Venerdì, 19 aprile 2024 - ore 21.03

Cremona Riflessioni indotte dalla 'scoperta'del poeta dialettale Emilio Zanoni

Dietro lo Zanoni, si nascondeva, fino al quasi rocambolesco salvataggio dei suoi manoscritti e delle sue carte, un insospettabile poeta in lingua cremonese.

| Scritto da Redazione
Cremona Riflessioni indotte dalla 'scoperta'del poeta dialettale Emilio Zanoni Cremona Riflessioni indotte dalla 'scoperta'del poeta dialettale Emilio Zanoni Cremona Riflessioni indotte dalla 'scoperta'del poeta dialettale Emilio Zanoni

Indubbiamente, il grande e, per molti versi, inaspettato successo tributato, in occasione del ventesimo della morte, alla scoperta di un profilo non noto della multiforme testimonianza letteraria di Emilio Zanoni, non poteva non scaldare i cuori dei suoi compagni ed amici. Che con lui condivisero molte battaglie politiche, intensi impegni istituzionali, consuetudine di lavoro e di vita comune.

Dietro lo Zanoni, da sempre conosciuto, oltre che come generoso ed integerrimo politico ed amministratore, anche come fine uomo di cultura e giornalista, si nascondeva, fino al quasi rocambolesco salvataggio dei suoi manoscritti e delle sue carte, un insospettabile poeta in lingua cremonese.

Ci sarà qualche fondato motivo di soddisfazione extra-affettiva, se Agostino Melega, da decenni noto come pubblicista e studioso di cultura popolare, e quattro valentissimi critici e studiosi di dialettologia e folklore, come il Prof. Angelo Rescaglio, la Prof.ssa Bruna Silvana Davini, il Prof. Gian Luca Barbieri, il prof. Vittorio Cozzoli , sono arrivati a definire “la scoperta letteraria dell’anno”, la poesia in dialetto cremonese del Sindaco Emilio Zanoni.

Certo, nel corso degli eventi artistico-culturali con cui la scoperta si è pubblicamente snodata, abbiamo visto, anche grazie alla valentia interpretativa di Milena Fantini e Walter Benzoni, di Rosella Matarozzi e dello stesso Agostino Melega, un numeroso pubblico gioire ed immalinconirsi.

Ma la mission non sarebbe stata completa, se non fosse emerso un significativo tasso letterario nella produzione di Zanoni. Che, a dispetto dalla personalità riservata e schiva e della coltre di oblio sedimentata nei vent’anni dalla scomparsa, viene ancora ricordato come un uomo retto e rigoroso, ma anche buono ed innamoratissimo della sua Cremona.

Per portare totalmente in superficie questa ricca personalità, di cui si sono approfonditi finora la testimonianza politico-istituzionale ed il profilo poetico-letterario, sarebbe, ricordando che egli fu il direttore del quotidiano cremonese FRONTE DEMOCRATICO e, per tanti decenni, della testata socialista  L’ECO DEL POPOLO, necessario aggiungere anche il tassello relativo all’impegno giornalistico.

E’ questa, per i seguaci della sua testimonianza, un’opportunità di approfondimento e di divulgazione. Che diventa un dovere morale per l’istituzione comunale, tanto beneficiata (anche se sembra essersene dimenticata) dalla generosità dei fratelli Zanoni.

C’è da giurare che sull’argomento torneremo.

Ora ci ricolleghiamo al significato ed al livello del lavoro poetico di Zanoni in lingua cremonese. Una precisazione doverosa questa; perché, se si avvertirà, come auspichiamo, l’opportunità di affrontare una rivisitazione critica del lavoro giornalistico di Zanoni, si scoprirà che egli espresse anche in lingua italiana la sua vena poetica.

Se è permessa una ulteriore valutazione conclusiva sul senso e sul risultato del progetto culturale, definito “la scoperta letteraria dell’anno”, diciamo che essa ha fatto implicitamente riaffiorare, come fosse un fiume carsico, l’importanza, nella sensibilità individuale e collettiva e nella vita comunitaria, della cosiddetta cultura popolare.

Che, come l’alto livello della poesia di Zanoni dimostra, non deve intendersi come una manifestazione sotto-marca della tradizione, del pensiero, del filone letterario.

Le sue poesie, trascritte da Melega, non appartengono genericamente al folklore, inteso nella vulgata dei sentimenti semplici e degli orizzonti un po’ naifs che caratterizzano la tradizione plebea.

Il poeta Zanoni, nelle more di tediose quanto inesauribili riunioni, metteva in versi della lingua cremonese osservazioni, sensazioni, riflessioni, filtrate dal rimando al vasto deposito del sapere classico e miscelate con la sensibilità popolare. Cui la sua testimonianza è rimasta sempre aderente.

La visitazione della poesia cremonese di Zanoni, permeata, come si è appena osservato, da un significativo substrato culturale, è, ad un tempo, variante “colta” del segmento dialettologico. Ma, per il forte rapporto con la sensibilità popolare, anche testimonianza di una venatura, la cui espressione viene ottimizzata prevalentemente nella lingua locale.

Già la lingua locale; che, quando si vuole ulteriormente deprimere nella gerarchia di importanza di espressione linguistica, di mezzo comunicativo, di opportunità sociale, viene rubricata al rango di “dialetto”.

Soprattutto, nella temperie marchiata dall’imperativo delle tre e; una delle quali, l’english, peserebbe, almeno in teoria, come una spada di Damocle sulle probabilità delle lingue locali di incanalarsi, anche solo nella praticabilità sussidiaria, verso il destino di idiomi morti.

Pur volendo solo sfiorarlo e comunque nel rispetto degli avvisi contrari, si ritiene non sarebbe male che, nel confronto sulla loro attualità, si elidessero sia l’irrisione ai passatismi dialettali sia la rivendicazione  del ritorno al dialetto quale linguaggio “paritario”. La prevalenza a livello di massa dell’idioma nazionale ha inequivocabilmente determinato una irreversibile regressione della “lingua” dialettale. Già da tempo in affanno, per effetto dei processi di sviluppo e di modernizzazione, che hanno investito la comunità nazionale.

A un siffatto approdo si è, quasi impercettibilmente, giunti, perché nelle more della transizione, ha funzionato una sorta di circuito linguistico parallelo.

Gli idiomi locali sono sopravvissuti parallelamente alla lingua ufficiale, ma gradualmente ne sono stati marginalizzati.

Una delle tante spogliazioni operate dall’unità nazionale, sostiene polemicamente taluno, che postula, come risarcimento, il ripristino del dialetto (dei dialetti, vista la sovrabbondanza di cui è ricca l’Italia) come seconda (o prima?) lingua!

Diciamo subito che l’argomento è molto più complesso e meritevole di approcci meno banali.

Il linguaggio ha molto a che fare col pensiero. Si stimolano a vicenda, perché il pensiero produce linguaggio e il linguaggio articola il pensiero. Interagendo si sviluppano reciprocamente e determinano processi mentali evolutivi.

La lingua, che ha unificato l’Italia molto prima della politica, è al tempo stesso uno specchio fedele della nostra società, con i suoi valori ed i suoi disvalori.

La lingua soddisfa le nostre esigenze espressive; per il suo tramite il pensiero prende forma e viene comunicato agli altri. Il pensiero preesiste alla lingua che lo esprime, ma a propria volta la lingua retroagisce sul pensiero plasmandolo. Con la conseguenza che a una lingua matura e ricca corrisponde un pensiero più speculativo e complesso.

L’idea giacobina dell’unica lingua, come abbiamo appena anticipato, ha spinto verso l’istruzione nella lingua nazionale e verso l’identità. In nessuna regione d’Italia, qualcuno di recente ha sostenuto, nessuno può accusare uno Stato od un Potere di avergli imposto un idioma; che, dalla sua, ha avuto semmai solo la forza della cultura.

Se ci fosse un’abitudine a formare il pensiero in dialetto, si otterrebbero livelli più avanzati di pensiero? Bella domanda! Inequivocabilmente, la lingua locale dovrebbe recuperare, rispetto alla lingua nazionale e agli effetti colonizzatori di quelle straniere, il gap glottologico dei quasi due secoli trascorsi. In cui nessuna o ben poche delle evoluzioni del pensiero, della scienza, della tecnica sono state anticipate o anche solo armonizzate dal linguaggio “locale”

E’ bene che i dialetti sopravvivano?

Sicuramente sì, se si é certi del fatto che dietro l’enfasi posta a loro difesa non ci sia la volontà di far regredire la condivisione dell’identità.

Sicuramente sì, se la loro sopravvivenza come sistema comunicativo parallelo viene giustificata come arricchimento della tradizione e della cultura a base popolare. Che costituiscono base ed alimento della “memoria”

Non è inopportuno credere che l’impulso, vivo e presente in larghi strati della nostra popolazione (purtroppo attestati su fasce d’età non esattamente verdi), a coniugare dialetto e memoria si situi in tale ambito.

L’ha dimostrato, ove ancora ce ne fosse stato bisogno, il riscontro alla poesia dialettale di Zanoni.

e.v.

In allegato due fascicoli :

  • La scoperta letteraria dell’anno: la poesia in dialetto cremonese del Sindaco Emilio Zanoni UNITRE, lunedì 25 Maggio 2015, Sala Conferenze del Filo Cremona
  • la produzione poetica in lingua cremonese Teatro Filodrammatici 23 Febbraio 2015 
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