Domenica, 28 aprile 2024 - ore 14.21

Il punto di Rosario Amico Roxas. Per un’equa distribuzione delle risorse

Il nostro opinionista riparte dalla figura di Adriano Olivetti

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas. Per un’equa distribuzione delle risorse

Il metro delle iniquità partorite dal capitalismo occidentale si può valutare, con impatto immediato, scorrendo gli stipendi o come altro si amano identificare, che finiscono nelle tasche di grandi elettori, manager, capibastone, ben introdotti nella Cosa Pubblica a tutela della loro Cosa Privata. Ricordo le affermazioni di Adriano Olivetti, padre della “sociologia delle imprese”, uno dei pochi imprenditori che si fece carico di risollevare le sorti della nazione. Chi fu Olivetti? Urbanista, editore, scrittore, uomo di cultura, ma soprattutto imprenditore che credeva nella tecnologia, nell’innovazione, nella responsabilità sociale dell’impresa. Si laureò in chimica industriale al Politecnico di Torino e nel 1924 e iniziò l’apprendistato nella ditta paterna come operaio. La sua visione del ruolo dell’impresa e la sua poliedrica personalità lo portarono a occuparsi in modo fortemente innovativo anche di problemi sociali e politici, di urbanistica, architettura, cultura ed editoria. A Ivrea avviò la progettazione e costruzione di nuovi edifici industriali, uffici, case per dipendenti, mense, asili, dando origine a un articolato sistema di servizi sociali. Per Olivetti l’impresa, la fabbrica, non era solo un luogo di produzione, ma il motore principale dello sviluppo economico e sociale; un motore che aveva anche la responsabilità di mettere a disposizione della collettività e del suo territorio più lavoro, prodotti, servizi, cultura.

Nel 1956 Comunità presentò una sua lista alle elezioni amministrative e Olivetti fu eletto Sindaco di Ivrea. Il successo lo indusse a presentare una lista anche alle elezioni politiche del 1958, ma lui soltanto risultò eletto alla Camera dei Deputati e dopo poco più di un anno si dimise, cedendo il posto al primo dei non eletti, Franco Ferrarotti (ebbi l’onore di avere Ferrarotti come professore di Sociologia alla Sapienza di Roma, cattedra della facoltà di Filosofia). La sua immagine come imprenditore e intellettuale a tutto campo si rafforzò negli anni Cinquanta con il suo contributo alla nascita della rivista L’Espresso, a conferma di una visione molto ampia e innovativa della cultura, non limitata all’ambito strettamente industriale.

La più importante affermazione di Olivetti nell’ambito della sociologia d’impresa, anticipando il marketing “interno”, riguardava la dinamica dei salari e degli stipendi, affermando e applicando limiti, che oggi appaiono risibili. Olivetti voleva che il massimo degli stipendi non fosse superiore a 10 volte al salario minimo degli operai. A dirlo adesso si concretizza l’assurdo nel quale il liberismo, prima craxiano e poi violentemente berlusconiano, ha fatto precipitare l’Italia, generando una disparità di trattamento che sta alla base di una doppia lotta di classe: da una parte i pluristipendiati contro le masse lavoratrici, gestita dalla Confindustria; dall’altra l’inverso di una classe lavoratrice in lotta contro la classe dominante dei proprietari dei mezzi di produzione per ottenere più adeguate condizioni di vita, lotta gestita dai sindacati dell’estrema sinistra che hanno fomentato richieste del “tutto e subito” inasprendo la lotta padronale contro tali richieste; la logica dei piccoli passi non è stata mai compresa dai sindacati in questi ultimi sessant’anni di democrazia, anche perché i dirigenti sindacali, dotati di ottime retribuzioni, hanno trovato nell’inasprimento della lotta di classe, la loro ragion d’essere.

Evidentemente nessuno ha mai riflettuto sulla ipotesi di ridimensionare la classe opulenta e migliorare quella lavoratrice, in una sintesi operativa di reciproca collaborazione, perché una tale collaborazione metterebbe fine alle due “lotte di classe” imponendo a Confindustria e sindacati un nuovo ruolo di mediazione produttiva tra le parti. A conforto delle mie affermazioni circa l’enorme differenze di proventi tra classe opulenta e classe operaia, di seguito un elenco minimo di pluristipendiati.

Il record è toccato a Giovanni Perissinotto che, grazie a una sostanziosa buonuscita, ha incassato da Generali quasi 11,6 milioni, 458 volte lo stipendio annuo di un impiegato nel settore assicurativo (circa 25.300 euro). Al secondo posto c’è Sergio Marchionne: il ceo di Fiat Chrysler ha incassato 7,38 milioni, esclusi i bonus e le azioni. Un metalmeccanico (anche se Fiat non riconosce il contratto collettivo) guadagna circa 15.600 euro l’anno, 473 volte meno del manager italocanadese. Sul terzo gradino del podio Luca Cordero di Montezemolo, con 5,5 milioni (354 volte un operaio Ferrari). Nel 2012 Sergio Balbinotha guadagnato 4,26 milioni (168 volte la paga di un dipendente). Enrico Cucchiani, ad di Intesa, 3milioni (75 volte i 40 mila euro lordi portati a casa da uno sportellista).

Rosario Amico Roxas

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