Sabato, 20 aprile 2024 - ore 00.58

Quanto ci costa (non) fare la transizione energetica

Trasformare radicalmente e in pochi anni il nostro sistema socioeconomico non sarà un pranzo di gala, ma è la migliore opzione in campo per raggiungere un maggiore livello di benessere e limitare i danni della crisi climatica in corso

| Scritto da Redazione
Quanto ci costa (non) fare la transizione energetica

Alla presentazione del pacchetto di riforme “Fit for 55”, avanzato dalla Commissione Ue per rispettare gli obiettivi sul clima al 2030, è seguito un dibattito – che si presume proseguirà ancora a lungo – in meriti alle conseguenze sociali ed economiche di questa transizione energetica. Che non sarà affatto a costo zero.

Secondo le stime diffuse dalla Banca centrale europea (Bce) serviranno infatti investimenti per almeno 330 miliardi di euro all’anno, a livello Ue, per traguardare gli obiettivi sul clima. Le ricadute a livello sociale e sul mondo del lavoro saranno altrettanto ampie, perché interi settori economici sono chiamati a realizzare la transizione energetica a un ritmo mai visto negli ultimi trent’anni.

Perché questo processo abbia successo è indispensabile dunque che la transizione ecologica sia anche giusta, altrimenti non sarà. Robusti investimenti in formazione e welfare sono necessari da subito per riqualificare e sostenere i lavoratori, con la consapevolezza che il saldo sarà positivo: la Commissione Ue stima infatti che al 2030 ci sarà 1 mln di posti di lavoro verdi aggiuntivi in Europa.

Gli sforzi messi in campo saranno dunque ripagati non solo sotto il profilo climatico, ma anche socioeconomico. Quali sarebbero invece i costi dell’inazione?

Ci risparmieremmo i 330 miliardi di euro all’anno, ad esempio, ma non è una casualità se in questo caso si parla di investimenti piuttosto che di costi. Investimenti utili a risparmiarci un tracollo economico, oltre che ambientale e dunque sociale.

Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e già ministro dell’Ambiente, al proposito si chiede già «quanto sta costando, economicamente e socialmente, la crisi climatica all’Italia? Dove l’aumento medio delle temperature  è  superiore a quello globale, con ondate di calore  sempre peggiori e  eventi atmosferici estremi sempre più numerosi e intensi. Nel 2019 in Italia ci sono stati 1.543 eventi atmosferici estremi, nel 2009  213,  nel 2018  abbiamo avuto 1024 “bombe d’acqua”, nel 2008 395».

A livello europeo, stima dei costi legati agli eventi estremi abbondano. Il progetto di ricerca Titan, recentemente concluso e realizzato dal programma europeo Espon, documenta ad esempio che negli ultimi vent’anni – più precisamente dal 1995 al 2017 – eventi estremi come alluvioni, tempeste, siccità e terremoti hanno generato danni per quasi 77 miliardi di euro, di cui 43,5 direttamente collegabili alle calamità e 33,4 derivanti dai legami economici con le aree colpite.

Allargando il quadro d’osservazione agli ultimi 40 anni – dal 1980 al 2019 –, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente si arriva a 446 milardi di euro di danni su base europea, con l’Italia che occupa il secondo posto in Europa dopo la Germania a causa di perdite economiche pari a 72,5 miliardi di euro (l’equivalente di 1.254 euro procapite)

Si tratta di costi destinati a salire se non interverremo prontamente contro la crisi climatica in corso, dato che la frequenza degli eventi estremi è direttamente collegata alla dinamica del riscaldamento globale che vede l’Italia tra i Paesi più esposti. Non a caso secondo le stime elaborate da Swiss Re per Oxfam, l’Italia rischia un impatto peggiore rispetto a tutti gli altri Paesi del G7, perdendo l’11,4% annuo del Pil entro il 2050: più di una pandemia l’anno, col Covid-19 che nel 2020 ha fatto arretrare il Pil italiano “solo” dell’8,9%.

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