Giovedì, 02 maggio 2024 - ore 22.20

Il punto di Rosario Amico Roxas. Una vittoria che allontana la pace

Trasmettiamo l’analisi di Rosario Amico Roxas sulla vittoria elettorale di Netanyahu in Israele

| Scritto da Redazione
Il punto di Rosario Amico Roxas. Una vittoria che allontana la pace

La vittoria elettorale di Netanyahu acuirà lo scontro animato dalla reazione del mondo arabo-islamico. Non basta accusare di terrorismo per chiedere e ottenere una condanna da parte del mondo occidentale, bisogna analizzare le cause che hanno prodotto, producono e, malauguratamente, produrranno nell’area più “bollente” del pianeta.

Il programma delneo vincitore delle elezioni in Israele subirà un’accelerazione, che causerà ulteriori attentati, in uno scontro che non trova soluzione di continuità. Il programma di Netanyahu è riassunto in un titolo di giornale: «Se vinco io le elezioni, uno Stato palestinese non vedrà la luce» (La Repubblica, 16 marzo 2015). Perché meravigliarsi delle affermazioni di Netanyahu? Si tratta di un progetto sionista antico, che trova ogni occasione per aggiungere una tessera all’intero progetto. Un progetto dichiarato di cui esistono le prove, solo che nessuno osa ricordare e, se qualcuno lo fa, ecco che scatta l’accusa di antisemitismo, perché fa comodo ai sionisti di Israele assimilarsi al semitismo per assimilarsi al vittimismo per le persecuzioni naziste; ma quelle persecuzioni le subirono gli ebrei semiti, mentre i sionisti se ne stavano negli Stati Uniti a preparare la grande invasione della Palestina. Anche i palestinesi sono semiti, per cui se di antisemitismo si vuole parlare, allora si tratta di un’accusa da rivolgere agli estremisti sionisti che pensano solo alla eliminazione fisica dei palestinesi.

Il progetto di spartizione fu considerato come un compromesso provvisorio, utile fintantoché le condizioni non fossero mature per la realizzazione dell’obiettivo finale. Ben-Gurion, allora alla testa del movimento sionista, presentò ai suoi il progetto britannico di spartizione in questi termini: «Lo stato ebraico che oggi ci si offre non è l’obiettivo sionista. In questa ristretta regione non è possibile risolvere la questione ebraica. Ma può servire come fase decisiva sulla strada di una più sostanziale realizzazione sionista. Esso permetterà di consolidare in Palestina, nel più breve tempo possibile, quella reale forza ebraica che ci porterà al nostro obiettivo storico». (D. Ben-Gurion, cit. in Norman G. Finkelstein, Image and Reality of the Israel-Palestine Conflict, Londra-New York, Verso, 2003, 2ª ed., p. 15).

In una lettera al figlio, lo stesso Ben-Gurion chiariva meglio il suo pensiero: «Lo stato ebraico avrà un potente esercito – non dubito che il nostro esercito sarà uno dei più potenti del mondo – e così non ci si potrà impedire di stabilirci nel resto del Paese, cosa che noi faremo o con accordo e mutua comprensione con i vicini arabi o altrimenti… lo faremo lo stesso» (ivi, p. 18). La posizione di Ben-Gurion divenne subito la posizione di tutto il movimento sionista e il 10 ottobre 1937, il rappresentante sionista in Egitto, Feivel Polkes, ribadiva perentoriamente a due inviati del III Reich, uno dei quali era… Adolf Eichmann, che: «Lo stato sionista deve essere fondato con ogni mezzo e appena possibile […]. Quando lo stato ebraico sarà stato fondato secondo le attuali proposte contenute nel documento della Commissione Peel, e in linea con le promesse parziali dell’Inghilterra, allora i confini potranno essere spostati ulteriormente in avanti secondo i nostri desideri» (cit. in L. Brenner, Zionism in the Age of the Dictators, cap. 8).

Rosario Amico Roxas

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