Venerdì, 03 maggio 2024 - ore 16.26

Il punto di Rosario Amico Roxas. La globalizzazione della convivenza

Pubblichiamo l’analisi di Rosario Amico Roxas, che prende le mosse dal pellegrinaggio turco di Papa Francesco

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas. La globalizzazione della convivenza

Il pellegrinaggio in Turchia di Papa Francesco sta assumendo, sempre più, una dimensione globale, una “globalizzazione dell’etica”. La visita di preghiera nella grande moschea blu non è stato un “atto dovuto”, come lo fu per il predecessore di Papa Francesco, per il quale la visita in quella moschea fu l’obolo che dovette pagare per quella inopportuna lectio magistralis di Ratisbona, che apparve ai più come un proditorio attacco alla religione islamica, peraltro con un prosieguo allarmante, che, finalmente, si concluse con le dimissioni da un impegno universale, che universale non fu.

Quel pellegrinaggio di preghiera ha realizzato la vocazione universale della religione e delle religioni, sancita dalle risultanze del Concilio Ecumenico Vaticano II, mentre il mondo cattolico attende un Terzo Concilio per dirimere e sanare le fratture generate dal pontificato precedente a questo di Papa Francesco.

Ho ascoltato tante prediche sulla pace, sviluppate da chi non possedeva l’abito idoneo, limitate al panorama italiano o europeo, che rappresenta tanti piccoli orticelli; certo abbiamo, anche, il diritto/dovere di coltivare il nostro orticello, di tenere in alta considerazione gli interessi nazionali, ma la globalizzazione (direi piuttosto la dilatazione spaziotemporale) che sta vivendo il pianeta, rischia di vanificare tutte le attenzioni individualistiche se non vengono proiettate nella giusta dimensione, escludendo a priori qualunque tipo di preteso primato.

Oggi si parla di pace, come se stessimo bonificando la nostra cultura che pacifista non è mai stata; ci vengono proposte e tentano di imporci “radici cristiane dell’Europa” quando il Nuovo Catechismo cristiano si guarda bene dal condannare la guerra e tutte le guerre; piuttosto siamo condizionati dal dovere di provare “eterna gratitudine” a quegli Stati Uniti che ci hanno liberato dal nazifascismo, facendosi, anche, barriera all’incombente comunismo. Quindi la tanto decantata Resistenza non avrebbe fatto proprio nulla. Quale Resistenza, quale dedizione alla libertà.

Ci hanno preso in giro e ci prendono ancora in giro dopo sessant’anni: il merito è tutto e solo di quell’America, che, però, ci ha presentato il conto di quella gratitudine, che stiamo puntualmente pagando a rate annuali, senza saltare una sola rata, anzi, accettando di buon grado ulteriori interessi aggiuntivi.

Ora quell’eterna gratitudine, che ci ha portato a guerreggiare in Afghanistan prima e in Iraq poi, mi pare proprio assimilabile a un atteggiamento mafioso, sia da parte di chi la pretende che da parte di chi la riconosce. La gratitudine non può condizionare la vita futura, altrimenti diventa schiavitù; la gratitudine deve manifestarsi in piena e autonoma libertà, altrimenti tanto vale che “il generoso” presenti subito il conto e si faccia saldare il debito.

Gli Stati Uniti pretendono gratitudine e Berlusconi ce la rinfaccia a ogni pie’ sospinto, alla Resistenza e alle vittime della Resistenza il diritto di avere riconosciuto una Storia che ha gettato le basi per un’Italia, finalmente, democratica, rimane nel limbo delle parole.

Per l’America, la guerra, con i suoi morti e le sue distruzioni, è vita; vita economica, vita sociale, perché esporta nel mondo intero il proprio modello di vita; quindi è a monte che andrebbe affrontato il problema, con il ridimensionamento di un’alleanza che, ci piaccia o no, ci fotte su tutta la linea. C’è tutto l’interesse americano a impedire il decollo politico dell’Europa, per farci restare nell’alveo di un vassallaggio senza via d’uscita.

Quando poi una nazione europea come l’Italia è stata governata da chi vassallo si sente per propria costruzione mentale, perché da quel vassallaggio carpisce le prebende dovute alla servitù, allora il discorso si complica e condiziona l’intera Europa. Così siamo diventati i custodi di oltre 90 ordigni nucleari americani, pronti a essere imbarcati sui bombardieri e sganciati sulla prossima nazione che gli Stati Uniti decideranno di aggredire; questo perché i malaugurati anni di governo del berlusconismo hanno condizionato anche i governi futuri, concedendo fette della nazione per creare basi militari, sottoscrivendo accordi per posteggiare armi di distruzione di massa, permettendo che militari in armi stazionino nel nostro Paese, eventualmente pronti anche a sostenere con la forza eventuali colpi di testa di un vassallo con mire autoritarie. Non siamo più alleati paritari con diritto di critica, ma servi con dovere di ubbidienza e di “eterna gratitudine”: quindi, agli occhi dei popoli aggrediti, siamo complici, per cui, quando possono, ci ammazzano.

Osserviamo così il relativismo del concetto di “pace”; fino a quando la pace sarà sinonimo di “assenza di guerra”, non potrà mai realizzarsi, perché la madre dei criminali di guerra è sempre incinta.

Papa Francesco sta seguendo la strada giusta, coinvolgendo tutte le religioni del pianeta, in quanto è nel precipuo compito delle religioni occuparsi, innanzitutto, dell’etica della civile convivenza, che non coincide con la logica del più forte che impone la propria visione della storia e i propri interessi.

Rosario Amico Roxas

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