Lunedì, 29 aprile 2024 - ore 00.18

Latte, così il Parmigiano Reggiano combatte l’‘Italian sounding’ negli Stati Uniti

Riceviamo e trasmettiamo dall’Osservatorio Agri&Food di CremonaFiere

| Scritto da Redazione
Latte, così il Parmigiano Reggiano combatte l’‘Italian sounding’ negli Stati Uniti

Il Consorzio del Parmigiano Reggiano alza il tiro nella lotta all’Italian sounding aperta con gli Stati Uniti e oggetto anche dei negoziati TTIP tra Unione Europea e Stati Uniti. Lo si apprende da un comunicato emesso nei giorni scorsi dall’ente di tutela del Re dei Formaggi italiani. Dopo aver denunciato alla Commissione europea un fenomeno che colpisce il Parmigiano Reggiano con 100 mila tonnellate di prodotti venduti negli Stati Uniti con il termine Parmesan, si legge nella nota, e in confezioni che palesemente richiamano l’Italia, il Consorzio mette ora sul piatto gli esiti di una ricerca sviluppata da Aicod che oltre al danno per i produttori italiani evidenzia la situazione ingannevole che pesa sui consumatori americani. I dati emersi dalla ricerca non lasciano dubbi. Per il 66% dei consumatori statunitensi il termine Parmesan non è affatto generico come sostengono invece le industrie casearie americane, ma identifica un formaggio duro con una precisa provenienza geografica che il 90% degli intervistati indica senza alcun dubbio nell’Italia.

«Abbiamo mostrato alle persone intervistate due confezioni di Parmesan statunitense», ha spiegato il direttore del Consorzio, Riccardo Deserti, «di cui una senza richiami all’Italia e l’altra caratterizzata da evidenti richiami al tricolore. Già nel primo caso il 38% dei consumatori ha indicato il prodotto come formaggio di provenienza italiana, ma la situazione è apparsa ancora più grave di fronte alla confezione caratterizzata da elementi Italian sounding, come ad esempio la bandiera tricolore o monumenti e opere d’arte italiane: in questo caso il 67% degli acquirenti americani è convinto di trovarsi di fronte a un autentico prodotto italiano».

«Un inganno», ha sottolineato Giuseppe Alai, Presidente del Consorzio, «che negli Stati Uniti colpisce decine di milioni di consumatori e che costituisce un grave pregiudizio all’incremento delle nostre esportazioni e, conseguentemente, un danno palese anche per i nostri produttori». Le cifre non ammettono repliche. Gli Stati Uniti si collocano al terzo posto dopo la Germania e la Francia nella classifica delle esportazioni di Parmigiano Reggiano. Negli States, infatti, nel 2014 sono giunte 6.597 tonnellate di prodotto corrispondenti al 17,8% delle esportazioni complessive. Nei primi 8 mesi del 2015 si è registrato un incremento del 28,8% ed è proprio questo flusso in crescita che potrebbe letteralmente esplodere se venisse quantomeno ridotta la quantità di formaggio statunitense che si richiama esplicitamente all’Italia.

«La battaglia aperta in sede di negoziati TTIP», afferma Alai, «non sarà certo facile perché quelle 100 mila tonnellate di prodotto che circolano negli Stati Uniti sono irregolari alla luce della legislazione europea sulle denominazioni di origine protetta, ma non vengono ancora considerate tali dall’industria e dalla normativa americana. Una delle strade da percorrere per sconfiggere il prodotto che si richiama al Parmigiano Reggiano e all’Italia potrebbe essere proprio questa ricerca che a inizio 2016 presenteremo a Bruxelles e che dimostra inequivocabilmente come i consumatori americani vengano tratti in inganno da pratiche che si traducono in un palese danno per i nostri produttori, titolari della denominazione più contraffatta, imitata ed evocata nelle denominazioni che circolano negli Stati Uniti», conclude Alai.

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