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Delitto nella Pieve di Soncino nuovo libro di Agostino Melega (Cremona)

Domenica 13 Settembre, è stato consegnato alla pluripremiata e storica edicola Ballardini, il nuovo libro di Agostino Melega, “Delitto nella Pieve di Soncino”, uscito dalle rotative della Fantigrafica di Cremona, per i tipi editoriali di “Cremona Produce”.

| Scritto da Redazione
Delitto nella Pieve di Soncino nuovo libro di Agostino Melega (Cremona)

Delitto nella Pieve di Soncino di Agostino Melega (Cremona) , la storia di un libro

Domenica 13 Settembre, è stato consegnato alla pluripremiata e storica edicola Ballardini, in via Giordano a Cremona, il nuovo libro di Agostino Melega, “Delitto nella Pieve di Soncino”, uscito dalle rotative della Fantigrafica di Cremona, per i tipi editoriali di “Cremona Produce”.

La pubblicazione di questo romanzo breve, il cui ricavato sarà devoluto a favore dell’A.C.C.D. (Associazione Cremonese per la Cura del Dolore) è avvenuta attraverso il prezioso contributo  di quattro sponsor: la Confartigianato, l’Impresa edile Costantino Secchi di Cavatigozzi, l’azienda Maglia Club di Cremona e il Museo del Velocipede di Soresina.

Sulla pagina introduttiva del testo,  vi è  una curiosa dedica rivolta ad Ermete Rossi, storico di Soncino e già sindaco del suggestivo borgo posto sulle rive dell’Oglio, per un singolare fatto avvenuto nel lontano 2 febbraio 1996. Quel giorno, infatti, l’allora sindaco soncinese si fermò alla Scuola Edile di Cremona, dove  Melega stava operando come  direttore, al fine di regalargli il prezioso libro “Soncino. La bella storia”, dal quale è stata tratta la tragica vicenda dell’assassino dell’arciprete Sismondi, da parte di Gasparo Trussardo, un fanatico patarino, la vigilia di Natale del 1110, nella pieve dedicata a Santa Maria Assunta, nel contesto di un feroce conflitto di opinione e di potere.

 Il “Delitto nella Pieve di Soncino” è posto all’interno di un filone già toccato dall’autore in passato, mediante la collana pubblicata a suo tempo dall’editrice “Apostrofo” di Dante Fazzi. Tant’è che l’idea del libro venne  anni or sono proprio a lui, a Fazzi stesso, ma in seguito, purtroppo, non maturarono più le condizioni per poterlo dare alle stampe.

 E’ stato invece durante i giorni di clausura derivanti dalla pandemia del Covid 19 che all’autore è venuto in mente di riprendere in mano tale romanzo e di ritoccarlo insieme ad altri  scritti inediti.

 La vicenda narrata è ambientata nel medioevo ed in essa si rifrange molto della passione per il dialetto e per l’epica contadina da parte di Melega.  Ed in particolare vi si riflette l’interesse culturale per l’oralità che veniva sviluppata d’inverno, al caldo delle stalle, nei cosiddetti filòs, quando venivano raccontate da abili narratori vecchie storie, miti e favole.  L’autore ha immaginato, insomma, la vicenda di Dodo, del prete ucciso, come uscita dalla bocca di quei narratori popolari, i quali sapevano tessere i loro racconti in un modo che incantava gli uditori, grandi e piccoli che fossero.

  Per venire alla figura del prete protagonista del romanzo, essa è riferita a quella di un sacerdote fortemente impegnato nell’educazione dei giovani di Soncino. Il quale seppe, con coraggio, a cavallo fra i l’XI° e il XII° secolo, porsi come portavoce delle esigenze dei nuovi ceti artigianali che s’affacciavano nella vita di un borgo in rapida crescita. Questo suo darsi tanto da fare, veniva mal sopportato però dalle quattro famiglie d’origine longobarda che dominavano allora il territorio, esercitando soprattutto questo potere nelle vesti di esattrici del fisco, a nome dei conti Ghisalbertini di Bergamo, titolari del feudo soncinese.  

  E si giunse al punto odioso che le stesse famiglie, non sopportando più quel sacerdote, chiedessero alla Curia Vescovile di Cremona di trasferirlo, dopo aver inventato di sana pianta una storia d’amore fra il prete stesso ed una ragazza del luogo.

E poiché in tutte le storie si presenta sempre qualcuno che non capisce proprio nulla, anche in questo caso, un uomo d’armi, tal Gasparo Trussardo,  fanatico patarino ed ex crociato in Terra Santa, pensò di farsi bello davanti ai suoi padroni, ai quali non passava nemmeno nell’anticamera del cervello l’idea di eliminare fisicamente l’arciprete Dodo Sismondi.

  E così il Trussardo pensò bene di voler essere il più bravo di tutti, infilzando  il religioso con la sua spada, in chiesa, nella Pieve di Soncino, nella notte natalizia.

 E così facendo, anticipò di secoli quanto pure avvenne  il 26 luglio 2016, quando il francese padre Jacques Hamel fu sgozzato durante la celebrazione della Santa Messa, nella chiesa di Saint Etienne du Rouvray, nei pressi di Rouen, in Normandia, da parte di due giovani esaltati, “patarini” del giorno d’oggi.

 Per concludere la crudele storia, si è saputo poi che l’assassino Trussardo venne radiato per sempre anche dai suoi padroni, e che egli si diede subito alla fuga, forse verso la Francia. E di lui non si seppe più nulla...

Svanito per le vie del mondo. Certo è che purtroppo la fece franca, da uccel di bosco e da libero assassino...

Mèt en pèe sö la vìida che la stòoria l’è bèle finìida (Metti un piede sulle vite, che la storia è già finita).

 Nota informativa: per il momento il libro lo si può trovare, oltre che presso l’edicola Ballardini, anche alla libreria “Mondo Libri” in corso Pietro Vacchelli 31, e presso il ristorante Centrale, in vicolo Pertusio 4.

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