Venerdì, 26 aprile 2024 - ore 17.26

L’adattamento ai cambiamenti climatici deve diventare una priorità globale

Unep: ''Urgentemente necessari volontà politica senza precedenti e investimenti a lungo termine nell'adattamento''

| Scritto da Redazione
L’adattamento ai cambiamenti climatici deve diventare una priorità globale

La siccità pluriennale nel Corno d’Africa, inondazioni senza precedenti nell’Asia meridionale e un intenso caldo estivo nell’emisfero settentrionale indicano un aumento dei rischi climatici. Questi impatti stanno avvenendo con soli 1,1 gradi centigradi al di sopra delle temperature preindustriali e secondo il “The Adaptation Gap Report 2022: Too Little, Too Slow – Climat a pichi giorni dall’e adaptation failure puts world at risk”, pubblicato dall’United Nations environment programme (Unep) a ochi giorn i dall’inizio dell 27esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on climate change (COP27 Unfccc)  che si terrà a Sharm El-Sheikh, in Egitto,  «Con l’intensificarsi degli impatti climatici in tutto il mondo, le nazioni devono aumentare drasticamente i finanziamenti e l’attuazione di azioni progettate per aiutare le nazioni e le comunità vulnerabili ad adattarsi alla tempesta climatica».  Il rapporto Unep rivela che «Gli sforzi globali per la pianificazione e per il  finanziamento  e l’attuazione dell’adattamento non stanno al passo con i rischi crescenti».

Presentando l’Adaptation Gap Report, il segretario generale dell’Onu António Guterres ha evidenziato che «Il fabbisogno per l’adattamento nei Paesi in via di sviluppo è destinato a salire alle stelle fino a 340 miliardi di dollari l’anno entro il 2030. Eppure il sostegno all’adattamento oggi è inferiore a un decimo di tale importo. Le persone e le comunità più vulnerabili ne stanno pagando il prezzo. Questo è inaccettabile. L’adattamento deve essere trattato con una serietà che rifletta lo stesso valore che hanno tutti i membri della famiglia umana. E’ tempo di una revisione globale dell’adattamento climatico che metta da parte le scuse e metta insieme la cassetta degli attrezzi per risolvere i problemi».

La direttrice esecutiva dell’Unep, Inger Andersen, ha ricordato che «Il cambiamento climatico sta sferrando un colpo dopo l’altro sull’umanità, come abbiamo visto nel corso del 2022: soprattutto con le inondazioni che hanno messo gran parte del Pakistan sott’acqua. Il mondo deve ridurre urgentemente le emissioni di gas serra per limitare gli impatti dei cambiamenti climatici. Ma dobbiamo anche aumentare urgentemente gli sforzi per adattarci agli impatti che sono già qui e a quelli che verranno. Le nazioni devono sostenere le parole forti del Glasgow Climate Pact con una forte azione per aumentare gli investimenti e i risultati dell’adattamento, a partire dalla COP2.

L’Emissions Gap Report – la pubblicazione gemella dell’Adaptation Gap Report – aveva già avvertito che  i Nationally Determined Contributions (NDC) adottati finora nell’ambito dell’Accordo di Parigi portano a un riscaldamento globale di 2,4 – 2,6° C entro la fine del secolo e l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) aveva già detto che i rischi climatici si intensificheranno ogni decimo di grado. Per l’Unep, «Questi trend significano che l’adattamento deve essere al centro della scena insieme alla mitigazione nella risposta globale ai cambiamenti climatici. Dal momento che anche investimenti ambiziosi nell’adattamento non possono prevenire completamente gli impatti climatici, è necessario affrontare anche le perdite e i danni».

Il rapporto rileva che «Più di 8 paesi su 10 dispongono di almeno uno strumento nazionale di pianificazione dell’adattamento e stanno diventando migliori e più inclusivi. Un terzo dei 197 Paesi parti dell’Unfccc ha incorporato obiettivi di adattamento quantificati e fissati nel tempo. Nel frattempo, quasi il 90% degli strumenti di pianificazione analizzati mostra di prendere in considerazione il genere e i gruppi svantaggiati, come le popolazioni indigene». Ma l’Adaptation Gap Report fa notare che a questo non fanno seguito i finanziamenti per trasformare questi piani in azione: «I flussi finanziari internazionali per l’adattamento verso i Paesi in via di sviluppo sono 5 – 10 volte inferiori ai fabbisogni stimati e il gap continua ad allargarsi. I flussi internazionali di finanziamenti per l’adattamento ai Paesi in via di sviluppo hanno raggiunto i 29 miliardi di dollari nel 2020, come riportato dai Paesi donatori, con un aumento del 4% rispetto al 2019. I flussi finanziari combinati di adattamento e mitigazione nel 2020 sono calati di almeno 17 miliardi di dollari rispetto ai 100 miliardi di dollari promessi ai Paesi in via di sviluppo. E’ necessaria una significativa accelerazione per raggiungere il raddoppio dei flussi finanziari del 2019 entro il 2025, come auspicato dal Glasgow Climate Pact. Il fabbisogno annuale stimato per l’adattamento è di 160 – 340 miliardi di dollari entro il 2030 e di 315 – 565 miliardi di dollari entro il 2050. L’attuazione delle azioni di adattamento – concentrate in agricoltura, acqua, ecosistemi e settori trasversali – è in aumento, ma non tiene il passo con gli impatti climatici. Senza un cambiamento radicale nel sostegno, le azioni di adattamento potrebbero essere superate, accelerando i rischi climatici».

Il rapporto rileva che collegare  fin dall’inizio, nella pianificazione, le azioni di adattamento e mitigazione, come le soluzioni basate sulla natura, col finanziamento e nell’attuazione può aumentare i benefici collaterali e «Potrebbe anche limitare potenziali compromessi, come l’energia idroelettrica che riduce la sicurezza alimentare o l’irrigazione che aumenta il consumo di energia». Intervistato da UN News, Maarten Kappelle della Science Division dell’Unep ha spiegato che «Adattamento significa essenzialmente le misure che mettiamo in atto per aiutare paesi, comunità e settori, come l’agricoltura e le energie rinnovabili, a pianificare – e prosperare durante – gli impatti dei cambiamenti climatici. Quindi, ad esempio, se sappiamo che una siccità sta arrivando attraverso previsioni migliori, possiamo fare cose come mettere in atto la raccolta dell’acqua, piantare raccolti più resistenti e ripristinare gli ecosistemi, come le foreste. Esistono molti tipi di adattamento, ma uno degli approcci chiave è quello che chiamiamo adattamento ecosistemico, essenzialmente progetti che utilizzano la biodiversità ei servizi ecosistemici per proteggere le persone. Un esempio è la piantumazione di foreste di mangrovie, che possono assorbire i picchi delle onde e fungere da barriera naturale alle inondazioni (…)  Quel che  aiuterebbe notevolmente è esaminare più attentamente i progetti che rafforzano la resilienza ai cambiamenti climatici e riducono le emissioni di gas serra perché ciò offre una doppia vittoria per lo stesso investimento, insieme a vantaggi collaterali, come posti di lavoro e mezzi di sussistenza migliori. Le soluzioni basate sulla natura, come il ripristino delle torbiere e delle foreste, sono particolarmente efficaci, poiché sequestrano il carbonio e forniscono tutti i tipi di servizi di adattamento, come lo stoccaggio e il filtraggio dell’acqua e la protezione da eventi meteorologici estremi. Fondamentalmente, distruggendo la natura, abbiamo contribuito a portare il cambiamento climatico e ridotto la capacità del mondo naturale di proteggerci dagli impatti climatici. Se riusciamo a rimettere in sesto la natura, per così dire, conservando e ripristinando la natura, faremo molto per risolvere le sfide di adattamento e mitigazione che il mondo deve affrontare oggi e domani».

Gli autori del rapporto concludono che «E’ necessaria una forte volontà politica per aumentare gli investimenti e i risultati nell’adattamento. Crisi come la guerra in Ucraina e la pandemia di Covid-19 non possono far deragliare gli sforzi internazionali per aumentare l’adattamento. Occorrono con urgenza una volontà politica senza precedenti e maggiori investimenti a lungo termine nell’adattamento per evitare che il gap di adattamento si allarghi».

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