Egregio direttore, mi permetta di intervenire nella polemica sollevata dalla lettera della signora Ferrari sul femminismo, non per esprimere solamente la mia opinione ma per confutare con dati precisi in possesso dell’ufficio della consigliera, quanto asserito nella replica della medesima pubblicata in data 13marzo 2016 ‘Chi ha filo da tessere azzurro o rosa che sia, ormai lo tesse e basta’. Il nostro non è un Paese per donne e non avevamo neppure bisogno delle ultime vicende politiche per affermarlo, in quanto anche nella civile, progredita e operosa Lombardia nell’anno di grazia 2016 l’occupazione femminile sconta, infatti, nodi problematici di ordine strutturale come per esempio:
1. maggiore precarietà e maggiore instabilità;
2. difficoltà di conciliare i tempi di vita-lavoro, che purtroppo determina ancora troppo spesso il fenomeno dell’abbandono del lavoro durante il primo anno di vita del bambino o la scelta di non avere più di un figlio (o di non averne per niente);
3. segregazione orizzontale (le donne lavorano prevalentemente in ambiti di cura, scuola e servizi), segregazione verticale (troppo poche le donne che riescono ad infrangere il «soffitto di cristallo», ancora troppe quelle che rimangono imprigionate nei «pavimenti appiccicosi»);
4. scelta obbligata di lavorare part-time (laddove questo viene concesso) per poter dedicarsi al lavoro di cura della famiglia, nonostante questo comporti, se effettuato al 50% una pari riduzione contributiva.
L’occupazione femminile in Lombardia si attesta al 57% (tasso di occupazione maschile 75%) e per quanto riguarda i posti direzionali la percentuale si attesta al 20%; persiste ancora anche un differenziale negativo per quanto concerne i salari stimato tra il 5 ed il 20%.
Tutto ciò ricade, altresì, inevitabilmente sulle «retribuzioni pensionistiche»: le donne, che rappresentano il 47% dei pensionati percepiscono solo il 34% dell’importo complessivo erogato ma per quanto riguarda le pensioni integrate al minimo raggiungono un ragguardevole 80%. Come vede, cara signora Ferrari, per chi ha filo rosa da tessere purtroppo si tratta di una corsa ad ostacoli in quanto si scontra con problemi concreti e quotidiani e anche con problematiche ancora di natura culturale, mentre chi tesse filo azzurro corre i 100 metri piani. Mi chiedo pertanto anche come possa la maggior parte delle donne in continuo precario equilibrio tra famiglia e lavoro partecipare alla vita politico-culturale del Paese e dare il proprio contributo di idee, innovazione, progettualità. Credo che sia compito della politica mettere in campo azioni positive e costruire le circostanze che favoriscano l’emergere della valenza delle donne, perché saremo anche solo l’altra metà del cielo, ma in questa metà ci sono altrettanti talenti quanti nell’altra, ai quali deve essere offerta l’opportunità di emergere per il bene di tutta la società.
Carmela Fazzi (Consigliera provinciale Cremona di parità)