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Padova:, autogestione e cogestione le due vie delle coop

In Veneto le esperienze di D&C Modelleria e Fonderie Zen, due cooperative costituite da lavoratori disoccupati che hanno rifiutato la cassa integrazione

| Scritto da Redazione
Padova:, autogestione e cogestione le due vie delle coop

Stamattina ha preso il via, su RadioArticolo1, la prima puntata di una serie di inchieste dedicate a chi non si è arreso alla disoccupazione, a quelle fabbriche che grazie all'impegno dei loro ex dipendenti hanno ripreso a vivere. È il caso di D&C Modelleria e Fonderie Zen, due cooperative in provincia di Padova, costituite da lavoratori che hanno rifiutato la cassa integrazione e scelto di fare impresa dando vita a forme di augestione e cogestione (ascolta il programma integrale).

In particolare, nel primo caso si parla di workers buy out, cioè l'acquisto di un'attività produttiva fallita da parte dei suoi lavoratori organizzati; nel secondo, invece, sono sorte due società, la prima, una badcom, una cooperativa di lavoratori, la seconda, una newcom, una società costituita da dirigenti dello stabilimento posto in amministrazione straordinaria dal tribunale civile locale. Entrambi i casi nascono da aziende storiche, che rappresentano una tradizione significativa nel territorio, ambedue entrate in crisi per una combinazione di malagestione e contrazione dell'attività imputabile alal congiuntura internazionale.

"Non ricevevamo lo stipendio da mesi – racconta Alberto Grolla, ex dipendente e ora presidente della nuova cooperativa D&C Modelleria –, e alla vigilia di Natale 2009 il management ci chiama per un anticipo della tredicesima, ma all'appuntamento non si presenta nessuno. Per noi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da lì, il convincimento che le cose andavano sempre peggio e la decisione di dover prendere in mano la situazione. Successivamente, nel 2010, l'azienda, che esisteva da 40 anni e realizzava stampi e modelli per fonderie, è stata dichiarata fallita e allora abbiamo pensato di poterla rilevare. Abbiamo messo a punto un progetto e a maggio dello stesso anno abbiamo fatto una proposta di affitto dell'azienda, poi accettata dal tribunale, e nel 2011 siamo riusciti ad acquisirla, diventando tutti soci, correndo tutti un rischio allo stesso modo e autoriducendoci lo stipendio per cinque anni. Abbiamo riorganizzato gli spazi, fatto interventi per migliorare la sicurezza dell'ambiente di lavoro, nominato tre responsabili di reparto, che fanno da riferimento alla produzione. Adesso la situazione si è consolidata grazie all'impegno di tutti. Abbiamo imparato ad autogestirci: il volume d'affari è in leggera crescita, c'è un minimo di utile, cosa che ha permesso di innalzare le retribuzione delle mansioni meno pagate, e si parla addirittura di due nuove assunzioni. Anche l'organizzazione è radicalmente cambiata: prima, tutto era in mano alla proprietà; ora, le responsabilità sono divise in più persone direttamente coinvolte nel lavoro, ragion per cui 100 chili in dieci sono dieci chili a testa e la gestione è più diretta".

Denis Rizzo è responsabile dell'area produzione e lavoro di Lega Coop Veneto, l'organizzazione che ha seguito e affiancato i lavoratori di D&C nei loro intenti. "Fin da subito – spiega – abbiamo capito che ce l'avrebbero fatta, perchè erano rispettate le due condizioni indispensabli  per poter intraprendere una simile attività:  la prima, la bontà della compagine sociale, ovvero la consapevolezza di cosa significhi diventare soci lavoratori di una cooperativa; la seconda, la sostenibilità economica del business, nel senso che il business aziendale era ancora in qualche maniera spendibile sul mercato, dopo la ristrutturazione avvenuta. Semmai, un aspetto di criticità di tutta l'operazione, comune a molte esperienze del genere, è stata la difficoltà di accedere al credito, acuita dal fatto che, essendo imprese costituite da lavoratori che stanno in una situazione di crisi della loro azienda, le banche, quando non vedono sufficiente liquidità e hanno a che fare con persone che non hanno soldi, di fronte a un'attività che deve iniziare ti chiudono le porte in faccia. Ragion per cui si deve intervenire sotto tale aspetto, per migliorare una legislazione già di per sè abbastanza buona, magari con una strumentazione finanziaria dedicata. Ad esempio, in base alle norme, i lavoratori che si associano in cooperativa possono chiedere le indennità di mobilità in anticipo all'Inps, ma è ovvio che se la prima dotazione finanziaria mi arriva dopo sei mesi, rischio nel frattempo di essere travolto. Quindi, basterebbe trovare il modo con le banche di avere in anticipo la liquidità derivante da questi crediti per poter operare subito".

Infine, Marco Distefano, sindacalista della Fiom locale, racconta il caso delle Fonderie Zen, che originariamente, nel 1925, era un'officina meccanica. Dopo la seconda guerra mondiale si è sviluppata in una fonderia per la produzione di ghisa. Si arriva al 2004, quando un fornitore Florindo Garro, dà vita a un supergruppo, che quattro anni dopo controlla sette siti produttivi fra Italia e Francia, con 1.900 dipendenti e 500 milioni di fatturato. "L'idea – osserva il sindacalista – è di predisporre per il cliente l'intero ciclo produttivo, dalla fusione al pezzo lavorato, ma sul piano finanziario il progetto si tiene in piedi solo grazie al debito bancario. L'anno seguente arriva la crisi e da allora, nel 2009, è iniziata una vicenda sempre più difficile per i lavoratori, che, dopo tantissime ore di cig, hanno dato vita a una lotta sempre più dura per salvare i propri posti di lavoro.   Per gli addetti delle Fonderie Zen la salvezza è evitare innanzitutto la sottrazione degli stampi per i getti, che alcuni fornitori volevano portare via – gli stampi sono di proprietà dei fornitori – e rispettare i tempi di consegna dei pezzi in produzione. Così i cassantegrati decidono di lavorare più ore di quelle previste, assicurando la loro presenza in fabbrica anche di sabato pomeriggio, e riescono a tenere aperta l'azienda contro un'istanza di fallimento che rischiava di espellerli definitivamente dalle Fonderie Zen. In tal modo, si è riusciti a passare da un fallimento a un'amministrazione straordinaria. Dal gennaio 2010 è iniziata ufficialmente l'autogestione ed è durata fino ad ottobre 2012, riuscendo a rimettere in carreggiata la produzione e a restare sul mercato. In seguito, il commissario ha cercato di vendere le fonderie ad aziende straniere, però senza successo".

"A quel punto, assieme a un gruppo di dirigenti, si è deciso di creare due società, una Zen fonderie e una Cls cooperativa di lavoratori srl, inviando una lettera al ministero dello Sviluppo economico per l'acquisizione di ramo d'azienda. Da lì, è iniziata una nuova vita, attraverso una forma di cogestione tra lavoratori e dirigenti, sorta per necessità, è chiaro, ma che poi ha dato i suoi frutti. 150 soci, quasi tutta la forza lavoro delle vecchie fonderie, hanno volontariamente messo a disposizione 2000 euro del loro tfr, pari a 250.000 euro di capitale. Nel 2013 il capitale sociale dell'azienda ha subito una nuova ripartizione con l'ingresso di Oversease Industries spa, una società milanese che ha rilevato il 70% della propretà. Lo scorso anno, infine, la finanziaria Veneto sviluppo ha acquisito un altro 25% e ai lavoratori è rimasto in mano il 5. Ad ogni modo, oggi siamo arrivati a due anni di attività della cooperativa, che consideriamo positivi, e vorremmo dare un seguito alla cogestione, a questo nuovo modo di fare industria e di coinvolgere i lavoratori. È qualcosa in cui noi crediamo".      

Fonte: rassegna sindacale 

 

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