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Web tax al via in 7 paesi europei

Nel 2019 sono 7 i paesi europei che si sono dotati di una Web tax, una forma di tassazione dell’economia digitale che è diventate la protagonista del fisco europeo. Lo afferma la commissione europea nello studio ''Tax policies in the European Union''

| Scritto da Redazione
Web tax al via in 7 paesi europei

Nel 2019 sono 7 i paesi europei che si sono dotati di una Web tax, una forma di tassazione dell'economia digitale che è diventate la protagonista del fisco europeo. Lo afferma la commissione europea nello studio «Tax policies in the European Union» (Politiche fiscali nell'Unione europea) che ogni anno monitora le novità introdotte dal fisco nei paesi europei ed esamina i risultati dei sistemi fiscali degli Stati membri in termini di lotta all'abuso fiscale, sviluppo di investimenti sostenibili, sostegno all'occupazione e lotta alle disuguaglianze.

«Diversi Stati membri hanno annunciato l'intenzione di introdurre, o sono in procinto di farlo, una tassa sui servizi digitali (Dst) a partire dal 2020, al fine di ristabilire condizioni di parità fiscale», riporta la commissione Ue. La web tax viene quindi inserita tra le misure che riguardano la frode, l'evasione e l'elusione fiscale, che secondo la commissione Ue, «è rimasta un'importante area di riforma a livello nazionale nel 2018- 2019, a completamento dell'azione a livello Ue». Le misure previste o adottate comprendono quindi il rafforzamento del quadro giuridico e l'applicazione di misure anti-abuso, ma anche modernizzano la riscossione delle imposte, migliorano l'accesso alle informazioni e incoraggiano la compliance volontaria.

Nel 2019, l'Austria ha quindi pubblicato un progetto di legge che introdurrebbe una web tax del 5% sui ricavi pubblicitari digitali. La Repubblica Ceca ha previsto di introdurre una web tax del 7%, che si rivolgerà principalmente alla pubblicità web dei grandi gruppi e alla vendita di dati personali.

L'Ungheria ha introdotto una tassa sui ricavi pubblicitari già nel 2015 con un'aliquota del 5,3% e l'ha portata al 7,5% nel 2017.

Nel luglio 2019 la Francia ha adottato, formalmente, la web tax del 3% sui ricavi generati dalle grandi società che gestiscono piattaforme digitali o attività pubblicitarie online. Ma ora la web tax è finita nel limbo dopo l'accordo tra il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire e il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Steven Mnuchin, (si veda ItaliaOggi del 22/01/2020) secondo cui la tassa è sospesa fino alla fine del 2020, per consentire il raggiungimento di un accordo a livello Ocse sulla riforma delle regole del fisco internazionale.

L'Italia ha, quindi, introdotto, con la legge di bilancio 2020, una web tax simile a quella francese.

Lo scenario di funzionamento dell'imposta italiana descritto dal ministro dell'economia Roberto Gualtieri a Davos, al World economic forum 2020, dal 22 al 24 gennaio, (adempi oggi e paga domani) è stato un tentativo di allinearsi all'accordo tra la Francia e gli Usa.

La web tax italiana è dunque tutt'ora in vigore. «L'Italia punta a un accordo globale per la web tax, ma in assenza di questo accordo scatterà la tassazione italiana a partire dal febbraio 2021», aveva spiegato Gualtieri a Davos.

Nelle disposizioni approvate c'è infatti una clausola di abrogazione automatica nel caso in cui a livello di Unione europea e di Ocse si trovi un accordo e una soluzione condivisa prima del saldo dell'imposta.

L'entrata in vigore della web tax italiana non è correlata ad alcun decreto attuativo e si applica imprescindibilmente a partire dal 1° gennaio 2020, con riferimento anche ai dati 2019. Inoltre, la relazione fa presente che la Dst dovrebbe contribuire a incrementare le entrate statali per circa 708 milioni di euro all'anno, a partire dal 2020, per quanto si precisi che sono cifre con il criterio di competenza e non di cassa, perché si verserebbero nel 2021. Ma la norma è in vigore e il contribuente sarà tenuto, pertanto, a porre in essere già i primi adempimenti sin da ora. La Spagna ha approvato un disegno di legge che prevede l'imposizione di un'imposta del 3% sulle entrate delle grandi imprese tecnologiche. Il Regno Unito ha annunciato che applicherà una tassa del 2% sulle entrate di un sottoinsieme di imprese digitali che traggono valore dagli utenti con sede nel Regno Unito. Ma tutto il quadro fiscale e normativo a livello internazionale rimane ancora altamente incerto, anche in attesa di un accordo a livello Ocse, oltre alle costanti minacce da parte degli Stati Uniti. «Le riforme nazionali dovranno essere riviste nel più ampio contesto degli accordi Ue e internazionali», ha concluso infatti la commissione.

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