Venerdì, 03 maggio 2024 - ore 00.51

L’agribusiness transnazionale sottrare le risorse idriche alle popolazioni locali

Studio guidato dal Politecnico di Milano: l’agricoltura intensiva sostituisce quella contadina e provoca danni ambientali e sociali

| Scritto da Redazione
L’agribusiness transnazionale sottrare le risorse idriche alle popolazioni locali

La trasformazione agraria in atto verso un’agricoltura intensiva/industriale su vasta scala – l’agribusiness – persegue spesso l’obiettivo di aumentare la produzione attraverso l’espansione dell’irrigazione, ma secondo lo studio “Competition for water induced by transnational land acquisitions for agriculture”, pubblicato recentemente su Nature Communications da un team di ricercatori italiani, statunitensi e olandesi guidato da Davide Danilo Chiarelli, del Dipartimento di ingegneria civile e ambientale del Politecnico di Milano, e da Paolo d’Orrico Department of Environmental Science, Policy and Management dell’università della California – Berkeley, «La transizione in corso dall’agricoltura dei piccoli proprietari all’agricoltura commerciale su larga scala sta alimentando una competizione globale per le risorse d’acqua dolce locali».

Lo studio, condotto dal Politecnico in collaborazione con le università di California – Berkeley, Notre Dame, Colorado State, Delaware e Vrije Amsterdam, indaga su «Come le acquisizioni transnazionali di terreni agricoli su vasta scala (Large Scale Land Acquisitions – LSLA), che nell’ambito di questo processo rivestono un ruolo primario, possono influenzare la competizione per le risorse idriche su scala locale» e lo fa combinando modellazione idrologica e delle colture, statistiche agricole e informazioni georeferenziate sulle singole LSLA transnazionali  «Per valutare l’emergere della scarsità d’acqua associata a queste ultime».

Al Politecnico spiegano che dallo studio è emerso che «La competizione per l’acqua è esacerbata, a discapito delle comunità locali, per 105 delle 160 LSLA prese in considerazione (67% delle terre acquisite); da un lato, infatti, le terre oggetto di interesse per gli investitori sono proprio quelle con accesso preferenziale alle acque superficiali e alle risorse sotterranee, dall’altro è emerso come questi investimenti agricoli siano stati spesso la premessa per l’impianto di colture molto esigenti dal punto di vista idrico e per l’espansione delle colture irrigue».

L’autrice senior dello studio, Maria Cristina Rulli, docente di Idrologia del Politecnico di Milano, ha evidenziato che «Coniugare la crescente domanda di acqua con la limitatezza delle risorse idriche costituisce una sfida fondamentale per lo sviluppo sostenibile. L’utilizzo della risorsa idrica per la produzione agricola nelle acquisizioni su larga scala può generare conseguenze idrologiche e sociali sugli utenti locali. Ad oggi, ci sono stati solo alcuni timidi tentativi per regolamentare, principalmente su base volontaria, le grandi acquisizioni di terreni agricoli nel Sud del mondo e purtroppo i recenti progressi nella comprensione della dimensione idrica di queste acquisizioni non sono stati ancora declinati in un’ottica di un governo dell’acqua che tenga conto di eventuali vincoli idrologici, della necessità dell’acqua per assicurare sussistenza in ambito rurale e del diritto ambientale».

Infatti, i risultati dello studio suggeriscono che «L’espansione delle acquisizioni transnazionali di terreni su larga scala (LSLA) da parte delle companies agroalimentari aumenta la pressione sulla disponibilità di acqua ed esacerba la concorrenza sulle risorse idriche locali» e la Rulli aggiunge: «Si prevede che l’appropriazione dell’acqua attraverso gli LSLA avrà effetti importanti sui piccoli agricoltori, sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza rurali».

D’Odorico, che ha condotto la ricerca nell’ambito di un gruppo di lavoro al National Socio-Environmental Synthesis Center (SESYNC), ricorda che «La scarsità d’acqua è stata sostanzialmente rafforzata dal passaggio a colture ad alta intensità idrica da parte degli investitori dell’agribusiness e dall’espansione della coltivazione irrigua».

Dal 2005, gli LSLA transnazionali hanno interessato più di 90 milioni di ettari di seminativi in ​​più di 100 Paesi e Chiarelli conferma che «I piccoli proprietari terrieri sono colpiti in modo sproporzionato dalla “corsa globale alla terra”. Gli investimenti fondiari su larga scala possono indurre nuova concorrenza idrica e appropriazione di risorse idriche a scapito dei piccoli proprietari locali».

Eppure, i fautori degli LSLA spesso li pubblicizzano come un meccanismo per sostenere lo sviluppo rurale attraverso capitale finanziario, creazione di posti di lavoro, trasferimenti di tecnologia agricola e guadagni nella produttività agricola.

Jampel Dell’Angelo della Vrije Universiteit Amsterdam, che coordina il SESYNC Pursuit Program sulle interdipendenze cibo-energia-acqua della transizione agraria globale insieme a D’Odorico, conclude: «C’è bisogno di una ricerca che metta in relazione gli investimenti fondiari su larga scala con lo spossessamento dell’acqua e l’agricoltura dei piccoli proprietari».  

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