Martedì, 16 aprile 2024 - ore 06.50

(CR) Pianeta Migranti. Silenzio di gelo sui profughi tra Bielorussia e Polonia

Tace l’Europa, tacciono i media. "Voglio morire qui” – ha detto Omar, un ragazzo iracheno di 23 anni

| Scritto da Redazione
(CR) Pianeta Migranti. Silenzio di gelo sui profughi tra Bielorussia e Polonia

Cremona Pianeta Migranti. Silenzio di gelo sui profughi al confine tra Bielorussia e Polonia

Tace l’Europa, tacciono i media. "Voglio morire qui” – ha detto Omar, un ragazzo iracheno di 23 anni che per tre volte è stato riportato in Bielorussia dalle guardie di frontiera polacche. Solo i volontari locali affrontano questa crisi umanitaria.

 Non c’è dubbio che la Bielorussia sia responsabile di aver spinto brutalmente i migranti ad entrare irregolarmente in Polonia. Tuttavia, le autorità polacche possono e devono porre fine alla loro sofferenza fornendo assistenza e protezione. Almeno 4.500 persone vittime dei giochi geopolitici spregiudicati di Lukašenko sono state rimpatriate da tra Iraq e Siria, dove non hanno più una casa e un futuro. Alcuni tornano con i mille euro che il governo lituano ha dato loro, perché mantenere un migrante costa minimo 11mila euro, ed è più vantaggioso offrire incentivi e organizzare i voli di ritorno.

La Polonia si difende dai profughi con una barriera di 186 km fatta di pali d’acciaio sormontati da filo spinato, con sensori e telecamere. Si difende pure prolungando lo stato di emergenza: una misura che prevede sanzioni amministrative e penali a chi dà assistenza e amplia, invece, il potere delle guardie di frontiera. Misura incostituzionale, secondo l’associazione polacca Grupa Granica, che raccoglie vari gruppi di volontari per assistere i profughi.

Oltre ai rimpatriati, molti altri sono ancora fermi nei boschi con temperature rigidissime,  o  accampati nel centro logistico di Bruzgi, in Bielorussia dove 1000 persone, tra cui numerosi bambini in maggioranza iracheni e siriani, dormono per terra, nei sacchi a pelo, con un pezzo di cartone per materasso. Omar, un ragazzo iracheno di 23 anni che per tre volte è stato riportato in Bielorussia dalle guardie di frontiera polacche, ha raccontato ai giornalisti che hanno visitato il centro: "Alla fine di ottobre pensavo di avercela finalmente fatta. Ho dormito al freddo per quattro giorni in un bosco in Polonia, e stavo per morire. Non potevo chiamare aiuto, perché sarebbero arrivate le guardie polacche, e allora continuavo a camminare, pensando che prima o poi, da qualche parte sarei arrivato; invece, la polizia mi ha trovato di nuovo e mi ha riportato in Bielorussia. La mia famiglia ha speso tutto quello che aveva per comprarmi il biglietto per entrare in Germania. Come faccio a tornare da mio padre e dirgli che ho fallito? Non ho scelta: devo riuscire a raggiungere la Germania. Se non ce la faccio, voglio  morire qui".

Le temperature nei boschi, rigidissime, (-10°) hanno ucciso almeno 16 persone, anche bambini, stando al numero dei corpi rinvenuti; ma secondo alcune ong polacche sarebbero almeno il doppio. L'ultimo caso è quello di un uomo con passaporto nigeriano, trovato sommerso dalla neve accanto al suo zaino nei boschi, a una ventina di minuti di macchina dalla città di Hajnówka.

"Non siamo più di fronte a un problema politico - ha detto ai giornalisti, un medico dell’associazione Grupa Granica - ma a un disastro umanitario. Le ong, le associazioni mediche, i media, non hanno accesso alla zona di confine e qualsiasi forma di aiuto viene considerata un crimine. Molte persone sono già morte e se non facciamo qualcosa molte altre moriranno. Aiutarle non può essere considerato un reato, è un atto moralmente necessario, e per questo continueremo a farlo."

Caritas Polska non si lascia intimidire: opera in 9 punti di aiuto: organizza la raccolta generi di prima necessità, si addentra nei boschi  e passa ai migranti i numeri di telefono delle ong.

Secondo Grupa Granica “non è in atto una crisi migratoria generata da guerre o disastri perché le persone sono state condotte nelle zone di confine dal regime bielorusso allo scopo di provocare confusione e conflitto nella società polacca e polarizzarla. Trattandosi però di alcune  migliaia potrebbero essere accolte in alcuni grandi auditorium e la Polonia sarebbe benissimo in grado di dare assistenza, invece di abbandonarli alle porta dell’Europa”.

 

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