Lo studio “Global warming is shifting the relationships between fire weather and realized fire-induced CO2 emissions in Europe”, pubblicato su Scientific Reports da un team internazione di ricercatori che ha visto la partecipsazione degli italiani Francesca Di Giuseppe (European Centre for Medium-Range Weather Forecasts – ECMWF), Piero Lionello (università del Salento) e Claudia Vitolo (European Space Agency, ESRIN Frascati), rivela «Un cambiamento senza precedenti nel regime degli incendi del continente europeo, legato al cambiamento climatico. Le aree colpite sono nel sud, nel centro e nel nord del continente, ma questo cambiamento storico nel regime degli incendi in Europa è più intenso nell’area mediterranea».
Il team di ricercatori guidato da Jofre Carnicer, della Facultat de Biologia dell’’Institut de Recerca de la Biodiversitat (IRBio) ddell’Universitat de Barcelona e del Centre de Recerca Ecològica i Aplicacions Forestals (CREAF), si è avvalso di climatologi, esperti di rischio di incendi boschivi ed ecologia forestale che fanno parte di un consorzio internazionale di istituti di ricerca al quale, oltre all’università di Barcellona e al CREAF, partecipano l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’ECMWF), l’IERSD di Atene, l’ESRIN-ESA), l’università del Salento e l’università greca di Patrasso, che hanno rilevato «Estati e primavere con valori di rischio di incendio senza precedenti negli ultimi anni, quindi molte aree dell’Europa meridionale e del Mediterraneo stanno raggiungendo condizioni estreme e favorevoli agli incendi. Queste condizioni avverse stanno diventando più frequenti a causa dell’aumento delle ondate di caldo e della siccità idrologica».
Carnicer, Jofre Carnicer che fa parte dell’PCC) e del Consejo Nacional del Clima in Spagna ed è uno degli autori del Sixth Assessment Report of IPCC Working Group II, presentato nel febbraio 2022, che rivela gli impatti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi e sulle società su scala globale, i rischi ambientali e sociali previsti nei prossimi decenni e le opzioni di adattamento disponibili per ridurre le conseguenze del cambiamento climatico, spiega che «Questo aumento del rischio estremo è abbastanza recente e in momenti critici supera la capacità antincendio delle società europee, il che causa maggiori emissioni di CO2 associate agli incendi in estati estremamente calde e secche».
Il nuovo studio collega per la prima volta l’aumento del rischio di incendio con l’aumento delle emissioni di CO2 prodotte dagli incendi e misurato nelle osservazioni satellitari in tutto il continente europeo. I ricercatori sottolineano che «Questo fenomeno si verifica nell’Europa mediterranea, ma anche nell’Europa più fredda, settentrionale e boreale, che possiede importanti giacimenti di carbonio nella tundra e nelle foreste boreali».
Le stime del rischio di incendio basate sui dati meteorologici e sul rilevamento satellitare degli impatti degli incendi sono cambiate negli ultimi anni. E’ stato rilevato per la prima volta che «Il recente aumento del rischio incendio dovuto alle condizioni atmosferiche si traduce in un aumento molto significativo delle emissioni di CO2 associate agli incendi nei periodi di caldo estremo e rischio incendio in estate».
Carnice fa notare che «Le aree boschive e montuose dell’Europa meridionale e centrale sono le aree in cui viene rilevato il maggiore aumento del rischio di incendi. Queste aree sono grandi serbatoi di carbonio che sarebbero minacciati dal fuoco, come i Pirenei, i massicci iberico e cantabrico in Spagna, le Alpi, il Massiccio Centrale francese, l’Appennino italiano e, in Europa centrale, i Carpaz e i Balcani , il Caucaso e il Ponto nell’Europa sudorientale».
Lo studio fornisce anche mappe continentali dell’attuale rischio di incendio e, tenendo conto della possibilità di diverse traiettorie del cambiamento climatico (2º C – 4º C) e della riduzione delle emissioni di CO2, prevede l’evoluzione di questo rischio in Europa fino al 2100.
Carnicer conclude: «I risultati suggeriscono che i regimi di incendio possono cambiare rapidamente nelle regioni della Terra colpite dai cambiamenti climatici, come il Mediterraneo, le aree euro-siberiane e boreali dell’Europa. Gli aumenti più significativi del rischio di incendio riguarderanno le aree dell’Europa meridionale che hanno foreste e pozzi di carbonio che sono fondamentali per la regolazione del clima. Le foreste del continente europeo assorbono circa il 10% delle emissioni totali di gas serra ogni anno. Nello specifico, catturano circa 360 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, una quantità superiore alle emissioni di un Paese come la Spagna, con un valore di circa 214 milioni di tonnellate. L’aumento del rischio di incendio descritto nello studio pone una sfida allo sviluppo e all’attuazione della nuova Strategia Forestale Europea, che propone di mantenere una riduzione annua di almeno 310 milioni di tonnellate di CO2 da parte del settore forestale e agricolo nel 2030 in Europa. Di conseguenza, se non si adottano strategie di gestione forestale efficaci che riducano il rischio di incendio, l’aumento del rischio di incendio rilevato potrebbe mettere a repentaglio le strategie di decarbonizzazione basate sull’uso delle foreste e dei terreni agricoli. Inoltre, l’aumento del rischio di incendio potrebbe essere un meccanismo per un feedback positivo sui cambiamenti climatici, in cicli di riscaldamento progressivo, aumento del rischio di incendio e maggiori emissioni di CO2 dall’incendio. In questo contesto, ridurre drasticamente le emissioni di CO2 nei prossimi due decenni (2030 – 2040) è fondamentale per raggiungere un minor rischio di incendio in futuro, sia in Europa che nel mondo».