Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 07.02

La parola ‘cattiveria’ nello sport non ha nessun senso e soprattutto non serve. FAUSTO CAPELLINI ( CREMONA)

Mi si perdoni , ma la cattiveria è cattiveria, che sia agonistica, politica, aziendale.... è sempre cattiveria. La cattiveria, dice il vocabolario, «è una attitudine ad offendere, a far del male e recar danno al prossimo è un atto provocato da malignità o malanimo» e così via.

| Scritto da Redazione
La parola ‘cattiveria’ nello sport non ha nessun senso e soprattutto non serve. FAUSTO CAPELLINI ( CREMONA)

La parola ‘cattiveria’ nello sport non ha nessun senso e soprattutto non serve. FAUSTO CAPELLINI ( CREMONA)

Mi si perdoni , ma la cattiveria è cattiveria, che sia agonistica, politica, aziendale.... è sempre cattiveria. La cattiveria, dice il vocabolario, «è una attitudine ad offendere, a far del male e recar danno al prossimo è un atto provocato da malignità o malanimo» e così via.

Non voglio entrare nel merito dei fatti recentemente accaduti fuori e dentro lo stadio Meazza di Milano anche perché sono già in atto una serie di discussioni sul come..., perché... e sul dopo....., mi limito solo a fare alcune riflessioni che, apparentemente partono da lontano, da molto lontano ma che in qualche misura sono inevitabilmente legate ai comportamenti più o meno violenti delle persone.

Ogni qualvolta assisto ad una tavola rotonda televisiva di un dopo partita calcistico c'è sempre qualche addetto ai lavori, sia esso commentatore, giornalista , o uno stesso giocatore che, per giustificare o meno una sconfitta o una vittoria tira in ballo la parola cattiveria. «Il giocatore non è stato sufficientemente cattivo, la squadra manca di cattiveria , bisogna essere più cattivi, si vince con la necessaria cattiveria», eccetera.

Mi si perdoni , ma la cattiveria è cattiveria, che sia agonistica, politica, aziendale.... è sempre cattiveria. La cattiveria, dice il vocabolario, «è una attitudine ad offendere, a far del male e recar danno al prossimo è un atto provocato da malignità o malanimo» e così via.

In questi termini, l'oggetto e l’obiettivo della cattiveria risultano l’avversario, la squadra avversaria con i suoi giocatori.

Nel calcio, come nello sport in generale, sarebbe buona cosa dire le cose come in realtà dovrebbero essere sostituendo il termine cattiveria con «determinazione, tenacia, forza, energia, spirito di sacrificio, abnegazione» che indicano chiaramente come l’oggetto e l’obiettivo non siano le persone alle quali recare danno, ma riguardano agli atteggiamenti positivi da tenere in campo, per se stessi, per la conquista della palla, per affrontare meglio una azione di gioco o le situazioni generali della partita. Credo ci sia una belladifferenza.

Cosa c’entra la cattiveria? Tuttavia ormai anche nei campi di provincia si sentono spesso genitori, allenatori, urlare frasi del tipo: «Devi essere più cattivo, così non va bene, dovete metterci più cattiveria». Ma quale cattiveria?

Se le parole hanno un senso e se, come dicono ripetutamente gli psicologi e gli studiosi del comportamento, la violenza inizia a prendere forma dalle espressioni verbali che piano piano, aumentando la loro forza, possono sfociare anche in comportamenti di offese e violenza fisica, allora dobbiamo davvero cambiare le nostre abitudini espressive orientarci ad un uso più corretto , giusto ed etico di certi vocaboli.

Allora saremo noi genitori, educatori, insegnanti, allenatori che consiglieremo ai nostri ragazzi di affrontare le situazioni sportive e della vita in generale con maggior forza, maggior energia con determinazione, tenacia, ma mai con quella cattiveria che ci mette un attimo a trasformarsi in comportamenti lesivi verso gli altri.

La parola ‘cattiveria’ nello sport non ha nessun senso e soprattutto non serve.

Dobbiamo accogliere e promuovere l’idea che gli obiettivi verso i quali orientare i nostri comportamenti sono i miglioramenti di noi stessi, gli oggetti del contendere (nel calcio è la palla), le situazioni problematiche che di volta in volta si presentano nello sport come nella vita, abbandonando il pensiero che si debba usare la cattiveria nei confronti delle persone per prevalere ma utilizzare altri valori per portare a casa un risultato.

Credo che si possa costruire una cultura diversa e più orientata ai veri valori sportivi iniziando proprio da questo semplicissimo concetto etico: attribuire alle parole il loro vero significato per farle diventare patrimonio comune pronunciandole spesso a scapito di pericolose storture.

Sono dunque del parere che solo l’appropriarsi dei significati veri dei valori e l’educazione all’uso degli stessi fatta da subito, iniziata in famiglia prima ancora che sui campi o nelle palestre potrà portare ad un cambiamento radicale ma estremamente positivo nelle menti e negli atteggiamenti di coloro che a qualunque titolo si occupano di sport.

Un tenace e convinto sostenitore dell’educazione sempre.

FAUSTO CAPELLINI ( CREMONA)

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