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Negativa la personalizzazione della politica E.Abeni

| Scritto da Redazione
Negativa la personalizzazione della politica E.Abeni

Mi rendo sempre di più consapevole che la mia esperienza di oltre mezzo secolo nei rapporti con la politica non mi è sufficiente a comprendere le vicende politiche attuali ed a raccapezzarmi nei loro complicati percorsi. Pierluigi Bersani – alla Festa de L’Unità – ha insistentemente indicato nella eccessiva personalizzazione una delle cause principali delle difficoltà della politica in generale (ed anche del Partito Democratico) di darsi assetti e comportamenti in grado di far fronte ai gravi ed urgenti problemi che la situazione del nostro paese  sta  evidenziando. Le cronache che appaiono sui mezzi di informazione ci danno quotidianamente conto di manovre, di spostamenti negli assetti correntizi, di ascese e discese, di conversioni e quant’altro. Molto meno ci informano circa idee che si confrontano sui grandi temi interessanti la vita italiana ed internazionale; circa progetti che garantiscano un decente futuro alla società.

Ciò perché si registra una disastrosa carenza di idee e progetti, di respiro ideale nell’ambito delle forze politiche (è difficile, quindi, informare su ciò che non c’è!). Non mi meraviglia che quello della personalizzazione sia il tratto distintivo dell’azione politica della destra, per la quale la preoccupazione - direi quasi unica, oggi – è di osannare il suo leader, esaltandone le doti taumaturgiche. Ma questa non può essere la connotazione di una politica che voglia dichiararsi di sinistra. La quale non può non mettere in campo, con determinazione, progetti che siano incardinati sui suoi valori (quelli tradizionali e quelli emergenti rispetto ai nuovi bisogni). Il sistema vigente anni fa nei paesi dell’Est europeo è fallito, con il suo carico di tragedie. Il sistema capitalistico “vincitore” (il modello unico ora imperante) si rivela sempre di più incapace di dare risposte adeguate ai problemi ed alle crisi che attraversano il mondo. Di fronte ad una tale situazione, la sinistra (non solo italiana, ovviamente) non avverte il bisogno, la responsabilità di proporre una sua idea di società, che superi positivamente l’attuale condizione? Credo che questo sia, oggi, il compito che gli spetta. Il Partito Democratico – il più grande partito della sinistra italiana – è, invece, avviluppato in una interminabile (e, perfino, surreale) discussione sulle regole interne, su interpretazioni statutarie, su una presunta esigenza primaria di definire le caratteristiche della sua leadership.

Ed anche il resto della sinistra italiana è in affanno a spostare il confronto sul terreno delle idee, mentre si richiederebbe, a mio modesto avviso, il rilancio di una battaglia ideale, a fronte di una crescente personalizzazione della politica con il carico di populismi che trascina con sé. Non si tratta di sottovalutare il ruolo, lo specifico contributo delle persone (o delle personalità, se si preferisce dirla così) nella costruzione della politica, superando – al riguardo -  anche pregiudizi del passato, volti a comprimere il ruolo dell’individuo. Ma non può essere, questo, il compito principale della politica. Enrico Berlinguer veniva eletto segretario dal Comitato Centrale – senza primarie od elezioni dirette dai congressi – ma era indiscutibile la sua autorevolezza, chiaramente emergente il suo carisma, perché la sua figura era facilmente collegabile ad idee, a proposte di largo respiro (compromesso storico, austerità, questione morale, alternativa di sinistra), che potevano essere condivise o no, ma che suscitavano dibattito, positivo confronto nel partito ed all’esterno di esso. Oggi, non sono ancora riuscito a capire quale idea di società abbia in testa – e sia, quindi, in grado di proporla – Matteo Renzi, l’astro emergente della politica. Quando si evidenzia, come un difetto, la eccessiva personalizzazione della politica, va sottolineato come tale fenomeno abbia conosciuto una straordinaria accentuazione con “l’entrata in campo”, nel 1994, di Silvio Berlusconi. Da allora, l’idea dell’uomo solo al comando, del salvatore della patria ha fatto strada (di qui anche le sempre più accentuate propensioni per il presidenzialismo).

Un’idea che ha fatto proseliti anche a sinistra, particolarmente in quella “moderata”. Ed, allora, la domanda sorge spontanea (perlomeno io me la pongo da tempo): quale incisività (e coerenza) può avere la battaglia politica contro Berlusconi (e la destra che egli rappresenta), se la sua concezione personalistica della politica prende corpo anche nell’area di chi dice di voler essere suo avversario? Tanto più, ora, in regime di larghe intese, dove le diversità stentano a connotarsi?

EVELINO ABENI

2013-07-12

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