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1989-2014: 25 anni di “Lavanderia” a Cadeo

Don Ciullo: “Per me un sogno di società”

| Scritto da Redazione
1989-2014: 25 anni di “Lavanderia” a Cadeo

Non chiamatela più “La lavanderia di Cadeo”. Sia perché a settembre partirà un concorso di idee tra i bambini delle scuole primarie e medie del circondario per dare un nome al Centro socio riabilitativo diurno di via Dante, sia perché chiamarla semplicemente “lavanderia” non rende l'idea di cosa può davvero produrre una “lavanderia” speciale come questa.

E' stata festa grande per i 25 anni del Centro socio riabilitativo diurno gestito da Coopselios in collaborazione con l'Ausl a Cadeo: 1989-2014. Si sono riuniti tutti i soggetti senza i quali questo piccolo-grande sogno d'integrazione tutto piacentino non avrebbe preso forma. Dal sindaco di Cadeo, Marco Bricconi, alla responsabile del servizio sociale Ausl distretto di Levante Natalia Gallini, passando per la direttrice d'area Coopselios Piacenza-Parma Ester Schiaffonati fino a Marta Boledi, coordinatrice della struttura e don Umberto Ciullo, parroco di Cadeo. Don Umberto ha chiuso gli interventi istituzionali ieri mattina, prima di lasciare spazio al saggio di danza sportiva presentato in collaborazione con il CIP (centro italiano paralimpico) messo in mostra dai protagonisti della “lavanderia”, gli utenti – uomini e donne di Cadeo, giovani e meno giovani - che hanno scoperto qui, negli anni, quante cose hanno da fare, imparare, vedere, inventare.

“Per me questo è un sogno di società – ha detto don Umberto – qui non c'è qualcuno in alto, e qualcuno subalterno. Qui si impara dai più semplici, qui c'è un'amicizia gratuita che aggrega, coinvolge e chi ci entra in contatto non lo fa per carità, ma per un reciproco apprendimento. Questi ragazzi hanno tanto da farci imparare”.

Distinguere le stoffe, imparare i vari lavaggi, lo stiro, la piegatura ma anche musicoterapia, danzaterapia, uscite didattiche, corsi di nuoto: una lavanderia che macina i lavaggi delle mute delle squadre di calcio di Cadeo, ma anche della parrocchia e di altre realtà.

Il sindaco di Cadeo ha fatto l'istruttore di nuoto “quando non ero ancora primo cittadino”, ha ricordato Bricconi. “Noi non saremo qui senza di loro – ha detto ieri – questa realtà è un simbolo di integrazione in una comunità che gli ha sempre dimostrato un grande attaccamento: si fanno attività di supporto alle associazioni del paese, e la dimostrazione della reciprocità l'abbiamo vissuta quando avete subito il furto”. Promozione sociale, indipendenza, attività utili ma anche progetti sociosanitari sotto l'egida dell'Azienda Usl. “Venticinque anni fa questo era uno dei primi centri che nasceva sul territorio, prima le realtà erano accentrate su Piacenza – ha spiegato la dottoressa Gallini - qui è nata una delle prime integrazioni con percorsi lavorativi decentrati. Qui il Comune diede a disposizione gli ambienti, al distretto la gestione socio-sanitaria che a sua volta si è avvalso della cooperazione sociale attraverso Coopselios: da laboratorio che era – ha sottolineato Gallini – divenne un centro socio riabilitativo ben inserito nella realtà locale, oggi è un esempio di sinergia sociale e di progettualità”. Una progettualità che Coopselios mette a valore in uno spirito che ha descritto bene la direttrice Ester Schiaffonati. “Da quando l'Ausl ci ha incaricato di attivare il centro ad oggi, di strada ne è stata fatta tanta – ha sottolineato Schiaffonati -. Oggi è importante la sinergia con gli attori locali, con l'amministrazione comunale, i commercianti (che hanno donato il rinfresco, ndr) e i volontari. Ma tutto questo non è sufficiente per poter parlare di integrazione dei nostri utenti, andare oltre la disabilità è il nostro obiettivo. I traguardi che ci poniamo e che abbiamo raggiunto qui sono anche altri, importanti: sono nei piani progettuali collettivi del centro e in quelli individuali dei ragazzi, in cui cerchiamo di andare oltre la disabilità in termini di relazione, di creazione di occasioni di relazione come questa. I laboratori, le attività hanno tutti lo scopo di andare oltre la disabilità e creare relazioni”. E se questo era l'obiettivo, pare esser stato raggiunto in pieno. Il prossimo passo, da settembre, è dare un nome tutto questo. E quale mente potrebbe partorire il nome della “lavanderia” se non quella di un bambino?

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