Domenica, 28 aprile 2024 - ore 13.11

Il punto di Rosario Amico Roxas. La madre di tutti i razzismi

Amico Roxas: «L’ultimo volume di Oriana Fallaci, “La forza della ragione”, è in realtà basato sulla ragione della forza»

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas. La madre di tutti i razzismi

Leggere di un sacerdote cattolico e cristiano, proprio nell’anno della Misericordia, che rifiuta la benedizione a una salma e minaccia di dar fuoco alla canonica se dovesse esser costretto a dare assistenza agli immigrati, sconvolge le certezze che papa Francesco ha cercato di inculcare nel mondo dei credenti.

Un atteggiamento del genere è frutto di una semina di odio iniziata con gli scritti di Oriana Fallaci, proprio quando bivaccano nelle stanze del potere personaggi che vorrebbero far leggere nelle scuole tali scritti, lautamente retribuiti dal Pentagono USA che aveva necessità di un sostegno di odio viscerale per giustificare l’aggressione all’Iraq basata sulle menzogne del Presidente Bush, che accusava l’Iraq di disporre di armi di distruzione di massa, poi smentite, ma senza censure a quel Presidente e ai suoi alleati, tra cui Berlusconi, responsabile della morte di 19 nostri militari a Nassirija.

L’ultimo volume di Oriana Fallaci, La forza della ragione, fu l’esempio più emblematico di una penna al servizio del potente, per istigare odio e giustificare violenze travestite da esercizio di giustizia, anche se continuamente intervallate da auspici di pace.

L’idea di pace della Fallaci, elaborata nel suo pamphlet, non mi attira, perché non mi convince. Viene trasmessa una ipotesi di pace dopo che era stata vinta una guerra che non poteva non essere vinta, stante la disparità delle forze in contrapposizione; quando una guerra non può che essere vinta, stante la disparità delle forze, vengono meno anche i canoni dell’onore.

Gli eserciti, vincitori designati, diventarono esecutori di condanne a morte, pronunciate senza processo e comminate nel mucchio, senza distinzione di sesso, età e grado di colpa. Una guerra vinta senza combattere è una missione punitiva; la reazione dell’aggredito, non viene registrata come una doverosa “resistenza” e viene chiamata “terrorismo”; i vincitori fanno la conta dei propri morti senza neanche accennare a quanti morti ha provocato la fase non combattuta, quella preventiva e tecnologica.

Quello che viene indicato come il perdente, il vinto, il popolo dei vinti si difende con i mezzi di cui dispone, con i soli metodi che è in grado di usare, e allora viene indicato al mondo come terrorista, e come tale braccato, perseguitato, torturato, reso bersaglio di uccisioni mirate, di esecuzioni senza processo. La nuova civiltà del potere, quella del più forte, quella che si vuole imporre con la globalizzazione del terrore, balla la sua danza di morte, irrorando le vittime con il sangue, lavato con altro sangue.

I crimini contro l’Umanità non vengono riconosciuti se commessi dal popolo dei vincitori; per le stragi dell’aggressione all’Iraq, è stato trovato un piccolo caporale di turno, colpevole delle nefande torture che il potente ha inflitto ai prigionieri di guerra, e ha pagato per tutti i crimini dei suoi capi, perché il metro della Giustizia è stato stravolto dall’uso del potere, che rende invulnerabili i potenti e li eleva al di sopra anche delle leggi naturali. L’aberrante sistema delle torture è stato assolto; i capi ispiratori sono risultati vergini illibate. La motivazione? Non sapevano cosa stesse accadendo, cosa stesse facendo quel piccolo caporale con i prigionieri di guerra; come se ignorare fatti e misfatti del genere possa rappresentare un’attenuante per meritare l’assoluzione. La confessione di ignoranza peggiora e aggrava le responsabilità, perché documenta un’inettitudine che non si concilia con la pretesa di essere la nazione-guida del pianeta, e non con la forza della ragione, bensì con la ragione della forza. Il piccolo caporale non era solo, aveva un complice senza scrupoli: la macchina fotografica. Quella macchina fotografica che ci ha mostrato la soldatessa Lynndie England che teneva al guinzaglio un iracheno nudo, umiliato, dolorante per le torture subite; immagini degne di un film dell’orrore e del sadismo. Ma la soldatessa Lynndie, complide del piccolo caporale, non se ne curava, era la rappresentante di un cristianesimo (ha sostenuto di frequentare regolarmente la Chiesa) neoconservatore entrato in rotta di collisione con l’Islam in maniera violenta, disgustosa, oscena. In una logica che divide i colpevoli dagli innocenti, chi era il colpevole in quella foto? Lynndie che reggeva il guinzaglio o quell’anonima vittima torturata nel corpo e umiliata nello spirito, per aggiungere un ulteriore tocco di degradazione al suo destino?

Le torture a Baghdad erano diventate una routine, ma alle torture si sono aggiunte le foto, per seppellire definitivamente il residuo dell’onore. L’accelerazione della Storia sta permettendo adesso che le crudeltà inferte alla popolazione civile, cominciassero a emergere. Quelle foto non furono un “incidente di percorso” ma una programmata regia per raggiungere il punto di rottura in grado di esaltare la capitolazione degli sconfitti. Chi ha insegnato a Lynndie e al suo compare e agli altri criminali del carcere di Abu Ghraib a mettere in atto una così feroce tecnica di distruzione materiale e morale?

Rosario Amico Roxas

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