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Magnoli Titta (PD).il 5 novembre tutti a Roma

| Scritto da Redazione
Magnoli Titta (PD).il 5 novembre tutti a Roma

Pubblichiamo l'intera relazione di Magnoli Titta all' Assemblea Provinciale 12 settembre 2011.
*I fattoidi. *Norman Mailer, geniale scrittore americano, ha coniato un
termine che nella scienza della comunicazione ha avuto grande fortuna,
diventando un vocabolo imprescindibile nella lettura della realtà. Questa
parola è *fattoide*, in netta e comprensibile contrapposizione con *fatto*.

Faccio un esempio di attualità per farmi capire. Un fattoide è che le
centrali nucleari sono “ormai supersicure”. Un fatto è l’incidente di oggi
in una centrale nucleare nei pressi di Avignone (242 km dall’Italia) che ci
dice altro.

Un fatto è quindi un evento realmente accaduto. Un fattoide è qualcosa che
non esisteva in quella forma prima di essere raccontato da un mezzo di
comunicazione. Un *reality show *è un fattoide della vita. Non è
necessariamente qualcosa d’inventato, ma anche d’inconsistente che, una
volta creato e amplificato, nutrito e coccolato, diventa una realtà.

Perché nella scienza della comunicazione un caposaldo fondamentale è
l’enunciato che “non importa ciò che è vero, ma ciò che è creduto vero”. Per
cui la realtà si intreccia con la finzione, e la finzione prende corpo
divenendo una ipotesi realistica. Spesso il tutto si sgonfia, ma ancora più
spesso resta come convinzione di fondo difficilmente estirpabile.

Purtroppo la politica ha imparato a nutrirsi di fattoidi più che di fatti.

Ne abbiamo avuto un esempio preclaro con questa manovra finanziaria, che ha
agitato il dibattito pubblico con annunci e controannunci lasciando
disorientati i cittadini che oggi non sanno ben dire cosa contiene davvero
la legge che è in Parlamento in queste ore.

Credo che nella gara a inseguire i fattoidi, la politica perda il maggior
terreno nel suo rapporto con le persone, dando quella impressione dolciastra
che neppure il politico sa bene ciò di cui sta parlando. Questo avviene
perché il dibattito è alimentato sulle dichiarazioni e contro dichiarazioni
sui giornali, il che fa perdere ogni pur labile legame con i fatti.

Faccio un esempio concreto e attuale: il dibattito pubblico cremonese parla
di ipotesi politiche che alla fine diventano oggetto di discussione. Il
tutto senza che ci sia nulla di concreto, una sorta di ballon d’essai che
viene gettato nell’arena per vedere, di nascosto come dice Jannacci,
l’effetto che fa. Si parla di una lista civica che però fa riferimento al
Partito Popolare Europeo. Come dire civica ma chiaramente ancorata a una
famiglia politica europea, e per questo per nulla trasversale, come viene
dichiarato. Per cui, mi verrebbe da dire, per nulla civica.

Ma parliamo di noi.

E’ un fatto che in un partito politico ci possano essere visioni diverse,
modi differenti di valutare le situazioni; è un fattoide che al nostro
interno ci sia una guerra di tutti contro tutti. E soprattutto, lasciatemelo
dire per fatto personale prima, e politico poi, che ci sia alcuna forma di
dualismo fra me e Luciano Pizzetti. Capisco che raccontare la storia per
grandi scontri dia alla vicenda un po’ di sale che va oltre le nostre umili
figure, ma chi crede ciò è totalmente fuoristrada. Questo è uno splendido
fattoide, al quale poi qualcuno può finire di credere (ma non certo i
protagonisti).

E’ importante per me sgombrare il campo da questa narrazione, per quello che
può essere il mio contributo. Perché è ovvio che si voglia costruire il
fattoide di un partito in cui si continua a litigare. Ma così, onestamente,
non è.

Noi possiamo constatare ogni giorno che non è così ma purtroppo così appare,
alla fine, a chi ci guarda da lontano. Una sensazione purtroppo alimentata
anche da alcuni atteggiamenti irresponsabili in un’ottica di lealtà verso un
partito politico qual siamo. Perchè, anche se non va più molto di moda in
qualche salotto, un partito è pur sempre un organismo previsto dalla nostra
carta costituzionale. E l’ultima esperienza di soppressione dei partiti,
come agognato da alcuni, non è ascrivibile alle pagine migliori della storia
italiana.

Per cui, prima di tutto, il mio invito ad ognuno di noi è quello di fare lo
sforzo di districarsi fra fatti e fattoidi, e, nel dubbio, di verificare
direttamente alla fonte, se esistono dei dubbi. Basta un sms, una mail o una
telefonata. Perché se no rischiamo di venire travolti dalla distanza che
mette la comunicazione, quando siamo tutti a portata di mano, pronti a
risponderci e a parlarci come si addice a persone serie. Ogni altro
comportamento lo considererò da oggi in cattiva fede, per cui non degno di
risposta.

Questo al netto dell’importante ruolo che svolgono ogni giorno i mezzi di
comunicazione e della serietà dei giornalisti. Non è “colpa dei giornali”,
come si ama ripetere, ma è colpa dei singoli individui se non si attengomo
ad elementari principi di convivenza civile. Prima di chiedere una cosa in
pubblico sarebbe utile prima tentare di chiederla in privato.

So che parlo del male della politica a tutti i livelli e non ho alcuna
speranza di porre rimedio all’inevitabile, ma un richiamo alla sobrietà mi
sembra fondamentale in premessa per evitare che lo smarrimento prevalga nei
nostri militanti ed elettori.

L’impegno deve essere quello di parlare di fatti, tragici e concreti come la
crisi che tormenta le famiglie, o la condizione delle finanze dei comuni o
degli enti pubblici, o l’autorizzazione di una discarica di amianto.

Così la politica ritroverà ascolto nelle persone.

Da parte mia, e faccio un’annotazione personale in risposta anche a chi mi
sollecita tante volte, c’è una allergia marcata per i fattoidi, per i
discorsi privi di un fondamento politico, per la chiacchiera pettegola. E
anche se il dibattito pubblico tenderà a portarci su quello, io cercherò di
non rispondere. E se qualcuno sarà roso dalla curiosità di sapere cosa ne
penso del tal argomento, sappia che può facilmente raggiungermi ed avere, in
presa diretta, la versione dei fatti. Non c’è bisogno di tirarmi in ballo su
un giornale.

*La vicenda Penati. *Dal 20 di luglio è pubblica una inchiesta della
Magistratura di Monza su vicende che coinvolgono l’ex presidente della
Provincia di Milano e candidato alla presidenza della Regione Filippo
Penati. Non è il luogo per ribadire i passi fatti dal partito non tanto per
mostrare una diversità etica, che non esiste, ma una diversità di approccio
a questi eventi. Nei tempi si è riusciti a distinguere la vicenda del
partito dalla vicenda personale dell’indagato, mantenendo un profilo di
garanzia reciproca. Credo sia un comportamento che vada sottolineato, anche
a motivo di orgoglio e pensando a quanto accade in altre formazioni
politiche.

Sulla discussione che seguirà queste contestazioni, a partire dalla vicenda
Milano Serravalle, credo sia necessario affrontare politicamente un
dibattito solo in presenza di fatti certi e, almeno, di un ipotetico rinvio
a giudizio. Parlarne ora, sempre senza carte in mano e basandosi su
fattoidi, credo non ci porterebbe da nessuna parte.

Resta comunque il tema dell’uso politico che si sta facendo della vicenda.

*La fine di un’era politica. *Non sarà oggi, non sarà domani, ma appare
chiaro che si avvicina la fine naturale di una lunga epoca politica come
quella che ha visto Silvio Berlusconi protagonista dal 1994. Appare
altrettanto chiaro che si voglia, con la fine dell’era berlusconiana, la
fine di un intero sistema politico. Una sorta di *cupio dissolvi* che
cancelli tutto l’esistente nel quadro politico italiano. Per essere
espliciti, la convinzione di molti e importanti commentatori è che sotto le
macerie del berlusconismo dovrà morire anche il Patito Democratico e il
quadro politico come lo abbiamo conosciuto in questi anni. In questo senso
le sirene del disastro non suonano solo a destra ma anche all’interno del
centro sinistra. Credo che questo sia un tema che vada affrontato
seriamente, facendo un’analisi collettiva seria. Non tanto sul senso dei
partiti (se no ricominciamo tutte le volte da Adamo ed Eva) ma sulla
mitizzazione che oggi viene avanti del movimentismo.

Il mio timore è che, camuffato da partecipazione e movimento, non si ricada
nelle braccia del leaderismo, dell’uomo solo al comando, che credo sia la
vera scoria radioattiva che il berlusconismo ci lascerà in eredità. Faccio
un esempio, forse al momento controcorrente. La mitizzazione, raccontata
scrupolosamente da Concita de Gregorio su Repubblica ogni giorno, dell’uomo
solo al comando, del sindaco che da solo vince, contro tutto e tutti, credo
non restituisca la corretta relazione politica di ciò che è accaduto a
Milano; dove quasi il 60% dei voti serviti per l’elezione di Pisapia sono
arrivati dal simbolo del Partito Democratico, che ora viene dipinto come un
ostacolo più che come una risorsa. Non parliamo di Napoli, il cui sindaco si
è permesso parole durissime nei confronti del nostro partito. Credo che
questo sia un punto di riflessione che in vista della conferenza
organizzativa del Partito dobbiamo porci. Anche perché noi stiamo impostando
il nostro lavoro in completa controtendenza. Non crediamo negli uomini soli
al comando, ma nella forza di un collettivo, sintetizzabile nel famoso
adagio che tre teste pensano meglio di una sola.

Ovviamente continuo a parlare di questioni nazionali ma tutto è riportabile
al *particulare* nostro in pochi passaggi…

*I referendum, i comitati, la richiesta di partecipazione. *Ma come possiamo
affrontare questo dibattito? Non credo certo chiudendoci a riccio in un
orgoglio di partito fuori dal tempo e dalle mode (anche se, lo confesso,
questa malattia un po’ mi affligge). Occorre riconoscere che spesso non
siamo pronti ad una mediazione fra la forma di discussione politica alla
quale siamo stati abituati nelle nostre storie e l’apertura vera e reale.

Ci bastano le regole statutarie che ci siamo dati? No. E lo sottolinea una
persona che crede che lo statuto del Pd sia un punto molto avanzato nel
patrimonio politico italiano. Vi cito solo un articolo che cerco sempre di
seguire ma che, alla luce del clima di antipolitica o di disinteresse, mi
sembra ogni giorno più velleitario.

*Articolo 1, comma 10.* “Il Partito Democratico promuove la circolazione
delle idee e delle opinioni, l’elaborazione collettiva degli indirizzi
politico?programmatici, la formazione di sintesi condivise, la crescita di
competenze e capacità di direzione politica, anche attraverso momenti di
studio e di formazione”.

Ma in cuor nostro sappiamo, ad esempio, che parole come “direzione
politica”, ormai sono prive di un significato proprio. Lo dico parlando di
una funzione che è propria del segretario per non offendere nessuno. Ma
anche altri lavori appaiono improbi, anche se su tutti ci applichiamo con
metodo e serietà.

Con l’onestà intellettuale che cerco di coltivare vi dico che se fossi
convinto che ho delle colpe in ciò, mi dimetterei oggi stesso. Ma purtroppo
constato che questa difficoltà è cronica dall’ultimo (dimensionalmente) dei
circoli, alla segreteria nazionale.

Oggi, ad esempio, mi è stato chiesto di parlare del referendum elettorale.
Ma io non entro nel tema specifico, io non firmerò, ma voglio sottolineare
che a fine di luglio la direzione nazionale ha sancito la nostra proposta di
legge elettorale e che oggi i nostri telefoni sono roventi perché c’è
domanda di moduli per firmare. Firmare contro, evidentemente. Questo è un
altro esempio in cui il termine “direzione politica” mi ballonzola nella
testa.

Sappiamo quindi che un comitato di scopo può spazzare via mesi di lavoro di
elaborazione collettiva, che un’onda emotiva riazzera ogni sforzo di
costruzione di una politica. Questo non vuole essere un urlo di dolore, ma
una presa d’atto su cui aprire il dibattito. Non dobbiamo, credo, né
inseguire l’ultimo comitato perché raccoglie più di cento firme ma nemmeno
sperare di tappare la falla con un dito. Cioè non possiamo arroccarci
neppure in atteggiamenti snobistici dicendo che la via dei comitati è
sbagliata. Perché è comunque una forma di partecipazione diretta e nobile
che va rispettata. Se no ci resta solo la disperazione dell’antipolitica. Se
l’era dei Pisapia è cominciata (cito lui perché mi sembra un ottimo esempio:
politico navigato che diviene nuovo e impolitico) credo che non possiamo
rimanere indifferenti a questa analisi.

*Cosa ci insegna il caos cremonese. *Non sfuggo alla parte divertente della
serata. Divertente perché la crisi che stanno attraversando il comune di
Cremona e di Crema ha del divertente. Scene da commedia Goldoniana, condite
da parole in libertà, litigi, insulti sul piano personale, scene da film con
riunioni alla Capannina di Forte dei Marmi (che non fa molto crisi
economica, quanto Cremona da bere) in presenza di imprenditori che hanno
innumerevoli appalti con l’amministrazione comunale e uomini delle aziende
che fino a ieri ci venivano venduti come gran tecnici della società civile e
che oggi vanno a una riunione di un partito che non dovrebbe più esistere.

Abbiamo poi un presidente della Provincia che si esercita nel gioco
dell’estate delle alleanze territoriali cercando, vecchia passione della
destra, persino uno sbocco al mare e che intanto accelera sulla società
provinciale dell’acqua. Come dire: prima facciamo la società di gestione
provinciale poi aboliamo la provincia e rifacciamo tutto.

Sul sindaco di Crema c’è poco da dire, se non che alcuni episodi degli
ultimi giorni lasciano particolarmente perplessi, come quello avvenuto ad un
banchetto di raccolta firme. Si è manifestata la stessa tensione avvenuta
anche a Cremona a un banchetto della Lega.

Insomma l’immagine è di una politica fuori di testa.

Non solo lontana dai problemi della gente, ma realmente popolata da matti.
Ecco, un piccolo sogno che coltivo, è quello di non finire in quel
tritatutto, di schivare ogni tentazione di “tutta un erba, un fascio”, e
distinguere un profilo politico serio e concreto. Dialogante ma anche deciso
e con le idee chiare. Su questa strada credo che si debba tornare, su alcuni
temi, a trovare una posizione comune con dei documenti studiati da piccole
commissioni e votati dall’assemblea. Nel rispetto e nella garanzia di chi la
pensa diversamente.

Ma con la possibilità di dire: “cosa dice il Pd su questo tema?”. Ecco,
leggiti questo. Credo sia un utile esercizio, che abbia radici antiche e che
vada riattualizzato. Si può partire su alcuni temi già oggetto di
discussione in questi giorni.

*Ridare centralità alla politica come processo collettivo. *Credo che
questo, fatta sempre salva l’analisi sul momento politico generale (Pisapia,
movimenti, etc), sia un modo serio di ridare centralità all’azione politica
organizzata. Una dimostrazione concreta che i partiti sono abitati da
persone serie che spendono ore della propria vita per cercare soluzioni
collettive. Credo che la politica debba fare questo sforzo per riprendersi
una centralità che oggi non ha più. E’ l’antidoto per combattere i poteri di
supplenza, quei famosi centri di potere che pensano di determinare a
tavolino chi fa il sindaco e di bastonare (metaforicamente, mi raccomando)
chi non segue i loro preziosi consigli. Occorre uno sforzo per dimostrare
che la politica è qualcosa di serio, che il consenso non è un lascito
personale ma è frutto di un progetto politico. Occorre dimostrare che
abbiamo una spina dorsale che si basa su ideali e voglia di cambiare il
mondo in cui viviamo.

*Il rinnovamento come soluzione. *Come vedete, temi di discussione non
mancano per una lunga stagione politica che ci vedrà infine impegnati sulle
elezioni di Crema che al momento sono l’obiettivo prioritario del nostro
territorio. Vincere Crema, impegnarsi per Crema, è l’impegno che qui
prendiamo tutti comprendendone la valenza non solo simbolica. Se poi dovesse
succedere qualcosa anche a Cremona, visto come sono messi, saremo pronti. Il
tutto continuando con la linea che ci impegna fin dall’inizio, cioè su un
intelligente rinnovamento, sulla capacità di dimostrare alla città che siamo
capaci di mobilitarne le forze vive senza l’ansia di essere predominanti e
soprattutto senza la velleità di alcun singolo di essere l’unico che può
dare una data soluzione.

 

Fatemi dire, anche se non è il tempo ma come traccia e promemoria, alcune
parole su come vorremmo affrontare le future scadenze elettorali.

“Noi siamo aperti ad ogni possibile convergenza con vera disponibilità, ma
siamo consapevoli del nostro ruolo, della nostra forza e delle nostre
responsabilità. Il recente e clamoroso esito delle elezioni amministrative
credo abbia ben descritto quel che intendo dire: tanto la nostra
disponibilità quanto la nostra apertura, tanto la nostra responsabilità
quanto la nostra forza”.

Queste sono le parole del segretario Pierluigi Bersani di sabato a Pesaro.
Mi fermo a queste, per ora, perché sono uno che crede ancora che la linea la
dà il segretario. Poi vedremo cosa accadrà. Per ora siamo impegnati sulla
buona riuscita delle primarie a Crema che sono ben instradate, in un clima
collaborativo e vivace. Molta carne politica sul fuoco, quindi. Ciò non ci
svierà dal lavoro organizzativo sul partito che stiamo facendo e che di
certo verrà migliorato e arricchito dalla Conferenza organizzativa
nazionale.

Chiudo con un invito: il 5 novembre tutti a Roma. Come tutti gli autunni c’è
la grande manifestazione nazionale del Pd. Che sia un segno di rilancio e
non di disperazione per l’inamovibilità di un Berlusconi che ormai non ha
più alcuna credibilità.

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