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IN VIAGGIO CON LA COMPAGNIA MK NEL TRIANGOLO DELLE BERMUDA AL TEATRO PONCHIELLI SABATO 2 APRILE

In scena al Teatro Ponchielli sabato 2 aprile (ore 20.00)

| Scritto da Redazione
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Un vortice inarrestabile, un turbinio di danzatori che complice la musica caraibica suadente e martellante daranno vita a Bermudas, in scena al Teatro Ponchielli sabato 2 aprile (ore 20.00), con la coreografia di Michele Di Stefano, che abbina nel titolo un luogo per un originale e intenso viaggio.

Bermudas si è aggiudicato il Premio Danza&Danza come miglior produzione italiana 2018.

È Finalista Premio Ubu 2018 come miglior spettacolo di danza, è stato selezionato alla New Italian Dance (NID) Platform 2019 e vincitore di Forever Premio UBU 2019 come miglior spettacolo di danza.

Bermudas è un lavoro coreografico pensato per un numero variabile di interpreti (da tre a tredici), intercambiabili tra loro. È dunque un sistema di movimento basato su regole semplici e rigorose che producono un moto perpetuo, adottabile da ogni performer come una condizione per esistere accanto agli altri e costruire un mondo ritmicamente condiviso.

Il lavoro è ispirato dalle teorie del caos, dalla generazione di insiemi complessi a partire da condizioni semplici, dai sistemi evolutivi della fisica e della meteorologia. Il risultato finale tende alla costruzione di un luogo carico di tensione relazionale, un campo energetico molto intenso (a cui il nome Bermudas ironicamente fa riferimento) attraversato da una spinta alla comunicazione immediata, necessaria per generare uno spazio sempre accessibile a qualunque nuovo ingresso.

Lo spettacolo è costruito per essere un sistema inclusivo e permeabile; ogni apertura al pubblico è dunque una finestra aperta su uno dei possibili cast ma anche sull’unico obiettivo del lavoro: la costruzione di una danza che permetta continuamente alla danza di qualcun altro di trovare spazio.

L’impianto coreografico dipende in maniera cruciale dalle caratteristiche singolari dei performer: immettere punti di vista differenti sull’uso dello spazio, la prossemica tra i corpi o il modo in cui viene percepita l’attività di danza in un rituale collettivo, trasforma immediatamente la coreografia in un progetto di incontro e mediazione tra individui che possono essere i più disparati e i più lontani tra loro per attitudine, organizzazione gestuale e intensità espressiva. E per gestione del malinteso.

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