Giovedì, 28 marzo 2024 - ore 14.04

La memoria delle Brigate Matteotti all'Archivio di Stato di Cremona

Alla vigilia del 25 aprile del 70° della Liberazione L’associazione Zanoni ha consegnato materiale importante all’Archivio di Stato di Cremona

| Scritto da Redazione
La memoria delle Brigate Matteotti all'Archivio di Stato di Cremona La memoria delle Brigate Matteotti all'Archivio di Stato di Cremona La memoria delle Brigate Matteotti all'Archivio di Stato di Cremona

Su una cosa, forse l’unica, degli sproloqui emessi dal gracchiante altoparlante installato sul furgone di testa del corteo di coda degli “Autonomi” è difficile non concordare. Fermo restando che il nostro ed il loro “antifascismo” nulla hanno in comune, la Resistenza non va celebrata solo il 25 Aprile.

Infatti, se il 70°potesse indurre a riflessioni di senso, non dovrebbe esserci dubbio alcuno almeno su un punto. Che, per come si sono messe le cose nella vita politico-istituzionale, i suoi valori, i suoi principi, i suoi insegnamenti devono tornare a permeare le coscienze collettiva ed individuali e a costituire ogni giorno il segnavia delle ispirazioni e dei comportamenti.

Approfondiremo nei prossimi giorni la dinamica con cui si è svolta la celebrazione clou del ciclo rievocativo, il 25 aprile, la data-ricorrenza per antonomasia. Su cui ci sentiamo di esprimere da subito una convinta valutazione positiva.

Siamo stati tra le sensibilità impegnate nella preparazione adeguata di una celebrazione congruente all’importanza e, come abbiamo anticipato, al significato dell’anniversario.

Pensiamo anche, però, di anticipare che un buon 25 aprile non può esaurire convenientemente il progetto del 70° anniversario della Liberazione dal fascismo e dall’occupazione nazista.

Almeno a livello locale ci sembra che, considerando alcuni positivi preannunci, ci siano i presupposti per mandare in avanti un disegno più vasto.

Come Associazione Zanoni, che prende il nome da un protagonista dell’antifascismo, della Resistenza e della Liberazione, abbiamo, come si è visto dal costante rimando alle iniziative rievocative, investito su una priorità: la diffusione del sapere su quel cruciale snodo per la vita del Paese e per la costruzione di una nuova Italia, pacifica, libera, democratica.

Abbiamo investito e lavorato insieme ad altri; nel rispetto delle peculiarità e delle sensibilità, ma soprattutto in un’ottica unitaria.

Quando, nei giorni scorsi, l’esito di incomprensioni e forse anche di condotte approssimative sembrò gettare un’ombra di scollamento e di polemica sul senso condiviso della celebrazione, abbiamo avvertito il dovere di un gesto che richiamasse l’inderogabilità del rinserrare le fila del vasto movimento di opinione e di testimonianza dell’antifascismo.

Un evento già programmato, costituito dalla consegna ufficiale all’Archivio di Stato della documentazione di quel che resta delle carte del Raggruppamento delle Brigate Matteotti, è stato così ridisegnato nella duplice obiettivo di rievocare, da un lato, i capisaldi del contributo dell’organizzazione resistenziale di ispirazione socialista e, dall’altro, , riaffermando il carattere inclusivo della Resistenza e del movimento che ne rivendica la continuità, di stemperare le incomprensioni della vigilia.

Nel primo pomeriggio di venerdì 24, l’Associazione ha promosso, presso il Civico Cimitero, un tributo di devozione alla Resistenza, tutta. Una folta delegazione, guidata dal prof. Mario Coppetti, uno dei pochi protagonisti ancora viventi di quell’epopea di popolo che liberò l’Italia, e composta dal rappresentante del Sindaco, avv. Paolo Carletti, dai consiglieri comunali Ferruccio Giovetti e Giorgio Everet, da Giuseppe Azzoni, dalla presidente dell’ARCI Emanuela Ghinaglia, dall’avv. Guido Calatroni, dai Soci e dalla presidente dell’Associazione, Clara Rossini, ha reso omaggio ai sepolcri dei protagonisti dell’insurrezione.

Simbolicamente tale omaggio è partito dalle tombe di Attilio Boldori e di Ferruccio Ghinaglia, immolatisi ancor prima dell’avvio del tragico ciclo della dittatura, e si è snodato lungo il percorso che ha unito idealmente le tombe dei due Sindaci della Liberazione e del ritorno alla democrazia, Bruno Calatroni e Gino Rossini, al tempietto dei Partigiani. Meta predestinata, unitamente alla piazza maggiore di Cremona, a diventare, il giorno successivo, l’epicentro delle celebrazioni. E, se è consentito, il degno scenario per l’inaugurazione della Pietà Laica, il monumento di grande valore artistico e morale realizzato e donato dall’infaticabile artista ed antifascista Mario Coppetti.

A rimarcare l’inderogabile aderenza dell’Associazione all’unitarietà della testimonianza antifascista, i partecipanti hanno deposto sulle tombe visitate ed omaggiate un omaggio floreale tricolore. Che, unitamente ad un garofano rosso, è giunto anche sulle sepolture di Emilio Zanoni, Attilio Botti ed Arnaldo Feraboli, Sindaci socialisti di epoche successive ma, come abbiamo visto e si vedrà, di forte radicamento nella testimonianza antifascista

La seconda parte dell’iniziativa si è svolta presso l’Archivio di Stato; dove la direttrice dott. Angela Bellardi ha ufficialmente accolto il materiale documentario relativo al censimento degli oltre mille tra Patrioti e Partigiani che parteciparono nel raggruppamento delle Brigate Matteotti alla Liberazione.

Tale deposito anticipa, come è stato detto, il conferimento di tutta la documentazione, in possesso dell’Associazione Zanoni, relativa all’archivio del PSI di Cremona.

La dott. Bellardi, che, insieme all’impegnativo ruolo dirigente, non cessa mai di essere un riferimento importante per la salvaguardia e la valorizzazione delle fonti documentali della memoria storica della Città e del territorio, ha, come in occasione del deposito delle carte e dei manoscritti personali di Emilio Zanoni, di nuovo sottolineato che scelte e gesti come questi permettono di fare dell’Archivio dello Stato un centro di diffusione del sapere.

All’incontro ha partecipato, in rappresentanza del vertice comunale, la Vice-sindaco dott. Maura Ruggeri che ha tenuto a valorizzare la testimonianza e l’impegno insiti in queste scelte. Salvare, custodire, divulgare le fonti della memoria storica della vita politica, istituzionale, culturale e sociale della comunità cremonese implica positivamente partire da essa per costruire il futuro.

La vice-sindaco, che proviene da mondo della scuola, ha incoraggiato a percorrere fino in fondo questa strada, che mette in feconda sinergia lo sforzo educativo e la crescita complessiva della comunità.

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In cosa consiste il fondo documentale delle Brigate Matteotti

Cercheremo di illustrare brevemente in cosa consiste il fondo depositato all’Archivio di Stato.

Per farlo ci avvarremo anche di una digressione di tipo aneddotico.

La logistica del movimento socialista cremonese ha risentito nel tempo della precarietà determinata dalla cronica difficoltà a reperire sedi adeguate e stabili per le attività politiche ed organizzative.

Dalla prima sede di Via Manzoni (nel ventennio già sede dei sindacati fascisti) occupata, si presume in omaggio ad un emergenziale principio di spoil system (ne è prova l’immagine fotografica inclusa nell’allegato supporto iconografico del volume Il Socialismo di Patecchio, che riprendeva l’ingresso del palazzo, oggi sede dell’ASCOM, presidiato da militanti armati) la Federazione Socialista avrebbe, come accennato,  avuto per molti anni difficoltà a trovar casa.

Diciamo che, specie a partire dalle elezioni del 1948, cruciali per i nuovi equilibri governativi e parlamentari, i socialisti avrebbero avuto le valige sempre pronte.

Da lì si sarebbero trasferiti nella location angusta e precaria di Via Goito; per giungere poi in una più stabile di Via Tribunali e, a seguire, in Corso Pietro Vacchelli ed in Corso Garibaldi. Per non dire delle sedi del circolo Turati, che, negli anni sessanta, settanta ed ottanta custodì la biblioteca e l’archivio della storia socialista.

Dei socialisti tutto si può dire tranne che abbiano avuto il culto fideistico dell’unità a tutti i costi e che abbiano tradotto in comportamento coerente l’impulso a preservare la documentazione della propria memoria.

Tra distrazioni e prelevamenti di souvenir di cimeli, documenti ed immagini è giunto a noi veramente poco. Per non tacere, poi, delle conseguenze del tutti a casa indotto dalla fine del ciclo socialista come movimento organizzato: le sedi si chiudevano, gli smarriti militanti evaporavano, i dirigenti, per dare il buon esempio, si smaterializzavano ancor prima.

Quando, alla fine degli anni novanta, con Bruno Cottarelli e Gianmario Beluffi mi avventurai nelle cantine e nelle soffitte di quelle che erano state le sedi del PSI chi scrive si trovò di fronte ad uno scenario di desolante abbandono ed incuria.

La massa documentale da preservare doveva essere estrapolata da quantitativi cartacei enormi.

Speriamo di aver scelto con oculatezza. Tra le prime cose analizzate, emerse, quasi dall’oltretomba, un plico contenente cinque tomi. Con cui erano state, a suo tempo, fascicolate le schede di censimento dei Matteottini.

Se ne erano persi i contatti da decenni; anche se nelle consapevolezze dei dirigenti e dei militanti, habitués della Federazione, vi si guardava sempre con rispetto e con qualche concessione alla mitologia; quasi si trattasse di una sorta di arca identitaria delle radici del socialismo cremonese.

Questa arca ritrovata ha finito così per costituire la pietra rifondativa della storia del socialismo cremonese sotto l’egida, e non poteva essere diversamente, dell’Associazione Emilio Zanoni.

Diremo ora qualcosa di più preciso attorno al valore storico di questo documento.

Teniamo subito a precisare che il suo valore è ben lungi dal rappresentare qualcosa che abbia attinenza con la metodica dell’ufficio matricola che, come noto, conserva e aggiorna tutti i dati del personale in servizio.

Non foss’altro perché, per quanto raggruppamento politico-militare, le brigate Matteotti, come le altre resistenziali, non possono essere percepite come una formazione regolare.

Diciamo piuttosto che quel censimento operava una ricognizione ex-post, a mission compiuta o quasi compiuta, della Liberazione; motivata presumibilmente dall’impulso a non disperdere le risorse umane che, con l’azione militare od anche semplicemente con l’azione di supporto e di propaganda,  avevano favorito il determinante sforzo militare degli Alleati.

E che, nel contesto post-insurrezionale, erano chiamate a sostenere la stabilizzazione e la ricostruzione.

Si avrà di ciò opportuna contezza se si leggerà l’analisi sviluppata nei capitoli dedicati alla Resistenza da Il Socialismo di Patecchio, che, unitamente alla parte iconografica, sono allegati alla presente edizione de L’Eco.

Analizzando questi testi, si potrà avere facilmente la percezione dello sforzo a ricondurre a normalità e a stabilizzazione il quadro che era uscito dalla resa dei conti sul piano militare. Insomma, già dai giorni immediatamente successivi al 26 aprile, si tendeva ad indirizzare verso la legalità dinamiche che erano state improntate dall’emergenzialità.

Si cominciò dal Tribunale Militare, con la cessazione dello stato insurrezionale (2 maggio), si proseguì con l’attribuzione di mere funzioni consultive ai CLN (Giunta consultiva 2 maggio) e si arrivò ai vertici della Questura (fine luglio) e della Prefettura (20 agosto).

Per completezza di cronaca si dirà che le funzioni dell’A.M.G. sarebbero cessate a fine luglio 1945 e non dovettero essere esercitate in un rapporto particolarmente conflittuale se, alla loro conclusione, verrà concessa, come recita la seconda pagine del “Fronte Democratico” del 29 luglio, “La cittadinanza onoraria di Cremona al Commissario Provinciale dell’A.M.G.”:

Quanto sopra comportava, ovviamente, anche l’abrogazione dei compiti di ordine pubblico, lo smantellamento delle brigate partigiane ed il conseguente disarmo collettivo ed individuale, avvenuto, dopo l’iniziale fase spontanea, attraverso un’azione a vasto raggio di rastrellamento (e di repressione, anche con risvolti giudiziari).

Nonché la smobilitazione dei partigiani che erano stati inquadrati negli organici provvisori delle forze dell’ordine e destinati a lasciare il posto ai reintegrati ed ai nuovi reclutati, all’insegna di propositi “normalizzatori”

In ogni caso, il primo segmento della normalizzazione sarebbe passato obbligatoriamente dal disarmo interno, per quanto si prospettasse problematico, già dalle premesse.

E’, infatti, notorio, quasi banale, che è assai più difficile farsi riconsegnare le armi di quanto non sia stato facile consegnarle; anche perché, da sempre, significano, tra l’altro, potere politico.

Ecco perché le armi, che era state consegnate dagli alleati agli italiani, disponibili a combattere il comune nemico nazi-fascista, rappresentavano una ineludibile questione: qualunque fosse stato il nuovo ordinamento non avrebbero potuto e dovuto circolare ancora a lungo e così liberamente.

Questa mission di normalizzazione poté contare sul supporto di massa, rappresentato dalla vasta struttura organizzativa dei partiti del CLN (a quell’epoca PSI e PCI contavano complessivamente oltre 40.000 iscritti), dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, dalle istanze Associative collegate all’eredità delle Brigate combattenti.

Fu istituito l’“Attestato Alexander”, prerogativa dei partigiani e patrioti, impegnati nell’insurrezione, contestualmente ad un premio di smobilitazione di Lire 5.000 (corrispondenti all’incirca a 100 euro attuali) contestuale, appunto, alla consegna delle armi all’autorità militare alleata, coordinata in Lombardia dal preposto Commissario, capo della V Armata.

Il “Certificato al Patriota” (di Mario Coppetti, che viene integralmente riportato in altra parte della pubblicazione – n.d.a.) recava solennemente “Nel nome dei governi e dei popoli delle Nazioni Unite, ringraziamo (n.c.) di aver combattuto il nemico sui campi di battaglia, militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà, svolgendo operazioni offensive, compiendo atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari.

Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande causa di tutti gli uomini liberi.

Nell’Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l’onore e la libertà.

Maresciallo H.R. Alexander – Comandante Supremo Alleato delle forze nel Mediterraneo Centrale (che, per inciso, nell’inverno 1944-45 aveva esortato quei patrioti al rompete le righe della Resistenza – n.d.a.)

Controfirmato da:

Ten. Stefano Corbani -  Capo della Banda (Brigate Matteotti – n.d.a.)

Major AUS John Lund Ufficiale Alleato” (Commissario a livello provinciale dell’AMG – n.d.a.)

All’attestato Alexander i socialisti avevano, non si sa se aggiunto o contrapposto, comunque istituito, un attestato di benemerenza per meriti  resistenziali.

Della cui istruttoria, rigorosa da quanto si può dedurre dalla circolare emanata dalla Federazione a mezzo Eco del Popolo e dissuasiva nei confronti di eventuali imbucati, furono incaricati i comandanti delle SAP matteottine ed i segretari di sezione.

Ecco, per farla breve, una spiegazione altamente verosimile delle finalità e delle dinamiche con cui fu fatta la ricognizione analitica di quanti avevano servito la Resistenza nelle file matteottine.

Sull’attendibilità scientifica di tale ricognizione non impegniamo il nostro rating; come, d’altro lato, non l’impegnarono prima di noi gli incaricati delle registrazioni. Se è vero, come è vero, che quel misto, diciamo, di autocertificazione e di segnalazioni da dei referenti territoriali fu sottoposto (vedi le severe esclusioni operate con tanto di matita blu su molte schede) a filtro.

L’Eco del Popolo pubblica in allegato la versione informatizzata degli elenchi (da cui sono stati esclusi i casi controversi). Le schede originali sono, si ripete, depositate all’Archivio dello Stato.

A deporre su un’ampia affidabilità del censimento resta il fatto che le schede territoriali vengono aperte dalla registrazione dei vertici della Raggruppamento.

Per fare un esempio, a Cremona con Piero Pressinotti, Angelo Majori, Stefano Corbani, Emilio Zanoni, Gino Rossini, Mario Coppetti, Carlo Rossignoli, Comunardo Boldori, per citarne solo alcuni,  che avevano costituito l’ossatura ed il vertice di quell’organizzazione politico-militare.

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Negli allegato troverai ulteriori e puntuali riferimenti.

 

 

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