si dice in gergo, a non mettere tutte le uova nello stesso paniere, diversificando gli investimenti per distribuire i rischi. È in questa terza età che si realizza la separazione tra interessi personali finanziari ed esigenze sociali di una realtà che ha perso di vista il Bene Comune, sostituito dal Bene Privato individuale.

Nascono così i manager di portafoglio, la cui funzione è assolta da venditori istituzionali e intermediari finanziari (fondi di investimenti, società finanziarie ecc.). Ma anche da finanzieri e imprenditori privi di scrupoli… Il “gioco” finisce così per riguardare solo chi decide di offrire capitale e chi decide come investirlo. E quel che conta per entrambi, non è più la bandiera o il carisma imprenditoriale, ma la redditività di un capitale investito, che a causa della crescente instabilità dei cambi e del progresso tecnologico, diventa sempre più speculativo. È perciò ovvio che in tale situazione proliferino avventurieri di ogni genere, fino alla decadenza etica con le affermazioni delle varie mafie, dell’esercizio generalizzato della corruzione, degli scandali con cadenza quotidiana tipo Mose, Expo, Roma Capitale, Banda (politico-criminale) della Magliana, favoriti da norme e leggi studiate per favorire un liberismo che interpreta il capitalismo ormai allo sbando, come la soppressione del reato del falso in bilancio, la riduzione drastica dei termini di prescrizione per permettere la non punibilità dei reati, spacciate per assoluzioni, evasioni fiscali come metodo ed esportazione illegali di capitali all’estero come sistema.

Il capitalismo sembra tornato alle sue origine piratesche. Ma i personaggi della fase “eroica” del capitalismo, come Drake erano intrepidi spadaccini e furbissimi pirati, mentre le figure attuali che emergono nel pianeta del capitalismo sono a dir poco patetiche: da capitalismo in disarmo. Come finirà?

Schumpeter riteneva che il capitalismo generasse una forma mentis ipercritica, giovevole al progresso economico (la cosiddetta distruzione creatrice…), ma non a quello sociale. Perché l’“ipercriticismo”, dopo aver distrutto l’autorità morale delle altre istituzioni, si sarebbe rivolto contro le proprie, come l’attuale scandalo della Volkswagen dimostra nel dettaglio. Il sistema appariva proiettato, già negli anni Sessanta del secolo scorso, verso l’esaurimento delle risorse morali. E i continui scandali di oggi, le corruttele generalizzate, come gli appelli retorici al rispetto delle “regole”, indicano che Schumpeter aveva ragione.

Del resto, come tutte le istituzioni sociali, anche il capitalismo è “mortale”, anche se a coloro che vi sono nati e vissuti può apparire eterno. Non si capisce allora perché anche il capitalismo, come sistema politico, economico e sociale, non debba subire la stessa sorte di altre grandi istituzioni, come l’Impero Romano, giudicato altrettanto eterno dai suoi contemporanei.

Rosario Amico Roxas

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