Giovedì, 18 aprile 2024 - ore 03.50

NON SI MUORE DI BULLISMO O DI CYBERBULLISMO, si muore di ignoranza

Apertura dell’anno formativo con il libro “La prepotenza invisibile – Bulli e cyberbulli: chi sono, come difendersi” di Lorenzo Puglisi e Luciano Garofano per discutere e interrogarsi sul fenomeno e sulle soluzioni possibili.

| Scritto da Redazione
NON SI MUORE DI BULLISMO O DI CYBERBULLISMO, si muore di ignoranza

 NON SI MUORE DI BULLISMO O DI CYBERBULLISMO, si muore di ignoranza, si muore di solitudine, si muore di mancanza di spazi per giovani e adolescenti, si muore di mancanza di progettualità, si muore anche per il cattivo esempio che i ragazzi ricevono dagli adulti. Ma noi possiamo fare qualcosa a riguardo.” Con queste le parole la Professoressa Vincenza Palmieri, Presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare (INPEF) ha introdotto il seminario “Bullismo e cyberbullismo: opinioni a confronto” organizzato oggi a Roma per inaugurare l’anno formativo 2016/2017 dell’INPEF. “I nostri figli vengono educati dalla televisione, dal mister sul campo di calcio, dall'oratorio, dai giornali: è una società prepotente e la prepotenza è un modello, basti pensare all'esempio dei nostri politici… A lungo termine, dobbiamo considerare le politiche giovanili e per la famiglia. Spazi ed opportunità. L'adolescenza è uno spazio vuoto dove può entrare chiunque. I nostri ragazzi adolescenti sono carta velina che appare carta vetrata.”







Quest’iniziativa dell’INPEF era calendarizzata da tempo e non nasce sull’onda dell’emozione suscitata dai più recenti casi di cronaca, perché l’Istituto affronta questi temi periodicamente, secondo le categorie della Pedagogia Familiare, nell’ambito di iniziative culturali e percorsi formativi riservati ad operatori giuridici e psicosociali, al personale scolastico, ma anche a genitori ed educatori che vogliano comprendere i mutamenti in atto nell’universo giovanile.

Cuore dell’evento è stata la presentazione del volume “La prepotenza invisibile – Bulli e cyberbulli: chi sono, come difendersi” di Lorenzo Puglisi e Luciano Garofano, edito dalla casa editrice Infinito di Modena. Il libro è stato presentato dal Generale Garofano, docente Inpef all’interno del master in ‘Criminologia criminalistica, investigazione e psicologia giuridica’: “Ho scritto questo libro pensando a mia figlia. I ragazzi sono protagonisti, hanno bisogno di essere protagonisti, di togliere lacci e legacci. Noi regaliamo il cellulare senza spiegare, glielo lasciamo usare da soli. Come ho scritto nel libro: va creato il senso del NOI: i ragazzi capiscono i rischi se glieli spieghi e se gli dai strumenti per la conoscenza del sé integrale: corpo, mente, spirito, emozioni.”

Secondo Stefania Petrera, pedagogista e giudice onorario nella Corte d’Appello di Roma, nonché Responsabile per le Relazioni Istituzionali INPEF che ha curato anche la parte laboratoriale del seminario dal titolo «Gli interventi di prevenzione e di contrasto del bullismo e del cyberbullismo nei contesti dell’educazione formale, informale e non formale»“Solo dalla conoscenza diretta del contesto è possibile pervenire all’identificazione delle soluzioni migliori nell’affrontare o prevenire fenomeni di bullismo e/o cyber bullismo. Diventa molto difficile fare gli interventi di prevenzione. Viene anche sottovalutata la carenza di attività educativa da parte degli adulti nell’ambito delle nuove tecnologie. Bisogna intervenire con la consapevolezza dei mezzi che si utilizzano e una reale alfabetizzazione digitale. La velocità di accesso all’informazione e la possibilità di comunicare in forma così interattiva spesso falsa la situazione: il mondo virtuale è fortemente reale, la morte di Tiziana è stata reale.”

Per Gianfranco Noferi, componente del Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori e vice direttore di Rai Ragazzi: “Nelle fiction televisive non si capisce qual è il ruolo genitoriale. I media hanno un ruolo importante. Oggi viviamo un’emergenza educativa, ma chi educa i nostri figli? Gran parte dell’educazione sessuale dipende da quello che vedono su Internet senza controllo. Si cerca di creare un ‘giardino protetto’ e invece i giovani finiscono nell’oceano e questo oceano è pieno di squali. In questo campo i genitori devono essere educati per primi. La soluzione è l'educazione ai media o media education, cioè la formazione delle capacità di utilizzare opportunamente i mezzi di comunicazione di massa. I ragazzi devono riprendere in mano la loro educazione. Oggi l’industria 4.0 è il futuro, il vero problema è quello del lavoro. I giovani che non hanno prospettive cosa pensano? Non perdiamo tempo. Diamo fiducia ai ragazzi. Sviluppiamo le competenze.”

L’intervento di Stefano delle Cave, Videomaker, Direttore di C.N.O. Webtv, si è incentrato sulla responsabilità della stampa: “I giornalisti devono seguire un codice molto rigido. Il bullismo è un fenomeno che riguarda tutte le classi sociali e la scuola dovrebbe essere il primo mass media. Nelle nostre scuole si dovrebbe imparare l’educazione sociale.”

In sintesi, dal seminario è emerso un messaggio importante: la necessita di risposte, anche immediate, ma soprattutto strutturali e di lungo periodo.

A breve possiamo formarci, informarci, conoscere, capire, individuare, e proteggere le vittime, troppo fragili per farcela da soli; leggendo anche dei buoni libri come il libro presentato oggi. A medio termine si può iniziare a progettare e collaborare con tutte le istituzioni che se ne occupano: la scuola in primis, ma anche il quartiere, il condominio.

Ma il fenomeno va affrontato strutturalmente e integralmente. Nel lungo periodo i genitori hanno le loro grandi responsabilità, ma non devono essere lasciati soli. I nostri ragazzi non sono educati solo dai genitori. È indispensabile che nella scuola si instaurino pratiche didattiche efficaci che permettano di sconfiggere il fenomeno dell’abbandono scolastico e che diano un futuro e uno sbocco lavorativo ai nostri giovani. Ed è importante la formazione dei giovani all’accoglienza dell’altro e del diverso.

Serve una scuola in grado di accettare questa sfida. Servono politiche giovanili di integrazione: centri di accoglienza e di aggregazione, associazioni sportive e di intrattenimento dove gli adolescenti possano ritrovarsi. I giovani necessitano di modelli positivi ma anche di luoghi e percorsi concreti. Altrimenti il giovane è solo e fa da sé, e in questo spazio vuoto può entrare chiunque.

La Redazione INPEF

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