Martedì, 16 aprile 2024 - ore 21.33

Egitto, così i giovani hanno guidato la rivolta

| Scritto da Redazione
Egitto, così i giovani hanno guidato la rivolta

Egitto, così i giovani hanno guidato la rivolta      
Dal Movimento 6 Aprile all'uccisione del blogger Khaled Said: eventi reali rimbalzati sul web, unico spazio libero per i ragazzi del Cairo che alla fine hanno portato in piazza anche i loro genitori DI AZZURRA MERINGOLO, MOLECOLEONLINE.IT
di Azzurra Meringolo, molecoleonline.it

Giovani, quasi tutti under 30, generazione nata e cresciuta con un solo padre della patria, quello che, al potere dal 1981, sembrava l’intramontabile faraone. Maghi della tecnologia, assidui frequentatori della sfera virtuale, popolo dei social network. Occhi vispi e scatto veloce, sospettosi di tutti quelli che incrociavano il loro sguardo per strada. Preparati, molti bilingue e con un alto livello di istruzione. Stanchi, esausti di vivere in un paese dove il regime corrotto gli impediva di realizzarsi, costringendoli ad espatriare per crearsi un futuro. Sovversivi, se non nell’azione, almeno nel pensiero. Amanti del dibattito, quello che per strada non poteva trovare sfogo e che cercavano di ricostruire negli interstizi di parziale libertà che gli regalava il web. Sono stati questi giovani egiziani il nucleo di partenza della rivoluzione scoppiata il 25 gennaio scorso, lo zoccolo duro che, coinvolgendo amici e familiari, ha portato per strada milioni di persone a chiedere la caduta del regime del presidente Hosni Mubarak.

Diversamente da quanto accaduto ai loro genitori, vittime di sistemi mediatici di corte che cercavano esclusivamente di rafforzare il consenso interno al regime, questi ragazzi sono cresciuti quasi tutti ascoltando le trasmissioni di al Jazeera, la prima emittente satellitare araba nata alla fine del secolo scorso. Sono state queste nuove frequenze nelle quali il dialogo politico è tornato ad essere presente a vivacizzare le loro menti, iniettando nei giovani una voglia di dibattito e democrazia che non trovava appagamento in patria.

Erano anni che i più coraggiosi scendevano per strada per gridare contro il regime. A noi occidentali i numeri sembravano sempre bassi e poco significativi, ma in un paese dove vige lo stato di emergenza, decine di ragazzi circondati da centinai di poliziotti hanno un impatto tutto diverso. Ad ampliare la loro visibilità sono stati all’inizio del nuovo secolo numerosi blogger che, appassionati in primis di tecnologia, si sono trasformati in veri e propri attivisti virtuali, personaggi che, mettendo in stand by il loro computer, sono usciti di casa per riprendere o fotografare tutto quello che stava accadendo per strada. Erano gli anni di kifaya, un movimento politico trasversale che, avendone letteralmente abbastanza del regime, (kifaya in arabo vuol dire abbastanza) aveva deciso di organizzare manifestazioni di strada per farlo crollare. I blogger hanno filmato la risposta violenta della polizia e l’azione pacifica di questi attivisti. Tornati a casa hanno messo tutto su internet, vera e propria cassa di risonanza delle proteste.

UNA FARFALLA CHE SBATTE LE ALI. Kifaya non ha raggiunto i sui obiettivi ma, come dice Ahmed Shaaban, uno dei suoi fondatori, come una farfalla che sbatte le ali, ha creato piccole variazioni nelle condizioni iniziali. Variazioni che nel lungo termine hanno prodotto effetti maggiori. Ha abbattuto la barriera di paura che impediva agli egiziani di ribellarsi, ha mostrato a quanti si sentivano i soli a volersi opporre al regime che a condividere la loro insoddisfazione erano tantissimi cittadini e ha ridato agli egiziani il diritto di manifestare per strada, cosa che il regime gli aveva con gli anni sottratto di mano.

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