Lunedì, 29 aprile 2024 - ore 17.39

Cremona Un’ eccezionale ‘Giornata della Memoria 2016’

Nel ricordo di Vittorio Staccione e dei tanti sportivi “verticali” che non si piegarono

| Scritto da Redazione
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Cominciamo dall’intervento dello studente Andrea Zagheni:

“Ringrazio di averci concesso la parola e parlo a nome delle classi III elettronica dell'ITIS. Siamo qui perche abbiamo scelto di venire.

Prima di prendere la decisione di partecipare a questa manifestazione abbiamo dovuto fornire alla nostra prof. argomentazioni convincenti per giustificare la nostra partecipazione!

Insomma, garantire che non intendevamo questo momento come un modo per evitare di stare in classe, ma un modo di "fare lezione anche al di fuori dalle aule della scuola.

Una lezione che faccia luce su una pagina di storia relativamente recente, perche 70 anni sono pochi rispetto alla storia millenaria dalla quale incominciano i nostri programmi, e che pure non conosciamo ancora bene perche siamo in terza e l'argomento si affronterà in quinta.

Certo, tutti abbiamo sentito parlare della Shoah. Abbiamo visto soprattutto dei film.

Sappiamo che 6 milioni di ebrei morirono nei campi di concentramento e di sterminio e sappiamo che il numero sale molto considerando anche le altre vittime della furia nazista: antifascisti ( come il nostro Staccione) ma anche testimoni di Geova, rom, sinti, omosessuali, disabili- categorie ancora oggi svantaggiate, talvolta discriminate.

Oggi però siamo qui a ricordare un solo uomo, e forse la storia individuale risulta più facile da condividere rispetto a quella dei grandi numeri che la nostra mente quasi non riesce (o non vuole) comprendere.

Vittorio Staccione. Matricola numero 59160. Il numero tatuato sulla pelle con cui viene identificato gli ultimi mesi della sua vita è molto più alto ed anonimo del numero stampato sulle magliette che gli ha dato la gloria sui campi di calcio.

Passa dalla celebrità all'anonimato in cui si consuma il suo sacrificio in uno dei più orribili campi di annientamento mediante il lavoro. ,

Oggi, però, Staccione qui fa il viaggio opposto e torna ad essere un eroe. un divo un numero uno.

E per una volta siamo contenti che un giocatore di calcio venga ricordato non per le sue qualità sportive ma per la sua grandezza d'animo. Non per le doti atletiche ma per la forza e il coraggio di portare avanti fino in fondo le sue idee democratiche, di opporsi alla dittatura fascista anche nel posto di lavoro, quanto era operaio alla Fiat, dopo la carriera sportiva.

Noi siamo orgogliosi di averlo avuto nella squadra di Cremona, la stessa squadra dove oggi gioca anche un nostro compagno di classe che viene da Napoli e che per seguire il suo sogno affronta una vita di sacrifici, lontano dalla sua famiglia.

Ora staremo attenti alle vostre parole. Parole molto diverse da quelle che fendono l'aria negli stadi dove di solito veniamo per vedere le partite-

Vi ascolteremo cercando di capire se credete davvero a quello che dite perché, non vogliamo la retorica. Siamo stanchi dei bei proclami e delle belle parole, vogliamo vedere persone che credono a quello che dicono e che vivono con coerenza.

Il calcio è un bellissimo gioco e uno sport molto seguito. Ma è uno sport che fa anche clamore per tanti scandali a tutti i livelli.

Oggi tutti dobbiamo imparare da Staccione che scegliere la verità e la libertà non è mai una cosa facile ma è una lotta che può costare la vita.

Questi valori e questo coraggio è quello che cerchiamo anche oggi nei giocatori, nei dirigenti delle società sportive. E certamente nelle cariche istituzionali e negli uomini eletti democraticamente che ci rappresentano.

Soprattutto ci auguriamo che l'impegno a ricordare continui ben oltre la giornata della memoria e si traduca in forme concrete di rispetto, di fratellanza e di solidarietà e in prese di posizione esemplari in ogni situazione, sotto e fuori dai riflettori. Grazie”.

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Eh no, caro Andrea, siamo noi a ringraziare Te; per l’intervento che hai pronunciato di fronte alle autorità cittadine, agli sportivi militanti nel passato e nel presente, all’associazionismo della Resistenza ed ai cittadini che hanno voluto partecipare ad una tra le più significative manifestazioni del programma di queste giornate della memoria 2016.

Un intervento talmente apprezzabile, il Tuo, da diventare, piuttosto che un ragguardevole riferimento, addirittura l’editoriale di questa pagina di cronaca e di approfondimento dell’evento svoltosi allo Zini.

La tua testimonianza e l’evidente consenso delle classi scolastiche (III Elettronica dell’ITIS) presenti grazie al fattivo incoraggiamento delle insegnanti Gloria Bergamaschi e Giovanna Mosconi e della Preside e, non dimentichiamolo mai, dell’azione costante di Ilde Bottoli artefice dei viaggi della memoria, hanno introdotto, nello svolgimento del terzo evento celebrativo nel nome di Vittorio, organizzato dal Panathlon e dal Comune di Cremona, quel valore aggiunto che, per quanto ricercato, era in buona parte mancato nelle precedenti occasioni.

Se la targa, dovuta all’arte ed alla generosità dello scultore cremonese Mario Coppetti (assente alla cerimonia solo per un piccolo acciacco in via di remissione) e collocata nello stadio Zini, aveva una mission cui adempiere, ebbene quella mission comincia a produrre risultati.

In nome e sull’altare dello sport, nell’era contemporanea, si compiono più misfatti che gesti, come sempre dovrebbero, edificanti.

Si va nei templi sportivi con lo stesso spirito con cui si va alla guerra (ndr – citazione da Churchill); nel migliore dei casi, quando raramente non ci sono né guerriglia né gesti poco virtuosi, si perdono, causa il prevalere della spettacolarità (e dei sottostanti interessi), il senso morale e la consapevolezza che la competizione è parte, non avulsa, di più vasta etica civile.

Che il Vittorio Staccione, narrato ancora una volta da Gigi Torresani, da Giovanni Radi e Cesare Beltrami, attuale e past presidenti del Panathlon, dal Prof. Galimberti e dal Prof. Perri, attuale e past Sindaci della Città, dal dirigente della Vanoli (ed indimenticato giocatore) Andrea Conti, dal Presidente della Cremonese Gigi Simoni (con a fianco il calciatore forse più rappresentativo del momento, Nicola Ravaglia), dal nipote torinese Federico Molinaro, fosse (rispetto a molti “personaggi” dell’attuale mondo sportivo) di ben altra pasta umana era risaputo.

Ma il ricordo della sua testimonianza va veicolato, soprattutto nel suo profilo civile,  tra le nuove generazioni.

In tal senso, si ripete, l’evento ha raggiunto appieno il suo obiettivo, che, per quanto appena considerato, non poteva, nella ricorrenza più ampia della Shoa, essere solo rievocativo.

La narrazione del profilo sportivo, umano, civile che si è dipanata, oltre a quanto già si sapeva di Vittorio, ha fatto compiere, nella circostanza, un salto di qualità a quello che dovrebbe essere lo sforzo permanente di coniugare la memoria anche al presente.

Già, bell’impresa! Quale simmetria può esservi tra l’attuale pratica sportiva, fortemente pervasa dall’ossessione del successo e dell’arricchimento, ed il “premio” di fine carriera calcistica (peraltro, occasionata dai postumi della tragedia famigliare della perdita simultanea della giovanissima moglie e della bambina appena nata) consistita nel privilegio di un “buon” posto di operaio alla FIAT?

Quale vaga attinenza può esservi tra la contemporaneità impregnata di stordimenti e di cinismi ed il ricordo del quasi meccanico approdo del Vittorio, tornato, dopo la militanza ed i fasti calcistici, operaio nei capannoni della FIAT, alla testimonianza sindacale e politica in un’epoca in cui tutto ciò era severamente interdetto e sanzionato?

 Quale sia pur approssimativa affinità comportamentale può riscontrarsi tra il dilagante impulso dell’oggi a far prevalere su tutto la convenienza ed il gesto da hombre vertical di Vittorio Staccione. Ci riferiamo all’aneddoto, già rivelato nel settembre scorso e richiamato dal nipote Federico, del fermo del calciatore ridiventato operaio ad opera del maresciallo-tifoso. Il quale, nell’evidente intento di favorirne la fuga, l’invitò a recarsi al domicilio per fare le valigie in vista del viaggio verso la Germania e per poi tornare in caserma.

Chi, nei giorni nostri e magari per carichi pendenti molto meno onerosi, seguirebbe la dirittura dell’antifascista, ben consapevole del proprio destino di internamento sicuro e di morte molto probabile, che, per non inguaiare il maresciallo, fece la valigia e, tornando alla caserma, si consegnò all’ineluttabile destino, scritto dai sopraffattori?

Le parole di Andrea, il senso della partecipata presenza dei giovani studenti dell’ITIS, la testimonianza delle personalità appena citate, la lettura di Jim Graziano Maglia, il talento musicale di Andrea Nocerino, il tangibile coinvolgimento nella narrazione di questa memoria degli attuali campioni e dirigenti sportivi hanno costituito gli ingredienti di una formula vincente e raccomandabile per ulteriori future occasioni rievocative. Partire dalla memoria per interrogare le coscienze di chi vuole restare aderente al ricordo e testimoniare nel presente quei valori che hanno orientato le migliaia di Staccione. Mentre la stragrande maggioranza si mimetizzava nel conformismo e nell’accettazione dell’ineluttabilità della prepotenza, e sfangava i pericoli a prezzo della dignità, milioni di donne e di uomini che, come hanno ricordato tutti gli intervenuti, non poterono, per manifeste ragioni di razza, di religione, di cultura, costituenti l’interdizione, sfuggire al destino insieme ad altre migliaia  di cittadini liberi che, pur potendolo fare e scavallare le avversità, tennero la barra e la schiena dritta. D’altro lato, osservava Toscanini, la schiena si piega quando moralmente è già curvata.

Ha fatto bene alla nostra sensibilità accertare che queste riflessioni possono ancora coinvolgere la testimonianza di donne ed uomini adulti. Ha fatto ancor più piacere verificare che, in contesti un po’ così, una siffatta percezione del senso della memoria può essere indicata, con qualche probabilità di successo, alle generazioni che saranno al timone dell’Italia di domani.

Ha fatto bene prof. Galimberti, nella sua duplice funzione di Sindaco e (sia pure in aspettativa) di educatore ad esortare tutti (ed i giovani in particolare) alla percezione ed alla consapevolezza che le degenerazioni di quella stagione si possono ripresentare anche negli scenari contemporanei.

Contraddistinti dal cedimento, oseremmo dire strutturale, della coscienza civile di fronte a profondi cambiamenti che inducono, come ottant’anni fa, ad imboccare la strada convenzionale del cinismo.

Se, tuttavia, ci è permesso, tale giusta esortazione del Sindaco a non cedere all’affievolimento delle coscienze non può in nessun caso giustificare letture assiomatiche ed identificative  tra l’aberrazione di quelle persecuzioni e la manifestazione di spirito di razionalità e di prudenza nell’accettare l’incontrovertibilità di certi dogmi.

Se ancora ci è permesso, rivolgendoci al nostro apprezzato (almeno nella circostanza!) Sindaco non lasciamo cadere due spunti del conduttore dell’evento, Gigi Torresani. Il primo, non ancora ufficiale, è che, proseguendo nella testimonianza dei valori di Vittorio Staccione, si sta lavorando per organizzare un campionato triangolare tra le giovanili dei club in cui egli militò: Torino, Cremonese e Fiorentina. Il secondo (e qui ci mettiamo qualcosa di nostro personale) riguarda, diciamo, la logistica della lapide di ricordo del calciatore martire.

Se ha un senso, tale targa dovrebbe essere visibile ai più. In particolare, ai settori dello stadio che, di tanto in tanto, fanno mostra di non tenere molto conto della lezione di Vittorio. Insomma, noi l’avremmo collocata, anche a costo del pericolo di gesti vandalici, all’ingresso comune della curva e della tribuna.

In ogni caso, esorteremmo il Sindaco (ogni tanto dimentico del fatto che l’opera artistica è stata realizzata da Coppetti e dallo stesso donata e che la lastra è stata installata gratuitamente da un socio del Panathlon) a considerare che la scansione temporale cui affida la testimonianza della memoria è chiaramente incongrua per la probabilità che il muro d’appoggio della lapide, oltre che indecoroso, possa reggere ancora a lungo.

 

 

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