Martedì, 10 dicembre 2024 - ore 19.35

NORMA DI V.BELLINI INAUGURA LA STAGIONE D'OPERA DEL TEATRO PONCHIELLI DI CREMONA

| Scritto da Redazione
NORMA DI V.BELLINI INAUGURA LA STAGIONE D'OPERA DEL TEATRO PONCHIELLI DI CREMONA

Inaugura la Stagione d’Opera del Teatro Ponchielli il 7 ottobre ore 20.00 (replica il 9 ottobre ore 15.30) con un titolo assente dal palcoscenico cittadino dal 2009, Norma, dramma musicato da Vincenzo Bellini, in cui gli affari di cuore della Sacerdotessa dei Druidi si scontrano con quelli della politica. L’ira, la disperazione, il bisogno di vendetta e poi la commozione, il senso dell’amicizia, la speranza e il furore si traducono in pagine musicali di altissima bellezza.

La direzione è affidata al giovane e talentuoso Alessandro Bonato, direttore principale della FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana, il più giovane a ricoprire tale ruolo nelle tredici Istituzioni Concertistico Orchestrali Italiane, mentre la regia è di Elena Barbalich, regista di origine veneziana che ha raccolto ampi apprezzamenti per i suoi lavori, tra cui un Macbeth, realizzato per OperaLombardia nel 2019.

“La donna è di solito piena di paura, e inadatta alla lotta e repugna alla vista di un’arma; ma se offesa nei suoi diritti di sposa, non c’è altro cuore più del suo assetato di sangue.”

                                                                          Euripide, Medea

Nell’affrontare la creazione della messinscena di Norma, ho individuato nell’opera un possibile 

punto di passaggio, che trasporta l’opera dalla dimensione classica a quella romantica, dove il rogo finale rappresenterebbe un punto di non ritorno. Il dato notevole risulta la data: 1831. Il melodramma di Bellini sembra quasi concentrarsi su di un passaggio significativo, quello che fa confluire un mondo ancora legato al gusto neoclassico in una dimensione a mio avviso potentemente romantica. 

Temi, caratteri, stili apparentemente antitetici, trovano in quest’opera la loro collocazione perfetta nell’assunto drammaturgico in cui una popolazione celtica, i galli, si trova dominata dalla colonizzazione romana. In questo contesto i due protagonisti Norma e Pollione, appartenenti alle due gens nemiche, si uniscono in una relazione dal carattere estremamente passionale e tormentato. 

Interessante è la fonte di derivazione: Norma ou l’infanticide di Soumet, tragedia dalle tinte foschissime, in cui la protagonista è sempre descritta con gli occhi sbarrati in uno stato di perenne concitazione che alla fine la condurrà alla pazzia e all’infanticidio. Norma è quindi una sorta di Baccante, una furiosa Medea, apparentemente diversa dal carattere del personaggio di Bellini che, in linea con Felice Romani, voleva stemperare i toni fortemente chiaroscurali di Soumet. In realtà, ad un più attento ascolto e ad una più oculata analisi del personaggio, mi è parsa evidente la forza prorompente del carattere della sacerdotessa, in tutte le innumerevoli sfaccettature delle sue reazioni emotive e in tutte le sfumature dei suoi stati psichici.  Il personaggio sembra ardere in una condizione di tormento costante, eccezione fatta per il momento sacrale e celebrativo di Casta Diva, quando, investita dal suo ruolo di sacerdotessa druidica, sembra pararsi in una dimensione di iconica compostezza. Non è un caso che si tratti della prima apparizione del personaggio, che già nella cabaletta contraddice il carattere appena scolpito classicamente in un’immagine di immobile ed imperitura bellezza. Norma è peccatrice, vendicativa, tradita e traditrice, madre fedifraga ed eccessiva in tutte le sue manifestazioni. Sembra del tutto imprevedibile e tutta la tensione del dramma è determinata dall’oscillazione tra i suoi propositi spesso nefasti e le sue azioni reali. 

Il personaggio è sempre infatti sospeso sull’abisso del colpo di scena, che alla fine invece verrà attuato inaspettatamente da Pollione, tenore antieroico e per questo anomalo nel panorama operistico del tempo. Trovo quindi appassionante il modo in cui Bellini, sempre strenuamente fedele alla ricerca della bellezza della scrittura vocale, riesce ad innervare tutta l’opera di un fuoco di passioni brucianti, che non a caso conflagreranno nel rogo finale, in cui anche il seduttore nemico e tutto il suo mondo verranno divorati. 

Di fatto Norma è un’opera quasi intimistica, concentrata su scene densissime a due o a tre, dove si creano situazioni di grande intensità emotiva, per cui Felice Romani denominava l’opera “tragedia lirica”. Sembra quindi interessante l’assonanza del dramma con le forti tinte di antiche tragedie quali Medea e il suo essere al contempo immersa in un’atmosfera che sembra lasciare ampio spazio all’immaginario romantico. Mi ha colpito il fatto che la vicenda si svolga nel mondo druidico, pervaso di esoterismo e di una concezione animistica della natura, a cui fa da contraltare la presenza di una dominazione romana tanto potente quanto invisibile. In effetti, nonostante la colonizzazione del territorio gallo sia un potentissimo dato di fatto dell’assunto drammaturgico, nell’opera, a parte la sparuta apparizione di Flavio che accompagna il protagonista, non c’è traccia del popolo nemico, se non attraverso efficacissimi effetti fuoriscena, come se tutto venisse percepito dall’interno delle segrete radure dove i galli si riuniscono per celebrare i loro riti magici. Ho percepito quest’assenza come un’incongruenza, memore della prima Norma in cui ho lavorato come assistente alla regia in Arena di Verona, in cui il grandissimo Herzog aveva disseminato le scalinate dell’anfiteatro di decine di coorti romane.  Spesso le contraddizioni drammaturgiche risultano stimolanti e sono proprio i controsensi a mettere sulla strada di una possibile chiave di lettura. Tornando quindi alla data e alle scelte coraggiose di Bellini per affacciarsi a nuove possibilità nel campo della composizione operistica (finendo il primo atto con un terzetto e influenzando Wagner nel finale del Tannhäuser, nonché Verdi e il   grande melodramma   italiano a venire), ho immaginato Norma come un varco, che transita l’opera in una nuova era. 

L’amore di Norma ed Adalgisa per Pollione rappresenta per me quasi una lacerante nostalgia nei confronti di una dimensione che sta scomparendo e che permane sulla scena solo in forma di simbolo totalmente svuotato, rappresentando quel mondo classico che aveva dominato con Napoleone, ma che noi ricondurremo astrattamente a possibili evocazioni di altre epoche. La presenza di Roma verrà quindi descritta attraverso una dimensione nera, piatta, ordinata che rappresenta un universo maschile contraddistinto da una linearità fredda e astratta, cercando di far sentire la presenza di quel popolo invasore come residuo di un’estetica ormai languente. L’amore di Pollione per Adalgisa sembra connotarsi emblematicamente come la predilezione verso un’armonia ancora basata sulla grazia e il decoro. A questa si contrapporrà il mondo dei druidi, una dimensione femminile lunare, organica, esoterica, misteriosa, che alla fine fagociterà l’altro mondo in un fuoco che sembra aprire lo spazio di Norma su un cosmo wagneriano di divinità e walchirie. È interessante notare quanto residui della cultura celtica si insinuino a configurare una parte consistente dell’immaginario romantico soprattutto nordico, profondendo tutto il suo fascino nella letteratura europea del tempo. Quell’immaginario deriva dalla trasformazione delle divinità celtiche nel popolo di fate, folletti, gnomi, maghi e streghe che affollano la letteratura fantastica di quel periodo. Norma si trova quindi nella mia interpretazione sul   crinale   tra   queste   due dimensioni   culturali   dell’Ottocento italiano ed europeo, passaggio che intendiamo rappresentare però attraverso la sensibilità del nostro tempo. 

Per lo spazio di Norma ho pensato anche all’importanza della maternità connessa al culto della Dea Madre (Ceridwen nella religione celtica, che tra l’altro aveva due figli e si identificava con la luna, per cui Norma in Casta Diva sembrerebbe in effetti celebrare il culto di questa divinità) e quindi all’importanza di Norma come madre. L’idea della madre è connessa anche a quella di terra e di natura. Per questo abbiamo caratterizzato il mondo dei Druidi attraverso un’istallazione che rappresenta un’entità affettiva e al contempo biologica, un’essenza incantata e impalpabile, una presenza sovrannaturale, organica, quasi viva, di cui il coro e lo stesso Oroveso sembrano un’emanazione, lungi dall’essere rappresentati come una società descritta realisticamente nella sua complessità gerarchica. Questa materia vivente respirerà con gli eventi rappresentati: un mondo indistinto e corporeo, quello delle passioni di Norma che bruceranno lo spazio rigido di Pollione spalancando il confine dell’opera sul melodramma del futuro. Importante sarà il contrasto tra le scene in cui appare la dominazione romana, come una traccia esangue di un mondo ormai morente e gli spazi adibiti al cosmo druidico, popolato da cerchi, ombre, presenze, organismi semoventi e multiformi, tutto sempre attraverso un gioco d’ombre e di riflessi al tramonto di una civiltà moritura e all’alba di una nuova era (note di regia di Elena Barbalich)

 

venerdì 7 ottobre ore 20.00

domenica 9 ottobre ore 15.30

NORMA

Opera in due atti. Musica di Vincenzo Bellini. Libretto di Felice Romani.

Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 26 dicembre 1831

Norma Martina Gresia

Adalgisa Asude Karayavuz

Pollione Antonio Corianò

Oroveso Alessandro Spina

Flavio Raffaele Feo

Clotilde Benedetta Mazzetto

direttore Alessandro Bonato

regia Elena Barbalich

scene e costumi Tommaso Lagattolla

luci Marco Giusti 

maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina

CORO OPERALOMBARDIA

ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI DI MILANO

Coproduzione dei Teatri di OperaLombardia e Teatro Verdi di Pisa

Le altre recite:

Como, Teatro Sociale     14 e 16 ottobre 2022

Pavia, Teatro Fraschini   21 e 23 ottobre 2022

Info:

platea/palchi € 60- galleria 40 – loggione € 22

biglietteria del teatro tel. 0372022001/02 (lun/ven 10-18 e sab/dom 10-13); biglietteria@teatroponchielli.it

teatroponchielli.it

 

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