Secondo il nuovo importante studio “Exceeding 1.5°C global warming could trigger multiple climate tipping points” appena pubblicato su Science da un team internazionale di ricercatori gi uidato da David Armstrong McKay (Stockholm Resilience Centre, Stockholms universitet, Global Systems Institute dell’università di Exeter e Georesilience Analytics) « Se la temperatura globale supererà i livelli pre-industriali di oltre 1,5° C, si potrebbero innescare molteplici punti di non ritorno climatici. Anche con gli attuali livelli di riscaldamento globale, il mondo è già a rischio di innescare 5 pericolosi punti di non ritorno climatico e i rischi aumentano con ogni decimo di grado di ulteriore riscaldamento».
Il team di ricerca internazionale ha sintetizzato le prove per i tipping points, le loro soglie di temperatura, i tempi e gli impatti attraverso una revisione completa di oltre 200 studi pubblicati dal 2008, quando i punti di non ritorno climatici vennero rigorosamente definiti per la prima volta, e hanno aumentato l’elenco dei potenziali tipping points da 9 a 16.
Lo studio è stato pubblicato in vista della conferenza “Tipping Points: from climate crisis to positive transformation”, che sarà ospitata dall’università di Exeter del 12 al 14 settembre, e conclude che «Siamo già nella zona di pericolo per 5 punti di non ritorno climatico: lo scioglimento della calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide occidentale, il disgelo improvviso e diffuso del permafrost, il collasso della convezione nel Labrador Sea e la massiccia scomparsa delle barriere coralline tropicali. 4 di questi tipping points passano da “possibile” a “probabile” a +1,5° C di riscaldamento globale, con altri 5 che diventano possibili intorno a questo livello di riscaldamento.
Armstrong McKay, che fa parte anche dell’Earth Commission, ha sottolineato che «Possiamo già vedere segni di destabilizzazione in alcune parti delle calotte glaciali dell’Antartide occidentale e della Groenlandia, nelle regioni del permafrost, nella foresta pluviale amazzonica e potenzialmente anche nel ribaltamento della circolazione dell’Atlantico. Il mondo è già a rischio di alcuni punti di non ritorno. Man mano che le temperature globali aumentano ulteriormente, diventano possibili più punti di non ritorno. La possibilità di oltrepassare i tipping points può essere ridotta tagliando rapidamente le emissioni di gas serra, iniziando immediatamente».
Secondo il Sixth Assessment Report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) i rischi di innescare punti critici climatici diventano elevati a circa 2° C in più rispetto alle temperature preindustriali e molto elevati di 2,5 – 4°C. La nuova analisi indica che «La Terra potrebbe aver già lasciato uno stato climatico “sicuro” quando le temperature hanno superato di circa 1° C le temperature preindustriali». Quindi, una delle preoccupanti conclusioni dello studio pubblicato su Science è che «L’obiettivo dell’Accordo di Parigi delle Nazioni Unite di evitare pericolosi cambiamenti climatici limitando il riscaldamento ben al di sotto dei 2° C e preferibilmente 1,5° C non è del tutto sicuro». Ma lo studio fornisce un forte supporto scientifico All’Accordo di Parigi e agli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5° C, perché «Mentre alcuni punti di non ritorno sono possibili o probabili a questo livello di temperatura, il rischio aumenta oltre questo punto – fano notare all’università di Exeter – Per avere una probabilità del 50% di raggiungere 1,5° C e quindi limitare i rischi di un punto di non ritorno, le emissioni globali di gas serra devono essere dimezzate entro il 2030, raggiungendo il net zero entro il 2050».
Uno degli autori dello studio, Johan Rockström, co-presidente dell’Earth Commission e direttore del Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK), ha ricordato che «Il mondo si sta dirigendo verso 2 – 3° C di riscaldamento globale. Questo mette la Terra sulla cattiva strada per oltrepassare molteplici tipping points pericolosi che saranno disastrosi per le persone in tutto il mondo. Per mantenere condizioni di vita vivibili sulla Terra, proteggere le persone dall’aumento degli eventi estremi e consentire società stabili, dobbiamo fare tutto il possibile per evitare di oltrepassare i tipping points. Ogni decimo di grado conta».
Uno dei coautori dello studio, Tim Lenton, dell’Earth Commission e direttore del Global Systems Institute dell’università di Exete, sottolinea che «Da quando ho valutato per la prima volta i punti di non ritorno climatici nel 2008, l’elenco è cresciuto e la nostra valutazione del rischio che rappresentano è aumentato drammaticamente. Il nostro nuovo lavoro fornisce prove convincenti che il mondo deve accelerare radicalmente la decarbonizzazione dell’economia per limitare il rischio di attraversare punti critici climatici. Per raggiungere questo obiettivo, ora dobbiamo attivare punti di svolta sociali positivi che accelerino la trasformazione verso un futuro di energia pulita. Potremmo anche doverci adattare per far fronte a tipping points climatici che non riusciremo a evitare e sostenere coloro che potrebbero subire perdite e danni non assicurabili».
Analizzando accuratamente i dati paleoclimatici, le osservazioni attuali e i risultati dei modelli climatici, il team internazionale ha concluso che «16 principali sistemi biofisici coinvolti nella regolazione del clima terrestre (i cosiddetti “tipping elements”) hanno il potenziale per oltrepassare i punti di non ritorno in cui il cambiamento si autosostiene. Questo significa che anche se la temperatura smettesse di aumentare, una volta che la calotta glaciale, l’oceano o la foresta pluviale hanno superato un punto di non ritorno, continuerà a cambiare in un nuovo stato. La durata della transizione varia da decenni a migliaia di anni, a seconda del sistema. Ad esempio, gli ecosistemi e i modelli di circolazione atmosferica possono cambiare rapidamente, mentre il collasso della calotta glaciale è più lento ma porta a un inevitabile innalzamento del livello del mare di diversi metri».
Il team di ricercatori ha classificato i tipping elements in 9 sistemi che interessano l’intero sistema terrestre, come l’Antartide e la foresta pluviale amazzonica, e in altri 7 sistemi che, se collassasseroi, avrebbero profonde conseguenze regionali e che includono il monsone dell’Africa occidentale e la morte della maggior parte delle barriere coralline intorno all’equatore.
Diversi nuovi tipping elements come la Labrador Sea convection e i bacini subglaciali dell’Antartide orientale sono stati aggiunti alla valutazione del 2008, mentre il ghiaccio marino estivo artico e l’El Niño Southern Oscillation (ENSO) sono stati rimossi per mancanza di prove di dinamiche di tipping.
Una delle autrici dello studio, Ricada Winkelmann, del PIK e della Earth Commissio, conclude: «E’ importante sottolineare che molti tipping elements nel sistema Terra sono interconnessi, il che rende i punti di non ritorno a cascata una seria preoccupazione aggiuntiva. In effetti, le interazioni possono abbassare le soglie di temperatura critica oltre le quali i singoli tipping elements iniziano a destabilizzarsi a lungo termine».