Italia Le leggi razziali fasciste del 1938
Sono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi (leggi, ordinanze, circolari, ecc.) applicati in Italia fra il 1938 e il primo quinquennio degli anni quaranta, inizialmente dal regime fascista e poi dalla Repubblica Sociale Italiana.
Esse furono rivolte prevalentemente – ma non solo – contro le persone di religione ebraica. Il loro contenuto fu annunciato per la prima volta il 18 settembre 1938 a Trieste da Benito Mussolini, da un palco posto davanti al Municipio in Piazza Unità d'Italia, in occasione di una sua visita alla città. Furono abrogate con i regi decreti-legge nn. 25 e 26 del 20 gennaio 1944 , emanati durante il Regno del Sud.
Per la legislazione fascista era ebreo chi era nato da: genitori entrambi ebrei, da un ebreo e da una straniera, da una madre ebrea in condizioni di paternità ignota oppure chi, pur avendo un genitore ariano, professasse la religione ebraica. Sugli ebrei venne emanata una serie di leggi discriminatorie.
Il fascismo – attraverso l'emanazione della Legge nº 1024 del 13 luglio 1939-XVII (Gazzetta uffciale del 27 luglio 1939), Norme integrative del Regio decreto–legge 17 novembre 1938-XVI, n.1728, sulla difesa della razza italiana – ammise tuttavia la figura del cosiddetto ebreo arianizzato. Con la L. 1024/1939-XVII regolò infatti la «facoltà del Ministro per l'interno di dichiarare, su conforme parere della Commissione, la non appartenenza alla razza ebraica anche in difformità delle risultanze degli atti dello stato civile».
Si trattò in sostanza del conferimento di un potere molto vasto alla Commissione per le discriminazioni: questa infatti poteva formulare un parere motivato, senza poterne rilasciare «copia a chicchessia e per nessuna ragione», sulla base del quale il Ministero dell'interno avrebbe a sua volta emanato un Decreto di dichiarazione della razza. Nell'autunno 1938, nel quadro di una grande azione razzista già tempo prima, il governo Mussolini varò la "normativa antiebraica sui beni e sul lavoro", ovvero la spoliazione dei beni mobili e immobili degli ebrei residenti in Italia.
Agli ebrei arianizzati – cioè a quegli ebrei che in virtù della Legge nº 1024 del 13 luglio 1939-XVII ricevettero per Decreto la dichiarazione di appartenenza alla razza ariana – le leggi razziali furono applicate con alcune deroghe e limitazioni.
La legislazione antisemita comprendeva: il divieto di matrimonio tra italiani ed ebrei, il divieto per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana, il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e per le società private di carattere pubblicistico – come banche e assicurazioni – di avere alle proprie dipendenze ebrei, il divieto di trasferirsi in Italia a ebrei stranieri, la revoca della cittadinanza italiana concessa a ebrei stranieri in data posteriore al 1919, il divieto di svolgere la professione di notaio e di giornalista e forti limitazioni per tutte le cosiddette professioni intellettuali, il divieto di iscrizione dei ragazzi ebrei – che non fossero convertiti al cattolicesimo e che non vivessero in zone in cui i ragazzi ebrei erano troppo pochi per istituire scuole ebraiche – nelle scuole pubbliche, il divieto per le scuole medie di assumere come libri di testo opere alla cui redazione avesse partecipato in qualche modo un ebreo. Fu inoltre disposta la creazione di scuole – a cura delle comunità ebraiche – specifiche per ragazzi ebrei. Gli insegnanti ebrei avrebbero potuto lavorare solo in quelle scuole.
Infine vi fu una serie di limitazioni da cui erano esclusi i cosiddetti arianizzati: il divieto di svolgere il servizio militare, esercitare il ruolo di tutore di minori, essere titolari di aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale, essere proprietari di terreni o di fabbricati urbani al di sopra di un certo valore. Per tutti fu disposta l'annotazione dello stato di razza ebraica nei registri dello stato civile.
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