Sabato, 20 aprile 2024 - ore 09.36

Il capitalismo liberista salvi se stesso (se ne è capace)

| Scritto da Redazione
Il capitalismo liberista salvi se stesso (se ne è capace)

Era prevedibile, anzi scontato: il capitalismo mondiale è entrato nella sua fase di crisi profonda.
Non si tratta di una delle periodiche crisi di crescita  come teorizzato da Schumpeter.

I risultati dell’ultimo vertice europeo, pur con i limiti che ancora permangono a causa delle ultime scorie di liberismo sostenute dalla Merkel, indicano una strada di solidarietà europea che potrebbe diventare viatico per indirizzare la politica europea  verso gi “Stati Uniti d’Europa”.

L’attuale crisi, accentrata nell’economia, in realtà è iniziata e si è affermata, innanzitutto, come crisi etica, dove l’avidità  del liberismo individualista ha scardinato ogni forma di possibile cooperazione solidale fra i popoli europei.

Il crollo di Berlusconi in Italia e di Sarkozy in Francia ha indicato la strada da seguire; per l’Italia ancora con talune difficoltà determinate dalla presenza di Berlusconi e del suo liberismo autoreferente (detiene, abusivamente, una maggioranza parlamentare numerica che non corrisponde alla volontà politica degli elettori), ma fallimentare (lo dimostrano le sue azienda quotate in borsa, incapaci anche seguire l’andamento della borsa quando registra aumenti, precipitando in uno stato pre-fallimentare).
Tale crisi, iniziata come crisi etica,  si dilatò negli USA, come crisi economica, con il governo Bush, scatenato a reperire quattrini per condurre, da petroliere, le sue assurde guerre del petrolio.
Il sistema per reperire denaro non poteva che contemplare lo sfruttamento al massimo del potenziale del mercato, attraverso la mobilitazione dei media, per spingere al consumo, anche ipotecandosi la casa, pur di potere seguire la moda imposta del superfluo.
Era questione di tempo, ma i nodi dovevano venire al pettine, e in tutto l’occidente, nonché in quelle nazioni che si sono lasciate irretire dal consumismo sfrenato.
L’Italia è stata la nazione più disgraziatamente coinvolta, perché ha avuto la maledizione di avere un presidente del consiglio impelagato fino al collo nel conflitto di interessi, e, contemporaneamente, convinto promotore di un liberismo fuori dal controllo dello Stato,  inadeguato ad inserirsi nella dinamica di una nazione che era riuscita ad emergere dallo sfacelo fascista con la forza del lavoro, della produzione, con il sostegno delle classi socialmente più deboli, ma messe nella condizione di lavorare e produrre. 
Con l’arrivo di questo speculatore  le condizioni si capovolsero; emerse la finanza creativa, la protezione delle classi che avrebbero dovuto pilotare la produzione, attraverso condoni fiscali a ripetizione, favorendo (e giustificando) l’evasione fiscale, quindi la penalizzazione del lavoro mortificato dal precariato, nonché identificato come merce da collocare nel mercato del lavoro secondo le regole del mercato. 
Ora si proclama la lotta all’evasione; lo ha proclamato anche Berlusconi, magari sperando di essere creduto; ma  durante il governo Prodi, in una riunione dell’Assindustria ebbe a dire che una fiscalizzazione oltre il 40% giustifica l’evasione; questo perché promettevariduzione di tasse e benefici per le fasce più bisognose; non è accaduto nulla di ciò,anzi le tasse aumentarono (ma non più indicate come   "le mani nelle tasche degli italiani" , ma  SACRIFICI  NECESARI").

Dopo  l’esaltazione della classe capitalista, degli imprenditori illuminati, delle cordate eroiche, ora, precipitati sull ’orlo del fallimento, si è dovuto far ricorso al governo dei tecnici e a misure pesantissime, chiamando  a raccolta la piccola e media borghesia del lavoro perché venga  a soccorrere gli sconfitti che hanno provocato l’acuirsi della crisi, sia etica che economica.
Salvare poi questo capitalismo, senza modificarne la struttura interna in capitalismo sociale, significherebbe salvare il boia che ha pronta la corda per impiccare la piccola e media borghesia che vive di lavoro e crede nella democrazia; questo perché il capitalismo non soltanto non ha bisogno della democrazia (pur se è stata la democrazia a permetterne l’affermazione), ma la combatte in nome di un regime autoritario che tuteli le condizioni di privilegio che ha generato  (l’arroganza di Marchionne ne è la documentata dimostrazione).

Sta qui il successo odierno di Monti, del quale il berlusconismo liberista è agli antipodi: viene oggi indicata una strada nuova, meno comoda ma più efficace per raggiungere quella equità sociale in grado di avvicinare popoli e nazioni, in nome della solidarietà umana.

 

Rosario Amico Roxas

 

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