Recensione Di Massimo Negri Tra scienza e politica di Gianfranco Pasquino
Cari amici di Welfare Cremona, presento il libro di Gianfranco Pasquino, Tra scienza e politica. Una autobiografia (Utet), partendo dall’ultima riga dell’ultimo capitolo: “Bologna, un giorno di fine estate 2021”. Alla soglia degli 80 anni, il professore emerito, accademico dei Lincei, ripensa alla sua vita e ne stila un bilancio.
La considera, complessivamente, interessante e fortunata. Racconta: “In estrema sintesi, ho insegnato scienza politica, ho scritto libri di scienza politica, ho praticato la politica e ho cercato di divulgarla. I dit it my way. L’ho fatto a modo mio anche perché sono sempre stato un outsider”.
Per rapidi cenni, ripercorro alcune sue esperienze con qualche flashback. Europeo nato a Torino, come si definisce, frequenta le scuole elementari Edmondo De Amicis, a cinque isolati da casa. Figlio unico, è un fanciullo che ama giocare e leggere. Dopo il ginnasio, il liceo classico Cavour e l’università. Non perde una lezione. Idem da professore; ne porto testimonianza. La fortuna di una buona salute unita a un profondo senso del dovere; di etica, se si preferisce.
Tifoso del Toro, alla domenica è regolarmente sugli spalti dello stadio Filadelfia. Durante l’università, in anni distinti, d’estate trascorre due mesi a La Rochelle e a Bournemouth, per imparare bene il francese e l’inglese, appassionandosi alle rispettive letterature. Porteranno frutto. Si laurea in Scienze politiche nel 1965 con Norberto Bobbio. Poi, con una borsa di studio, accede al master biennale in Relazioni internazionali della Johns Hopkins University. Primo anno al Bologna Center, secondo anno nella sede di Washington dove, accanto allo studio, non mancano le occasioni conviviali. Conosce Eleanor e, finite le loro avventure, la riporta al cuore con un verso di Jacques Prévert: “Mais la vie sépare ceux qui s’aiment tout doucement, sans faire de bruit”.
Conseguito il master e declinata, un po’ a malincuore, un’offerta di lavoro negli Stati Uniti, torna in Italia e va a far visita a Bobbio che gli passa una preziosa informazione. A Firenze, Giovanni Sartori ha istituito un bando per reclutare borsisti al suo Centro studi di politica comparata. Fatta la domanda, in attesa dell’esito, su suggerimento della mamma, si prepara per l’abilitazione all’insegnamento di lingua e letteratura inglese e lingua e letteratura francese nelle scuole medie e superiori. Superati gli esami, scritti e orali, nel novembre 1967 ottiene entrambe le abilitazioni. Poco dopo, però, ottiene anche la borsa di studio biennale fiorentina. Afferma: “Oggi posso dire che quello fu il vero e proprio momento di partenza della mia carriera accademica”. Il destino lo porta a trasferirsi a Bologna, dove tuttora vive, salvo i periodi di studio e di insegnamento all’estero. Ai due maestri dedica nel 2019 il libro Bobbio e Sartori. Capire e cambiare la politica (Università Bocconi Editore). Tracciando una linea temporale, tra i suoi contributi scientifici, lo troviamo giovanissimo coautore insieme a Norberto Bobbio e Nicola Matteucci di un Dizionario di politica (Utet) e, in seguito, maturo autore di un Manuale di scienza della politica (Il Mulino). Entrambe le opere, aggiornate e variamente tradotte, sono divenute un classico della disciplina.
Riguardo alla pratica della politica, è stato senatore della Sinistra indipendente, eletto nelle liste del Pci, per le legislature 1983-87 e 1987-92, e senatore per i Progressisti nella breve legislatura 1994-96. Di quella esperienza, scelgo tre momenti per me significativi: partecipa alla prima commissione bicamerale per le Riforme istituzionali presieduta dal liberale Aldo Bozzi, propone un disegno di legge per un sistema elettorale a doppio turno francese applicato in collegi uninominali e, anche in virtù del libro Militari e potere in America Latina (Il Mulino), fa parte della delegazione di dodici parlamentari inviati in Cile come osservatori del corretto svolgimento del referendum che nel 1988 pone fine alla dittatura di Pinochet.
Detto che un cinguettio segnala su Twitter un GP_ArieteRosso, Gianfranco Pasquino ha una notevole propensione divulgativa, da predicatore errante, globetrotter (giramondo), per innumerevoli conferenze e/o dibattiti, sui suoi libri, saggi, articoli graffianti. All’attivo, pure la presenza in diverse trasmissioni radiofoniche e televisive.
Da ultimo, ma non minori, per contrappeso alle gratificazioni dei successi, ci sono i dolori della vita, privati e pubblici. Tra i primi, il più grande, la perdita improvvisa della madre nel 1989 e, il secondo, la tragedia di Superga del grande Torino nel 1949, appresa da bambino dalla radio, all’ora di cena mentre si gustava la pastina in brodo con le patate. Tra di dolori pubblici, invece, fra altri, la bomba alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, l’assassinio per mano delle Brigate rosse del collega e amico Roberto Ruffilli e, infine, la morte, dopo un lungo coma, dell’economista e senatore Dc Beniamino Andreatta, che “amava stupire e sapeva ascoltare”.
Cordiali saluti
Massimo Negri - Casalmaggiore