Lunedì, 11 novembre 2024 - ore 08.01

Germania Dgb: In Europa salario minimo misurato sul Pil

Parla Reiner Hoffmann, neo presidente della principale confederazione tedesca.

| Scritto da Redazione
Germania Dgb: In Europa salario minimo misurato sul Pil

 "Anche da noi è cresciuto il numero dei lavoratori a basso reddito, serve un cambio di passo". Sulla Commissione Ue: presidenza a Juncker o Schulz DI MARTINA TOTI

“Dobbiamo intraprendere un percorso completamente nuovo per quanto riguarda le prospettive economiche e sociali dell’Europa. Negli ultimi anni, le politiche di austerità si sono dimostrate un errore enorme e non hanno condotto alla ripresa. La disoccupazione è in aumento, il tasso dei senza lavoro è inaccettabilmente elevato. Tutto ciò non è affatto salutare per la democrazia europea”. Così inizia la nostra conversazione con Reiner Hoffmann, dal 12 maggio scorso neo presidente del Dgb. Con circa 6 milioni e 200.000 iscritti, il suo è il primo sindacato in Germania e ha un peso notevole anche nello scenario europeo. Hoffmann stesso è stato vicesegretario generale della Ces a Bruxelles e direttore dello European trade union institute. Per l’Europa chiede un cambio di passo, ma indica nuove priorità anche per la Germania.

Hoffmann Per prima cosa, abbiamo bisogno di un nuovo ordinamento del mercato del lavoro tedesco. Solo qualche settimana fa, il nostro congresso ha adottato un programma molto ambizioso di riforme. Nella proposta del Dgb spiccano alcuni elementi rilevanti: il rafforzamento della contrattazione collettiva e l’adozione di strategie innovative che permettano di lavorare più a lungo e in condizioni migliori, anche alla luce dei cambiamenti sopravvenuti nel mondo del lavoro e delle sfide demografiche che ci troviamo davanti. Si tratta, in altre parole, di potenziare quello che in Germania viene definito humanisierung. Letteralmente vuol dire umanizzazione. Da noi questo concetto è stato al centro di un grande piano del lavoro agli inizi degli anni settanta. All’epoca, le parti sociali adottarono misure speciali per rendere più salutari le condizioni di lavoro e favorire, allo stesso tempo, la produttività e la permanenza delle persone in attività. Dobbiamo, poi, investire maggiormente nell’istruzione. Nel confronto con gli altri paesi dell’Ocse, la Germania si colloca tra i 10 che spendono meno in questo settore. In ultima istanza, siamo chiamati a consolidare il sistema della codeterminazione, che è tipico del nostro paese.

Rassegna Questi sono i vostri obiettivi, ma quanto la crisi ha influito sulla vita degli iscritti alla Dgb?

Hoffmann Un effetto è stato l’aumento dei lavori a basso reddito, per questo ci stiamo battendo con così tanta forza per l’introduzione del salario minimo. Altra conseguenza è stata l’indebolimento della presenza femminile nel mercato del lavoro, un fronte su cui siamo indietro anche rispetto alla media europea. Il problema delle donne tedesche è che sono intrappolate in occupazioni part time: è la direzione sbagliata. Infine, argomento molto dibattuto dai nostri delegati, va rafforzato l’impegno della Germania nel processo di integrazione sociale dell’Unione europea.

Rassegna Proprio il salario minimo è stato uno degli elementi chiave per la realizzazione dell’attuale coalizione di governo tra i conservatori di Angela Merkel e i socialdemocratici dell’Spd. Perché è un tema cruciale nel vostro paese? E, soprattutto, si può pensare a un salario minimo anche a livello europeo?

Hoffmann Per la Germania la questione salariale è così importante perché nell’ultimo decennio la platea dei lavoratori a basso reddito è cresciuta sensibilmente e, al momento, rappresenta circa il 20-25 per cento dei tedeschi. Noi dobbiamo aiutarli a uscire da quella trappola. Il salario minimo è un passaggio necessario per garantire compensi migliori. Per quanto riguarda l’Europa, ritengo che occorra invece intavolare una discussione che punti all’introduzione di un salario minimo da fissare in rapporto al prodotto interno lordo degli Stati membri.

Rassegna A proposito di Europa, la Confederazione europea dei sindacati ha elaborato un piano di investimenti che si è ispirato al lavoro condotto nelle rispettive nazioni dal Dgb in Germania e dalla Cgil in Italia. È il segno che si è aperta una nuova era di cooperazione e solidarietà per il movimento dei lavoratori?

Hoffmann Ormai è una necessità che le organizzazioni sindacali cooperino a livello europeo molto più di quanto non abbiano fatto in passato ed è mia opinione che il piano di investimenti della Ces sia un ottimo esempio di come questo tipo di collaborazione possa prendere corpo e sviluppare nuove proposte.

Rassegna Intanto, però, la Germania è ancora considerata la “madre-padrona” dell’Europa. Agli occhi dei cittadini degli altri Stati membri, le politiche di austerità e rigore dipendono dai vostri governi, così come un eventuale allentamento dei vincoli. Condivide quest’opinione?

Hoffmann Ritengo che il passato governo tedesco – per intenderci quello giallo-nero – abbia completamente sbagliato linea di condotta in Europa. Durante la crisi ha saputo prendere le decisioni giuste per riportare il nostro paese sulla strada della crescita e dell’occupazione: con l’adozione di due piani di investimenti, di misure speciali per il mercato del lavoro, una regolamentazione dei contratti a breve termine e il coinvolgimento dei sindacati, molto attivi nel contribuire a modellare le politiche aziendali per salvare posti di lavoro ed evitare licenziamenti. Eppure è esattamente l’opposto di quanto la cancelliera Angela Merkel propone al Consiglio europeo.

Rassegna Altro ruolo che viene attribuito generalmente alla Germania è quello di “motore d’Europa”. È davvero così anche dal punto di vista dei lavoratori? A maggio il tasso di disoccupazione è salito anche da voi…

Hoffmann È vero: il numero dei disoccupati è ancora troppo alto e si attesta attorno ai tre milioni. Abbiamo bisogno di due provvedimenti. Il primo, come anticipavo poco fa, è un aumento significativo dei salari. L’introduzione del salario minimo, a partire da gennaio, è un primo passo nella giusta direzione, ma è ancora insufficiente. Contemporaneamente, infatti, bisogna rafforzare il potere di contrattazione collettiva delle parti sociali, in modo che sempre più persone siano tutelate da contratti di lavoro collettivi.

Rassegna Chiudiamo questa conversazione con le sue speranze sui leader che guideranno l’Europa dopo l’ultima tornata elettorale e, soprattutto, sul vertice della Commissione europea, visto che in corsa c’è anche il socialdemocratico tedesco Martin Schulz. Cosa pensa dell’ipotesi secondo cui nessuno dei candidati annunciati e sottoposti indirettamente al vaglio dell’elettorato ottenga la nomina a presidente?

Hoffmann Sono fortemente deluso, perché il primo vertice informale del Consiglio europeo non è stato in grado di raggiungere un accordo sulla figura del prossimo presidente della Commissione. Penso che in questo modo si ignori il diritto del Parlamento europeo e, con esso, uno dei risvolti positivi del Trattato di Lisbona, che stabilisce che la Commissione deve essere designata tenuto conto della composizione del Parlamento emersa dal voto popolare. Il mio suggerimento è che la presidenza venga ricoperta o da Jean Claude Juncker o da Martin Schulz, ma assolutamente non da altri, perché sarebbe inaccettabile.

Rassegna Nutre aspettative sull’Italia?

Hoffmann Le ho e sono alte. Fin dall’inizio, il vostro paese è stato molto filoeuropeista e spero che, ritrovando questo spirito, il vostro attuale governo torni pure a giocare un ruolo importante nel Consiglio europeo in favore dell’Europa sociale.

Fonte-rassegna sindacale

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