ANCORA SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA | Vincenzo Montuori (Cr)
Sarà per una maligna inclinazione delle stelle o per una tendenza tutta italiana, ma ho l’impressione che, quando in Italia si vuole varare qualsiasi riforma di vasta portata, si parte dalle procedure e dagli organismi deputati ad intervenire piuttosto che dai contenuti oggetto del processo di riforma; col rischio di vanificare il processo stesso sotto la mole degli adempimenti formali.
Ciò sta avvenendo, a mio avviso, anche con il progetto di autonomia differenziata appena sbarcato in Consiglio dei Ministri.
E mi spiego; si fa un gran parlare degli organi che dovranno gestire un tale processo: la conferenza Stato-Regioni, la “cabina di regia”, le commissioni tematiche ma si stenta a focalizzare quali sono gli obiettivi settoriali da perseguire con proposte concrete. Prendiamo ad es. una questione che sta a cuore a tutti noi, anche se si nasconde sotto una sigla: LEA o LEP, i livelli di assistenza pubblica essenziali a livello sanitario che ogni regione dovrebbe garantire ai suoi pazienti. Invece di discutere in astratto, bisognerebbe definire quali sono, per TUTTE LE REGIONI, i livelli minimi di assistenza pubblica da garantire; faccio un esempio pratico: se una colonscopia o una gastroscopia le si fanno rientrare nei LEA in Lombardia e non in Calabria, si rischia che lo screening dei pazienti in una regione sarà assicurato e nell’altra no; e ciò comporterà che nella prima quella procedura sarà attivata per tutti e nella seconda no, con il risultato che nel primo caso si potranno monitorare le patologie che sono individuate dalla colonscopia e dallo gastroscopia come il cancro al colon o allo stomaco; nel secondo no. Inoltre, una volta definiti i LEA uguali per tutti, bisogna indicare preventivamente i finanziamenti necessari, altrimenti dei LEA riconosciuti sulla carta non potranno essere garantiti per mancanza di fondi.
Infine, non si può pensare che le Regioni possano chiedere di avocare a sé tutte le materie oggetto della futura trattativa, perché alcune riguardano scelte settoriali, altre l’esercizio di diritti civili uguali per tutti gli italiani; è questa la ragione per cui si potrà concedere ad una regione di gestire il turismo ma non di varare una legislazione esclusiva per la sanità o per la scuola.
In sostanza, una riforma dell’autonomia varata senza aver prima determinato questioni come i LEA, o i limiti delle richieste di cui sopra, a mio giudizio, o diventa una boutade o si trasforma in un boomerang per l’Italia tutta; in poche parole in un rimedio peggiore del male del “centralismo” che la riforma stessa vorrebbe contrastare.