Lunedì, 20 maggio 2024 - ore 01.49

Italia. Chi è stato il responsabile dell’aumento del debito pubblico

Pubblichiamo il testo, firmato da Roberto Paolo Imperiali, ricevuto dal Circolo Culturale AmbienteScienze. La fonte è “Il colpo di Stato di banche e governi” di Luciano Gallino

| Scritto da Redazione
Italia. Chi è stato il responsabile dell’aumento del debito pubblico

Che la spesa pubblica in Italia sia piena di sprechi e spese inutili è fuori dubbio, ma non è il livello della spesa pubblica il motivo dell’aumento del debito pubblico per il quale oggi dobbiamo versare lacrime e sangue.

Questo mito ci fa sentire obbligati finanziariamente e moralmente a rimborsare enormi cifre con sacrifici di cui non si vede la fine e che hanno creato nel nostro Paese livelli di povertà e insicurezza sociale sempre più drammatici ed è bene conoscere le vere cause di questo debito per fronteggiarle e costringere i governanti ad agire su di esse e non già a continuare ad immiserirci per pagare debiti creati da altri e avallati da loro.

È noto che negli anni di crisi dal 2007 al 2010 il deficit dei bilanci pubblici in Europa è cresciuto in media 10 volte e più precisamente dallo 0,7% al 7%. Parallelamente si è verificato nella UE un aumento medio del debito pubblico di circa 20 punti dal 60% all’80%.

Nello stesso periodo la spesa pubblica a partire dagli anni ’90 è rimasta sostanzialmente invariata (25% del Pil). Per cui, visto che tale spesa è rimasta costante, essa non può essere stata la causa dell’aumento del debito pubblico come viene continuamente sbandierato. Non è quindi con la riduzione disumana della spesa pubblica, con l’aumento esagerato delle tasse e l’austerità ad oltranza, che risolveremo il problema del debito pubblico, visto che l’origine del problema è un’altra.

La causa va cercata altrove e più precisamente nella quantità enorme di denaro pubblico che lo Stato (gli Stati) ha speso per ripianare i debiti del sistema bancario che in tutti gli anni a partire dal 1980, ha effettuato operazioni di finanza speculativa altamente rischiose senza le dovute garanzie, che hanno consentito loro lauti utili, ma che le hanno portate al tracollo quando è scoppiata la bolla speculativa.

Per salvare le banche e coprire il loro passivo i governi sono quindi intervenuti con immissioni immense di denaro pubblico, creando così l’aumento del debito pubblico. Infatti tra l’ottobre del 2008 e l’aprile del 2010 i governi resero disponibili alle banche un fiume di denaro che equivale al 32,5% del Pil dell’Unione Europea (pari al Pil aggregato di Italia e Germania). La copertura del debito del sistema bancario non è stato quindi richiesto alle banche, che di quelle operazioni avevano beneficiato, ma ai cittadini, caricando i debiti sui bilanci pubblici.

Nel frattempo l’Italia (come altri Paesi europei) ha firmato vari trattati internazionali tra cui il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità). Tale trattato prevede che tutti gli stati conferiscano alla Banca Centrale in via irrevocabile e incondizionata un capitale proporzionato alla loro partecipazione: l’Italia si è obbligata a contribuire con 125,4 miliardi, da versare con 5 rate annuali. Tale accordo non consente però che gli Stati possano ricevere prestiti dalla Banca Centrale e dal Fondo che essi hanno costituito, prevede invece che la Banca Centrale con questo fondo possa fare prestiti alle banche private ad un tasso dell’1 % o inferiore per cui le banche private hanno potuto ricevere finanziamenti pagando un interesse dell’1% e rivendere tali finanziamenti agli Stati con l’interesse del 4%, senza avere alcun obbligo nei confronti della Banca Centrale su come impiegare tali capitali e lucrando sulla differenza.

Inoltre sempre lo stesso Trattato di Stabilità prevede che se un Paese presenta un debito pubblico superiore al 60% del Pil, esso debba ricondurlo entro tale limite al ritmo di un ventesimo all’anno. Il che significa che l’Italia, che ha un debito pubblico ormai salito a circa 2000 miliardi, deve ridurlo ad un ritmo di 50 miliardi all’anno chiedendo sacrifici al Paese per circa vent’anni mentre se potesse accedere al prestito della Banca Centrale al tasso dell’1%, senza pagare la differenza alle banche, gli interessi da pagare scenderebbero del 3% e cioè da 80 miliardi a 20 miliardi. In questo modo le banche continuano a beneficiare del sostegno dei governi.

I Governi non hanno stabilito regole e limiti all’attività speculativa delle banche che esisteva prima degli anni ’80. Tali regole erano state poste dopo la crisi del ’29 (Glass-Steagall Act) proprio per evitare che essa si ripetesse. L’eliminazione di queste regole, che non hanno più tutelato il risparmio, è stata la causa della crisi.

Finché il sistema bancario potrà operare a sua piacimento, spostando immensi capitali da un lato all’altro del pianeta, creando fittiziamente masse di denaro e consentendo operazioni senza garanzia che vengono poi ripianate dallo Stato, la crisi non finirà mai. L’impoverimento del nostro Paese (e dei Paesi in genere), la perdita delle attività produttive e dei posti di lavoro continuerà fino allo stremo e continuerà l’arricchimento di chi detiene il potere finanziario.

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